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Il credito d’imposta e la ripartenza della ricerca

manager crisi covid imprese

Tecnologia e innovazione sono le parole d’ordine che risuonano più frequentemente nel dibattito sulla ripresa post-Covid. L’innovazione del settore industriale italiano, però, non ha attraversato indenne la pandemia, anzi ha subito una brusca frenata nel 2020. Se lo scorso anno la spesa complessiva in ricerca e sviluppo delle imprese, del settore pubblico e del non profit era cresciuta (+ 7,6% per il non profit, 4,3% per le istituzioni pubbliche e 1,9% per le imprese), le previsioni fornite da imprese e istituzioni per il 2020, riportate dall’Istat, indicano un brusco calo della spesa in R&S intra-muros. La diminuzione riguarda prevalentemente le imprese (-4,7% rispetto al 2019, – 2,9% rispetto al 2018), mentre cresce del 3% la spesa delle istituzioni pubbliche e rimane stabile quella delle private no profit. Cosa fare dunque per rilanciare il credito di imposta per ricerca, sviluppo e innovazione nella manovra 2021?

 

 

La legge di bilancio 2020 ha introdotto un “nuovo credito di imposta” per gli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e in altre attività innovative (nei settori design, ideazione estetica, tessile, moda, calzaturiero, orafo, occhialeria, mobile, arredo e ceramica), cui possono accedere tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, settore economico di appartenenza e dimensione. Il credito d’imposta è riconosciuto applicando alle spese agevolabili – con limiti massimi di spesa di 3 milioni e 1,5 milioni di euro – le aliquote del 12%, 10% e 6%, in ragione della connessione delle medesime spese, rispettivamente, alle tre attività agevolate di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, nonché di design e ideazione estetica. Il credito d’imposta è spendibile dall’impresa beneficiaria in compensazione dei propri debiti che transitano dal modello di pagamento F24, e non è soggetto ai limiti vigenti in tema di utilizzo dei crediti di imposta.

 

 

Questa agevolazione presenta indubbi pregi rispetto al passato (cioè il credito di imposta per R&S cessato il 31 dicembre 2019). Anzitutto risulta più semplice da calcolare, essendo stato abbandonato il criterio di calcolo con approccio incrementale (cioè avuto riguardo all’eccedenza rispetto alla media delle spese agevolabili sostenute nel triennio 2012-2014), sostituito da un criterio di computo più semplice, volumetrico. L’agevolazione può essere sfruttata dalla singola impresa anche cumulativamente ovvero per tutte e tre le categorie di attività finanziate con le relative spese ammissibili. Questo beneficio fiscale ha natura automatica, senza necessità di alcuna opzione, prenotazione o ruling con l’agenzia delle entrate, salvo il rispetto degli obblighi documentali delineati nel Decreto di attuazione del MISE del 26 maggio 2020.

 

 

A fronte di tali pregi però, la misura vigente presenta degli inconvenienti. Viene prevista per gli investimenti effettuati soltanto nell’anno di imposta 2020, con un orizzonte temporale quindi troppo limitato, che non si concilia con le esigenze di pianificazione e organizzazione degli investimenti aziendali, considerato anche che il decreto di attuazione del MISE è entrato in vigore soltanto il 21 luglio 2020. Inoltre, le percentuali (12%, 10% e 6%) e i limiti di spesa (3 milioni e 1,5 milioni di euro) risultano troppo bassi. L’incentivo risulta dunque poco appealing nel quantum, tant’è vero che con il “decreto rilancio” si è provveduto a incrementare queste percentuali, ma soltanto con riguardo agli investimenti effettuati nelle aree del Mezzogiorno e nelle regioni del Centro colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017. Infine, il credito di imposta è utilizzabile nel modello di pagamento F24 non già per l’intero importo spettante e immediatamente, ma obbligatoriamente soltanto in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di maturazione, con evidente effetto di diluizione nel tempo del beneficio.

 

 

Con la manovra di bilancio 2021, per rinvigorire investimenti che hanno subito una frenata nel 2020, il legislatore sta cercando di correre ai ripari: viene previsto, infatti, un innalzamento delle percentuali e dei tetti di spesa da applicare per il calcolo del credito di imposta, con evidenti effetti di potenziamento della misura agevolativa, che dunque diviene molto più attrattiva. Inoltre, viene esteso l’ambito temporale della fruibilità del beneficio agli investimenti effettuati nel triennio 2020-2022, con riflessi positivi quindi sulla pianificazione e organizzazione delle attività innovative e dei processi produttivi aziendali.

 

 

Non è ancora chiaro se si intende modificare anche le modalità di utilizzo in compensazione del credito ovvero la rateizzazione triennale del credito maturato anno per anno, con la facoltà quindi per l’impresa di compensare tutto e subito tale credito, senza dilazione temporale. Probabilmente il credito di imposta così potenziato, sulla falsariga di un trend legislativo ormai consolidato (si pensi da ultimo al cd. “superbonus 110%”), dovrebbe risultare cedibile a terzi o nell’ambito del gruppo cui appartiene l’impresa che investe, così da poter “monetizzare” più velocemente e in altro modo l’agevolazione concessa.

 

 

Verosimilmente, tenuto conto dei rilievi effettuati dagli uffici finanziari, con applicazione delle relative sanzioni (anche penali) nei confronti di talune imprese che non hanno abusato nell’applicare l’incentivo, ma che si sono trovate di fronte a un’interpretazione più rigida dell’amministrazione finanziaria sul perimetro di applicazione del credito di imposta dovrebbe essere inserito anche un sistema di “penalty protection”, ovvero di disapplicazione delle sanzioni nei casi di dubbi tecnici, sempre che l’impresa abbia predisposto e conservato la certificazione e la relazione tecnica di supporto prescritta dalla legge. Ferma restando la facoltà del contribuente di interpellare in via preventiva il MISE e/o l’Agenzia delle entrate in ordine alle ipotesi più problematiche sul piano tecnico. Una misura che potrebbe aiutare il sistema industriale, e in particolare le Pmi, a superare incognite e quesiti interpretativi e allargare la platea interessata ad accedere a una leva fondamentale per l’innovazione e gli investimenti in beni strumentali.

 

 

Edoardo Belli Contarini è tributarista e partner dello Studio Fantozzi.

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