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La sconfitta di A2A sulla raccolta rifiuti di Varese

varese a2a

Alla fine, A2A, ha perso il contratto per la raccolta dei rifiuti con il comune di Varese, uno dei centri più significativi del suo bacino di riferimento politico e commerciale. Acquisito nel 2008 al momento di inglobare la municipalizzata varesina Aspem, i vertici della multiutility milanese bresciana hanno tentato il ricorso ai magistrati amministrativi per mantenerlo in vita fino al 2030. Ma il colpo non è riuscito.

 

Agli inizi di luglio, il Consiglio di Stato ha bocciato l’appello avanzato da Acsm-Agam Ambiente, società dove sono confluite le attività della municipalizzata di Varese e che fa parte del gruppo della quotata A2A, e confermato l’affidamento fatto nel 2018 dal nuovo sindaco del Partito democratico Davide Galimberti alla I.G.M. Rifiuti industriali. Nel 2018, infatti, la nuova giunta, insediata da poco più di un anno ha deciso di indire una gara per affidare il servizio di raccolta dei rifiuti dopo che aveva ritenuto esaurito il rapporto cinquantennale con la propria municipalizzata, Aspem, oramai uscita dal controllo diretto dell’amministrazione ma così provocando la reazione della capogruppo nata dall’unione delle municipalizzate di Milano e Brescia.

 

Per A2A, probabilmente, il contraccolpo della sentenza sarà soprattutto di immagine, visto la rilevanza del comune varesino riveste per l’area politica della Lega e del presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana. Il passaggio della municipalizzata varesina ad A2A avvenne proprio durante i due mandati da primo cittadino svolti da Fontana. Nel bilancio del 2019 di A2A, fra i possibili rischi legali è segnalato il contenzioso amministrativo risolto nei giorni scorsi dal consiglio di Stato, ma l’insieme di tutti i rischi che la società ha dichiarato di avere anche con i dipendenti e altri soggetti non arriva a 50 milioni. Che non sono briciole, ma neanche possono mettere in difficoltà un’azienda con un fatturato superiore ai 7 miliardi.

 

La società aveva chiesto il mantenimento degli accordi sanciti al momento della vendita da parte del comune di Varese della propria azienda che prevedevano “la vigenza del contratto sino alla scadenza pattuita del 31 dicembre 2030”. Una delle clausole che, insieme alle modalità della cessione, aveva urtato la Ue come ricordano i magistrati nella sentenza pubblicata qualche giorno orsono. La vendita di società che gestiscono servizi in house viene equiparata dall’Europa ad un contratto di appalto e quindi deve essere soggetta alle regole di pubblicità ed effettuata mediante gara. Tutte previsioni che, invece, sono state ignorante nel caso del passaggio di Aspem sotto il controllo di A2A: “La scelta del contraente privato era stata effettuata attraverso una procedura comparativa ristretta a tre soli operatori nazionali A2A, Linea Group Holding e Ascopiave, individuati da una ricerca di mercato non pubblicizzata, le cui offerte erano state fra loro comparate sulla base di criteri non preventivamente cristallizzati all’interno di un bando di gara pubblico; il tutto senza garantire l’accesso a informazioni adeguate a tutti i potenziali acquirenti”, ricordano oggi i magistrati nella sentenza. Una procedura di vendita talmente privata da aver attirato l’attenzione della Commissione europea e provocato l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia.

 

Per chiudere la vicenda il Parlamento era intervenuto con una apposita legge che metteva la parola fine alle proroghe e alle scadenze ultradecennali dei contratti in essere e che richiamata dai magistrati amministrativi ha comportato la sconfitta legale di A2A.

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