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A marzo le nuove partite Iva sono calate del 50%

mef coronavirus partite iva

Fare impresa durante una pandemia globale non è facile, e i numeri sembrano testimoniarlo. A marzo 2020 sono state aperte la metà delle partite iva rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In tutto, nei primi tre mesi del 2020, sono state aperte 158.740 nuove partite Iva; in confronto al corrispondente periodo dello scorso anno la flessione è del 19,7%. E la colpa, ovviamente, è dell’impatto dell’emergenza sanitaria del coronavirus, come conferma lo stesso Ministero delle finanze, che ha diffuso i dati del suo osservatorio sulle partite Iva.

 

Già nei primi due mesi dell’anno risultava una contrazione dell’8% delle aperture di partita Iva, dovuta principalmente alla diminuzione di avviamenti in regime forfetario rispetto al notevole aumento riscontrato nei primi mesi del 2019 grazie all’innalzamento del limite di ricavi a 65.000 euro. Gli effetti dell’emergenza sanitaria sono rilevabili, invece, nel mese di marzo con un calo di aperture pari al 50% rispetto a marzo 2019. Riguardo alla ripartizione territoriale, nel primo trimestre dell’anno il 45,2% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,5% al Centro e quasi il 33% al Sud e nelle Isole. Il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente mostra una generalizzata diminuzione di avviamenti: la più contenuta in Valle d’Aosta (-8%), la più marcata nel Lazio (-23%). Nei primi due mesi il calo maggiore si è avvertito in Calabria (-11,3%), mentre l’Abruzzo ha segnato un incremento dell’1,5%; in marzo la Lombardia ha accusato una flessione del 55,2%.

 

In base alla classificazione per settore produttivo, le attività professionali risultano il settore con il maggior numero di aperture di partite Iva (19,7% del totale), seguito dal commercio con il 17,1% e dalle costruzioni (9,7%). Rispetto al primo trimestre del 2019, tra i settori principali la maggiore flessione di aperture si è avuta nelle attività di intrattenimento (-24,9%, in marzo -63,9%), la meno sensibile nella sanità (-10,5%). Nei primi due mesi i servizi alle imprese registrano una diminuzione di avviamenti del 14,1%, mentre l’istruzione è in attivo del 2,2%. La distribuzione per natura giuridica mostra che il 76,1% delle nuove aperture di partita Iva è dovuto alle persone fisiche, il 18,6% alle società di capitali, il 3,6% alle società di persone; la quota dei ‘non residenti’ e ‘altre forme giuridiche’ rappresenta complessivamente l’1,6% del totale delle nuove aperture. Rispetto al primo trimestre del 2019, tutte le forme giuridiche accusano consistenti cali di aperture: dal -17,1% delle società di persone al -20,7% delle persone fisiche; in questo caso, nel primo bimestre la flessione maggiore riguarda le persone fisiche (-9,7%), che l’anno scorso hanno subito un forte aumento a causa delle massicce adesioni al regime forfetario, mentre è più contenuta per le società di capitali (-2,9%). Nel mese di marzo le diminuzioni si attestano tra il 50 ed il 57% per tutte le forme giuridiche.

 

 

Da segnalare in controtendenza i soggetti non residenti, che continuano a registrare un forte aumento (+56,7%) e si concentrano in particolare nel commercio elettronico. Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione di genere mostra una sostanziale stabilità (maschi al 61,1%). Il 47,6% delle nuove aperture è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 31,7% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni. Rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, tutte le classi di età registrano decrementi di aperture: la più consistente è il -31,9% della classe più anziana. Analizzando il Paese di nascita degli avvianti, si evidenzia che il 14,5% delle aperture è operato da un soggetto nato all’estero. Nel periodo considerato 81.779 soggetti hanno aderito al regime forfetario, pari al 51,5% del totale delle nuove aperture, con una diminuzione del 21,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Al riguardo, in gennaio la flessione è stata pari al 10,9%, in marzo al 50,6%.

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