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Recovery Fund, così non può funzionare

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Il Piano per la gestione delle risorse che arriveranno con il Recovery Fund è talmente complicato da rischiare di diventare un rebus impossibile da risolvere. Basta leggerlo un po’ più a fondo per rendersi conto che la governance che è stata costruita può incepparsi prima ancora di iniziare un percorso lungo cinque anni, con orizzonte 2026.

 

Nonostante le buone intenzioni e nonostante la consapevolezza che l’architettura della macchina decisionale sia decisiva. La premessa che si pone è che “l’efficace attuazione del Piano non può prescindere dall’esistenza di un meccanismo efficiente di organizzazione e gestione del piano”. Per questo, si mette nero su bianco, “la costruzione di una adeguata governance è un presupposto per la realizzazione dell’intero piano e anzi deve essere considerata parte integrante del piano stesso”. Si spiega anche perché non si può prescindere da questa pre-condizione: “Soltanto un uso razionale e tempestivo delle risorse può garantire che le riforme e gli investimenti procedano nel pieno rispetto delle regole europee e del cronoprogramma”.

 

I problemi arrivano quando si passa dalle dichiarazioni di intenti alla traduzione concreta di quello che si dice. La piramide di teste e responsabilità che è stata progettata per il Recovery Fund mette insieme una sequenza di livelli decisionali che si complica dall’alto verso il basso, con il rischio evidente di vanificare strada facendo la trasmissione delle decisioni, e anche dal basso verso l’alto, rendendo accidentato il percorso inverso, quello che devono compiere le esigenze reali per diventare scelte strategiche.

 

Non solo. L’intero sistema si fonda sulla scommessa di tenere insieme il piano politico e quello tecnico, con un intreccio di controlli e verifiche che sembra fatto a posta per innescare quei conflitti e quello scarico di responsabilità che abitualmente inceppano il motore della macchina burocratica.

 

Mai come in questa circostanza, è utile descrivere la piramide per comprendere i rischi e per segnalare, prima ancora che si muova la prima pratica legata al Recovery Fund, la complessità di un ingranaggio che difficilmente può funzionare senza intoppi di varia natura.

 

La regia politica

 

Il Comitato esecutivo, che sarà composto dal premier Giuseppe Conte, dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e da quello dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, ha compiti di indirizzo, coordinamento e controllo e vigila sull’intero piano. Il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, di intesa con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è il referente unico con la Commissione europea per tutte le attività legate all’attuazione del piano. Poi ci sono tutti gli altri ministri, che non vengono di certo esautorati: esercitano le proprie competenze e, si tiene a evidenziare, in ogni momento posso confrontarsi con il comitato esecutivo e con i responsabili di missione.

 

I responsabili delle missioni

 

È previsto un responsabile di missione per ogni settore interessato. Dovrà assicurare l’attuazione del piano in modo rapido, ma anche verificare che venga rispettato il cronoprogramma e, attraverso “l’attivazione di poteri sostitutivi” fare in modo che vengano superate situazioni di inerzia o che bloccano l’intervento programmato.

 

La struttura di missione

 

Sotto ogni responsabile di missione c’è una struttura di missione. Sarà composta da manager e dirigenti della Pubblica amministrazione e di società pubbliche o partecipate. Con loro, ci saranno collaboratori, consulenti, esperti.

 

La conferenza dei responsabili di missione

 

Deve definire e coordinare le attività e le azioni della struttura.

 

Il direttore amministrativo

 

La gestione amministrativa e operativa della struttura è affidata a un direttore amministrativo.

 

Il Comitato di responsabilità sociale

 

Composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca scientifica seguirà l’attuazione del Piano e fornirà pareri e suggerimenti.

 

L’unita di missione al ministero dell’Economia

 

Deve coordinare, raccordare e sostenere le strutture della Ragioneria generale dello Stato coinvolte nel processo di attuazione del piano.

 

Non è difficile immaginare la montagna di carta, la mole di riunioni, la quantità di tempo perso che può potenzialmente produrre una macchina del genere. Così come il rincorrersi di pressioni, politiche e tecniche, può facilmente degenerare in una rete aggrovigliata di veti incrociati e conflitti di poteri.

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