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Tasse in Ue, la vittoria di Apple e il contrattacco della Commissione

paolo gentiloni ue

In Europa Apple ha due filiali, con sede legale in Irlanda, ma non fiscale: Apple Sales International e Apple Operations Europe. I profitti nel continente, dice la società californiana, devono essere tassati in America, dove si trova la progettazione di dispositivi e software Apple, e comunque una soluzione al problema si può raggiungere solo a livello globale, non regionale. Secondo la Commissione europea invece, la multinazionale dovrebbe pagare le tasse sui profitti in Europa. Tanto che l’Antitrust europea (unendo il discorso fiscale a quello concorrenziale) ha giudicato il tax ruling irlandese alla stregua di un ‘vantaggio anticoncorrenziale’, e ha deciso, nel 2016, che Apple avrebbe dovuto restituire all’Irlanda 13 mld di euro di ‘benefici’. Ora, il Tribunale Ue ha deciso che la Commissione non ha dimostrato in modo “giuridicamente adeguato” l’esistenza di un vantaggio anticoncorrenziale, ha annullato la ‘multa’, e ha, di fatto, segnato un punto a favore sia di Apple, sia dell’Irlanda (che trae grandi vantaggi dalla presenza delle multinazionali).

 

Il che non vuol dire che Dublino e il gigante tecnologico americano abbiano ragione, secondo i vertici europei: “Il problema che le grandi multinazionali devono pagare la loro giusta quota di tasse è reso ancora più chiaro dalla sentenza di oggi” del Tribunale Ue, dice il vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis, in videoconferenza stampa a Bruxelles. “Studieremo attentamente la sentenza e rifletteremo sui possibili prossimi passi. C’è una questione fondamentale di equità fiscale. Come può essere considerata equo, se una grande compagnia pagava meno dell’1% di tasse in Europa?”. Secondo Fortune.com, nel 2014 in effetti Apple ha pagato tasse solo sullo 0,005% dei suoi profitti europei.

 

La Commissione Europea “sostiene pienamente l’obiettivo che tutte le imprese devono pagare la loro giusta quota di tasse”, ha ribadito la vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager, dopo la sentenza del Tribunale Ue. La sentenza ora verrà “analizzata” e verranno valutati con i servizi giuridici eventuali “passi ulteriori” – il che potrebbe voler dire un ricorso alla Corte di Giustizia europea. Per Vestager “se gli Stati membri danno ad alcune multinazionali vantaggi fiscali che non sono disponibili per i loro concorrenti, questo danneggia la concorrenza leale nell’Ue. E priva anche le casse pubbliche e i cittadini di fondi per investimenti dei quali c’è un grande bisogno, un bisogno che è ancora più acuto in tempi di crisi”.

 

“Ringraziamo il Tribunale per il tempo concesso all’esame dei fatti. Siamo lieti che abbiano annullato l’accusa della Commissione”, ha intanto affermato Apple in una nota. “Questo caso non riguardava la quantità di tasse che paghiamo, ma dove siamo tenuti a pagarle … I cambiamenti nel modo in cui i pagamenti delle imposte sul reddito di una multinazionale sono suddivisi tra diversi paesi richiedono una soluzione globale e Apple incoraggia questo lavoro a continuare”.

 

L’offensiva di Gentiloni sulle tasse

 

“State sicuri che una singola sentenza non scoraggerà il nostro impegno sulla questione” della giusta tassazione dei profitti realizzati nell’Ue, “al contrario”, ha commentato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, anche lui in videoconferenza stampa a Bruxelles, tra l’altro proprio dopo il collegio dei commissari, che ha approvato un pacchetto legislativo in materia fiscale. Nell’Unione Europea ogni anno vanno persi circa 130 mld di euro di gettito a causa di evasione, elusione e frode fiscale. “E’ uno scandalo che non può continuare. Specialmente in tempi di crisi e per costruire una ripresa duratura, tutti devono giocare in modo leale e pagare la loro giusta quota”, dice Gentiloni. Nell’Ue “si perde ogni anno gettito a causa di evasione fiscale internazionale da parte di individui per 46 mld di euro stimati, elusione fiscale da parte delle imprese per 35 mld e frodi fiscali transfrontaliere sull’Iva per 50 mld”. I giudizi della Commissione Europea “non solo sull’Olanda, ma su cinque o sei Paesi membri, sono quelli contenuti nelle raccomandazioni specifiche per Paese”, nelle quali “si mette l’accento sui rischi di una politica di tassazione aggressiva da parte degli Stati membri. Non parliamo di paradisi fiscali, ma dei rischi di una tassazione aggressiva che, per attrarre le imprese, rischia di danneggiare la parità di condizioni nel mercato unico. Da sempre la Commissione incoraggia a correggere queste distorsioni”.

 

La Commissione Europea sta “lavorando per la possibile applicazione di un articolo del trattato, l’articolo 116 del Tfue” nel campo delle politiche fiscali. “Del resto la presidente Ursula von der Leyen ha fatto riferimento, nel suo discorso programmatico, agli articoli dei trattati che consentono di votare a maggioranza qualificata, includendo le clausole passerella e l’articolo 116”, ha spiegato Gentiloni. “Quello che è certo è che il lavoro da parte delle Dg Tax e Comp è in corso per individuare delle situazioni che meritino l’utilizzo di questo articolo. L’articolo parla della possibilità di decidere in casi di serie distorsioni nel mercato unico. Chiunque guardi obiettivamente alla situazione del mercato unico sa che questi pericoli esistono. E quindi è giusto utilizzarli”. L’articolo 116 del Tfue prevede che “qualora la Commissione constati che una disparità esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato interno e provoca, per tale motivo, una distorsione che deve essere eliminata, essa provvede a consultarsi con gli Stati membri interessati”. Se attraverso tale consultazione “non si raggiunge un accordo che elimini la distorsione in questione, il Parlamento Europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le direttive all’uopo necessarie. Può essere adottata ogni altra opportuna misura prevista dai trattati”.

 

 

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