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Autostrade, il costo delle mancate decisioni

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Sono passati quasi due anni dal crollo del Ponte Morandi. Un tempo lungo, riempito di minacce e accuse, ritorsioni pianificate, polemiche strumentali sul tema delle concessioni per le autostrade e sul ruolo di Aspi, la controllata di Atlantia, e della famiglia Benetton. Si è scelto di non decidere. Di rimandare il problema per non far esplodere definitivamente il conflitto fra le posizioni diametralmente opposte all’interno della maggioranza. L’intransigenza dei Cinquestelle, convinti che revocare la concessione sia l’unica strada possibile, da una parte. La netta opposizione di Italia Viva, dall’altra. In mezzo la mediazione del Pd, determinato a trattare con il Gruppo per arrivare a un compromesso corretto fra investimenti e tutela delle società della galassia Benetton. Il precario equilibrio di queste posizioni ha determinato una sostanziale impasse, su cui ora è piombata la crisi innescata dal Coronavirus.

 

Se la politica, e il governo, hanno sostanzialmente perso, o comprato tempo, Atlantia ha continuato, nel bene e nel male, a fare l’impresa e a difendere i propri interessi. Un obbligo, questo, che per una società quotata non può essere mai perso di vista. Ha prima sostituito il suo storico amministratore delegato, Giovanni Castellucci, e ne ha poi congelato la sostanziosa buonuscita. Carlo Bertazzo, consigliere di Atlantia nonché direttore generale di Edizione, la holding dei Benetton, ha preso il timone, ereditando un dossier difficilissimo da affrontare. E lo ha fatto cercando di minimizzare le perdite. Proponendo a fine aprile un ‘patto’ al governo, messo nero su bianco anche nella presentazione al mercato sui risultati 2019: un’offerta complessiva da 2,9 mld, con un nuovo piano economico finanziario che per il 2020 può valere fino a 1,6 mld.

 

Ora, il nuovo passo. La società congela il piano di investimenti sulle autostrade per oltre 14 miliardi, limitandosi solo alla manutenzione ordinaria e alle opere per la messa in sicurezza della rete. E dà mandato ai propri legali di “valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società”. Sicuramente un atto ostile al governo. Con una richiesta di sostegno che pensa di sfruttare la scia di quanto concesso a Fca, con la garanzia statale sul prestito da 6,3 mld. Anche qui, giusto discutere se sia fair o meno, ma è di nuovo bene ricordare che l’obiettivo del management di Atlantia è quello di tutelare il futuro di Aspi.

 

Alla maggioranza e al governo spetta invece il compito di prendere una decisione. Non si può congelare all’infinito un dossier strategico come quello delle autostrade. E la soluzione più corretta va trovata cercando di tenere insieme il rispetto delle responsabilità per il crollo del Ponte Morandi, su cui lavora la Magistratura, le esigenze del sistema infrastrutturale del Paese e anche la tutela del patrimonio imprenditoriale, a partire dai lavoratori, di Aspi e Atlantia. Non dovrebbe esserci più spazio, invece, per le beghe politiche e le lotte di quartiere fra partiti, movimenti e correnti.

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