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Sognando Italexit, pdl popolare per uscita da Ue

Apolitici, apartitici, ma non afasici. Tredici cittadini italiani hanno avanzato una proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre nella nostra costituzione la possibilità di indire un referendum consultivo sulla permanenza all’interno dell’Unione europea, un grimaldello come quello che nel Regno Unito ha portato alla Brexit per l’isola d’oltremanica e alle dimissioni il suo ideatore il leader conservatore David Cameron, che lo aveva indetto solo per motivi di lotta politica interna al partito.

 

I promotori

 

La proposta di legge costituzionale per l’indizione di un referendum consultivo è stata presentata alla Corte di Cassazione e pubblicata il 13 giugno sulla Gazzetta Ufficiale. Ora il team dei promotori dell’Italexit potrà avviare la raccolta delle 50.000 firme necessarie per depositare in Parlamento il testo sottoscritto da Bruno Aprile, Aphler Sasso, Mario Perino, Giuseppe Strano, Fabio Giacomin, Marco Simonini, Maura Secchi, Raffaela Cupelli, Aldo Saudelli, Paola Macioce, Davide Rapanà, Catia Chiesa e Federica De Paolis.

 

La motivazione

 

A mettere in moto il gruppo è stata la mancata solidarietà dimostrati dagli altri paesi Europei di fronte alla emergenza per il Coronavirus: “ci hanno offerto soldi ma con la richiesta di garanzie non è questa la solidarietà che ci si aspetta da un’unione politica”, dice al telefono Saudelli. Ma per il leader, un piacentino di 64 anni, di fede federalista, autonomista e sostenitore della democrazia diretta, “quella è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il nostro obiettivo politico sono i trattati che ci hanno privato della sovranità e della libertà di gestire la nostra moneta” risponde.

 

La legge

 

La proposta di legge, intitolata ‘Indizione di referendum di indirizzo sul recesso dall’Unione europea a norma dell’art. 50 del TUE’, va anche più in là. Il gruppo di cittadini ha infatti utilizzato le stesse procedure con le quali in Italia si è dato il via libera alla trasformazione della Ue in unione politica, ma con il segno meno davanti. Come è noto, in Italia i referendum possono essere solo abrogativi e non sui trattati internazionali. Cosi Aprile e il suo gruppo ha deciso di ricorrere allo stesso strumento che fu utilizzato nel 1989, una legge costituzionale, che lanciava un referendum d’indirizzo per dare il mandato politico al Parlamento europeo alla trasformazione in unione politica delle istituzioni europee. Il comitatouscitaUe propone quindi di chiedere agli italiani “Volete voi che il governo italiano si faccia portavoce ed interprete della volontà democratica popolare ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione italiana ed avvii la procedura di uscita dalla Unione Europea ai sensi dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea?”. Trattandosi di un referendum consultivo il governo potrebbe anche ignorare il risultato come ha tentato di fare Camerun nel Regno Unito, ma sicuramente vista le simpatie che questa Europa è riuscita ad accendere anche in Italia, un qualsiasi governo si troverebbe in serie difficoltà.

 

Le firme

 

Ora i promotori, che hanno sei mesi di tempo per raccogliere le firme, devono fare anche i conti con l’effetto del Coronavirus sugli uffici comunali. I comuni davanti ad un comitato promotore che si presenta, anche solo con un delegato, sono obbligati a vidimare e dare così ufficialità ai fogli per la raccolta delle firme. Ma non sono obbligati se la richiesta viene effettuata per via digitale, perché, lamenta Aprile, “non vogliono accollarsi i costi di stampa dei moduli”. Ma per andare di persona bisogna prendere appuntamento e perdere tempo.

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