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Coronavirus, la notte di Napoli e il brodo culturale

Prendere decisioni diventa di ora in ora più difficile. Perché se la situazione sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus è complicata, quella sociale rischia di degenerare. La notte di Napoli è un segnale chiaro. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese lo dice senza troppi giri di parole: i fatti “nulla hanno a che fare con le forme di dissenso civile e con le legittime preoccupazioni degli imprenditori e dei lavoratori legate alla difficile situazione economica”.

 

È vero da un punto di vista tecnico. Le persone che hanno messo in piedi la guerriglia urbana non sono l’espressione di una contestazione spontanea. I legami con la criminalità organizzata e le infiltrazioni politiche saranno verificati con cura. Ma c’è un dato che non va sottovalutato. La connessione tra le condizioni economiche personali, e di fasce sempre più larghe della popolazione, e la disponibilità ad accodarsi, a simpatizzare o anche solo a giustificare la violenza di strada è inevitabilmente destinato stringersi con il passare delle settimane.

 

Quando non c’è lavoro, quando le attività soffrono o falliscono, come sta avvenendo da mesi a causa del Coronavirus, si allarga il perimetro in cui la malavita riesce a reclutare manovalanza. Diretta o indiretta. L’interesse a provocare disordini può essere condiviso da soggetti diversi. La regia può essere più meno griffata dalla mafie o da forze eversive ma il brodo culturale si allarga velocemente, trovando complicità più o meno consapevoli. È in questa zona grigia che si annida il rischio, concreto, di passare da un problema di ordine pubblico circoscritto a un fenomeno di massa. Succede, storicamente, quando le crisi economiche diventano ingovernabili.

 

C’è un osservatorio privilegiato che consente di avere un termometro particolarmente sensibile rispetto al livello di rischio. I social network offrono uno spaccato interessante. E non sono i messaggi espliciti, pericolosi ma facilmente leggibili, a fare la differenza. C’è una diffusa tendenza a minimizzare, a giustificare, a contestualizzare secono la convenienza. Può essere altrettanto pericolosa.

 

Quando si prenderanno decisioni, già nelle prossime ore vista la crescita continua dei contagi, sarà importante tenere conto anche di quello che sta succedendo in una società che per buona parte vive un’emergenza prolungata, più acuta del solito almeno da nove mesi. La tregua dell’estate per tanti non c’è stata. E, per quei tanti, l’esasperazione è molto più vicina.

 

 

 

 

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