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L’onda lunga delle donne nella politica Usa

La leader democratica Nancy Pelosi, a un passo dall’essere riconfermata nel ruolo di speaker del Congresso Usa, rappresenta l’ultima vittoria della cosiddetta “ondata rosa” che le consultazioni del 3 novembre hanno ufficialmente consacrato. Un dato d’importanza “storica” che non sfugge a Nina Luzzatto Gardner, docente in diritti umani a Johns Hopkins University e nota attivista del partito democratico statunitense. “Le americane sono state politicamente determinanti in queste elezioni e lo saranno sempre di più in futuro”, afferma con convinzione da Washington, partecipando a un incontro sul futuro della politica americana dopo le ultime elezioni presidenziali.

 

Mentre in molti stati si stanno tuttora svolgendo le operazioni di “recount”dei voti, e in Georgia si inasprisce la battaglia politica in vista del ballottaggio del 5 gennaio, quando si saprà se il partito dell’Asinello avrà anche la maggioranza al Senato, Nina L. Gardner richiama l’attenzione sulle recenti novità politiche emerse: “questa tornata elettorale, infatti, passera’ alla storia non solo per la straordinaria affermazione di una new-comer come Kamala Harris, la prima vicepresidente americana eletta in Usa, ma anche per il numero record di donne che si sono candidate in entrambi i partiti, e per l’eccezionale partecipazione femminile alle consultazioni”.

 

Come ha certificato il Center for American Women and Politics (Cawp), la “quota rosa” a Capitol Hill non e’ mai stata tanto numerosa balzando, in soli 4 anni, dal 22,7% a un ragguardevole 25% e questo risultato, contrariamente alle aspettative, e’stato aiutato soprattutto dal partito repubblicano che tra le sue fila conta già 36 elette, contro le 22 che avevano conquistato il seggio nel 2018. Il prossimo 3 gennaio almeno 141 donne, 51 delle quali di colore (ed anche questo e’un numero record) presteranno giuramento per insediarsi ufficialmente nel 117mo Congresso. Altri otto ballottaggi ancora da disputare le vedono in lizza in tutta la nazione, e quindi i numeri potrebbero ulteriormente crescere. Nel 2018, ricorda il Cawp, quando si comincio’ a parlare di una “pink wave” nella politica americana, le rappresentanti in Congresso, tra Camera e Senato, erano in tutto “solo” 127, di queste la maggior parte e’ stata riconfermata nel 2020. “Segno che oggi siamo di fronte a un’onda lunga delle donne nella politica americana che non e’ certo destinata a spegnersi”, rimarca Nina L. Gardner.

 

Come donna, democratica doc (il nome Gardner e’ indissolubilmente legato a quello della grande tradizione diplomatica “blu”) ed attivista per i diritti delle donne, Nina L. Gardner parla soprattutto delle “nuove leve della politica democratica, donne che imprimeranno una svolta nel futuro degli Stati Uniti” , soprattutto se anche il Senato sarà a maggioranza democratica e quindi Biden avrà i numeri per varare provvedimenti legislativi “importanti e di grande impatto”. “In tutta onesta’- confessa – credo che saranno proprio le donne a farci uscire da questo periodo buio, portando nel nostro Paese un futuro più equo, più verde e più condiviso, dentro e fuori gli Stati Uniti”. “Del resto – prosegue ironica – da sempre le donne diventano una risorsa importante quando e’ ora di pulire i pastrocchi e riconciliare gli animi!”. Nelle fila democratiche, a suo avviso, si possono già intravedere le grandi promesse della politica statunitense: sono “new entries” ma anche “donne pazzesche, pronte a rimboccarsi le maniche per cambiare la situazione”. Tra queste, per esempio, c’e’ la stella “dem” di queste elezioni: l’afro-americana Stacy Abramas, la donna-chiave nello Stato della Georgia, dove i democratici si stanno giocando tutto in vista del ballottaggio che potrebbe regalar loro gli ultimi due senatori indispensabili per conquistare la maggioranza nella Camera alta. Da sola, in uno stato a trazione storicamente repubblicana e “bianca”, la Abrams con la Ong da lei fondata (Fair Fight Action) e’ riuscita a fare registrare per la prima volta oltre 900mila afroamericane che non avevano mai partecipato alle elezioni. “Ha dimostrato una forza eccezionale nel mobilitare la popolazione afro-americana e se la Georgia diventerà ‘blu’ Biden lo deve al coraggio di questa donna che si era già candidata come governatore della Georgia, portando a casa un ottimo risultato elettorale nonostante le ben note barriere di quello stato al voto non white“.

 

Il nome di Stacy Abramas allunga la lista delle “outsiders”che dopo l’elezione di Trump nel 2016, per disagio nei confronti del nuovo inquilino della Casa Bianca, lasciarono un lavoro sicuro e ben retribuito nella pubblica amministrazione per lanciarsi in politica, anche se non erano state formate per questo. “Donne come Abigail Spamberger, Elaine Luria, Elissa Slotkin e Mikie Sherrill sono tutte state riconfermate dopo essersi ripresentate in contee difficilissime, storicamente in mano al Gop (il Grand Old Party repubblicano). Di tutte queste donne – prevede Gardner – sentiremo senz’altro parlare a lungo “.

 

Continuano poi a fare notizia le democratiche Marylin Strickland, la prima coreana-americana nello stato di Washington ad entrare in Congresso e Cori Bush, la prima donna di colore a vincere nel Missouri. Un risultato incredibile e’ stato raggiunto anche in New Mexico, il primo stato americano a farsi rappresentare alla Camera solo da donne native indiane. “In generale – sottolinea Gardner – le donne di colore hanno ‘salvato’ i democratici in queste elezioni, sia perché sono state pronte a candidarsi, sia perché hanno partecipato massicciamente al voto”.

 

Per la cronaca, è donna anche l’unico “vero e serio”ostacolo alla ricandidatura di Trump nel 2024: Letizia James, la prima afro-americana ad esser diventata procuratore generale di New York. “Oggi e’ considerata il nemico numero uno di Trump contro cui ha avviato un numero imprecisato di cause per presunte violazioni delle leggi fiscali e amministrative nella gestione delle sue no-profit. Ma potrebbero piuttosto essere le accuse per comportamenti inappropriati a sfondo sessuale, specie se le denunce saranno ripresentate – ricorda ancora Gardner – a rischiare di farlo finire in galera”.

 

Tra i democratici circola il nome di Elizabeth Warren fra quelli candidati alla guida del Tesoro, un ministero che secondo Gardner, invece, Biden potrebbe affidare a Lael Brainard, economista e componente del Board della Federal Reserve. “Una centrista molto più vicina alle posizioni moderate di Biden e Harris”, dice, mentre il nome di Susan Rice a capo della Segreteria di Stato Usa sembra, a suo avviso, sempre meno probabile probabile. Per ora tuttavia queste sono solo illazioni diversamente dalla nomina della leader democratica Nancy Pelosi, il simbolo della “vecchia guardia”democratica, unica candidata alla terza carica dello Stato, ruolo che ha peraltro già ricoperto dal 2007 al 2011 e poi dal 2019. Oltreoceano si dice di lei che “era sempre la sola donna al tavolo”, ma il registro di comunicazione nei suoi confronti, soprattutto dopo le decise prese di posizione contro Trump, da qualche tempo e’ ben diverso: “la donna più potente d’America”, scrivono i grandi giornali americani. Una donna che ieri ha una volta di piu’ spalancato la strada a tutte le altre americane che stanno per arrivare nell’arena del potere.

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