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Turismo, come uscire dall’anno nero del Coronavirus?

turismo turisti

Sono oltre 60 milioni in totale i turisti persi nell’ultimo anno sul territorio italiano, corrispondenti a circa il 13% del nostro PIL. Numeri impressionanti che fanno riflettere, ma che soprattutto vanno studiati attentamente per cercare di capire se e come poterli recuperare e quali saranno gli investimenti e le strategie nei prossimi anni per fare in modo di riconquistare la sostenibilità economica di tutto il settore turistico. Ad analizzare dati e nuovi scenari ci pensa da un po’ di tempo Parsifal, un’evoluzione di think tank nato nel 2014 dall’unione di un pool di professionisti con esperienza almeno ventennale operanti nei settori dell’ospitalità, multi-use real estate, education e sviluppo, per condividere il proprio expertise e dar vita ad una advisory boutique firm volta a sviluppare business nei mercati emergenti inEuropa, East Africa e Cina.

 

Costrizione all’isolamento, impossibilità di muoversi e viaggiare, smart working e paura per il futuro hanno paralizzato il turismo inbound e non è da meno il segmento del turismo di lusso – da sempre volàno per un settore che in Italia valeva oltre 232 miliardi di euro di PIL nel 2019 (fonte CST-ISTAT e UNWTO). Le gravose perdite del comparto nel 2020 in termini di flussi turistici, che raggiungono quote fino al 90% a causa di chiusure forzate e assenza di clientela, ci segnalano ancor più una differenza molto negativa rispetto al florido 2019, quando l’Italia si collocava al quarto posto per numero di presenze di clienti negli esercizi ricettivi – con circa 430 milioni di presenze (ISTAT) preceduta dai suoi storici competitors, Spagna, Francia e Germania e davanti al Regno Unito.

 

 

 

Ne abbiamo parlato con Arianna Savona e Roberto Simone, entrambi managing partner di Parsifal Adv: “L’impossibilità di viaggiare, sia per motivi corporate che leisure, ha portato ad unevidente contrazione del turismo che si è riverberato sulle strutture ricettive di tutto il mondo – afferma Arianna Savona, già Brand Development per Small LuxuryHotels of the World, compagnia che associa oltre 550 hotel indipendenti nel mondoIl turismo corporate si è ridotto drasticamente per il cosiddetto fenomeno “zooming” (dalla piattaforma Zoom che permette videoconference con più persone, ndr). Il turismo di piacere è quasi scomparso, visto il consumer sentiment così impattato dall’attuale pandemia, che ha istillato insicurezza e paura di ogni spostamento, seppur meno nel segmento di super lusso”. Per questo tipo di viaggi, continua Roberto Simone, già general manager delle compagnie MINOR Int.l Anantara e Lamborghini Hotels, gruppo per il quale ha curato la partnership per favorire l’espansione sul mercato cinese, “notiamo un rallentamento minore perché chi poteva permettersi un’esperienza molto esclusiva nella maggior parte dei casi può ancora farlo. Il turista benestante ora, ma già da qualche tempo, privilegia gli alberghi high end più piccoli, i famosi boutique hotel, piuttosto che quelli molto grandi, proprio per la poca densità di clientela e per la facilitata pratica del social distancing che ci obbliga a rimanere il più possibile lontano dalle altre persone. Completamente azzerato è il mass market (il mercato di massa, ndr), che consta generalmente di una clientela meno facoltosa che in questo momento ha subìto le difficoltà maggiori e che ha paura per il futuro”.

 

 

 

A mancare, soprattutto in Italia, è il flusso turistico americano, notoriamente amante della nostra cultura e acquirente del top di gamma, che conta per il 6,5% circa sul totale, secondo mercato straniero insieme ad altri dopo il primato detenuto dai tedeschi. Gli americani sono tra i nostri big spender – pensiamo che solo nel 2019 sono stati 4,4 milioni ed hanno speso, secondo Bankitalia, oltre 5,5 miliardi di euro registrando quasi 40 milioni di pernottamenti sul nostro territorio; averli persi in quest’anno così complesso ha fatto registrare dei duri colpi a tutto il comparto, in particolare agli hotel e resort di lusso.

 

A fare da contraltare a questi dati c’è stato però, soprattutto durante l’estate, il turismo di prossimità “aumentato fortemente – spiega Savona – in considerazione dell’impossibilità di viaggiare con facilità all’estero. Si tratta di turismo interno, poco promosso nel nostro Paese dove non è mai stato realizzato un battage basato su una strategia turistica di prossimità, per potenziare gli spostamenti degli italiani all’interno del territorio, catturando fette di mercato altrimenti destinate a Paesi stranieri. Una pratica su cui si è da sempre poco creduto e che solo ora ha trovato conferma di mercato. La scorsa estate, ad esempio, sono state fatte molte valutazioni di questo tipo che hanno privilegiato il nostro territorio, una scelta di tipo anche sociale volta a veicolare denaro alle imprese di casa nostra. A farla da padrone le secondary tourism destination: si privilegiano le destinazioni cosiddette minori e i borghi prima sconosciuti e poco visitati, posti con poca affluenza come hotel di charme, country house e country hotel dove c’è la garanzia di avere spazi anche all’aperto che assicurinole distanze e quindi la possibilità di convivere in maniera serena”.

 

Un altro tipo di turismo che non ha sofferto, ma anzi è cresciuto, è il “Glamping (da glamour e camping, ndr), un’esperienza nella quale le tradizionali attività di campeggio e contatto con la naturasono accompagnate da servizi di lusso da resort, che consentono di scoprire e valorizzare territori e agricoltura. In UK c’è stato un vero e proprio boom di questa tendenza: “Questo tipo di soluzione – afferma Savona – ha generato numeri considerevoli, insieme anche agli affitti delle ville di lusso, alternativa importante agli hotel luxury per le vacanze di piacere, per evitare la condivisione degli spazi con altre persone di cui non si conosce la provenienza”.

 

Se è vero che la situazione è simile in tutto il mondo, è anche vero che ci sono Paesi dove si sta tornando ad una semi normalità. È il caso, ad esempio, della Cina: “Qui il mercato domestico dei voli è tornato quasi ai livelli pre-Covid”, afferma Roberto Simone. Questo drastico ripristino dello stato quo anteporterà, nei prossimi mesi, ad avere Paesi di serie A, che avranno già ottenuto il vaccino, predisposto chiari protocolli di accoglienza per il turismo e che verranno ripopolati prima, e Paesi di serie B, più lenti nel percorso di rassicurazione della clientela, che perderanno quote significative di mercato”.

 

Per il manager di Parsifal Adv un’altra differenza nel comportamento dei consumer deriva dalla cultura dei posti di riferimento: “In Africa, ad esempio, il mercato del turismo corporate è molto più vivace perché i businessmen sono più legati di altri Paesi alla pratica del ‘face to face meeting’, ad un rapporto di business ‘umano’, anche per la frequente mancanza di connessione alla rete adeguata. Qui il fenomeno zooming è più complicato, differentemente dai Paesi occidentali in cui le global corporation non faranno viaggiare i manager almeno fino al prossimo anno e praticheranno lo smartworking confezionando deal tramite gli strumenti digitali”.

 

La domanda nasce spontanea: quando torneremo ai livelli pre-Covid? La risposta non è scontata: “Difficile prevederlo in questo momento – afferma Simone – si presume una ripresa dei viaggi per il 2023 e come onda lunga mi spingerei al 2025. Se pensiamo che in un solo anno siamo tornati ai livelli di movimento turisticodi fine decennio 902000 (664 milioni di arrivi nel mondo allora, quando nel solo 2019 la cifra era di 1.4 miliardi e attualmente siamo scesi nel baratro dei 600 milioni, sempre secondo UNWTO). Numeri in rosso anche per perdita di revenue stimata, nel mondo (da studi di UNWTO), in 935 miliardi di dollari a fine ottobre scorso, ovvero oltre dieci volte la perdita prodotta nel 2009 per l’impatto della crisi economica globale”. Anche per Arianna Savonaserviranno alcuni anni per re-instillare nuova fiducia nei viaggiatori ed ottenere ancora una continuità di presenze che garantiscano introiti come quelli ante 2020. Direi che ci sarà anche qui un ‘new normal: non credo che rivedremo ilturismo così come lo abbiamo conosciuto, inevitabilmente cambierà, anche le nostre esigenze di viaggio cambieranno. E penso che nuove prospettive potrebbero aggiungersi se veramente l’ospitalità ovunque inglobasse il concetto di sustainability nel lusso e nel mass market, qui ci sarebbe spazio per inventarsi nuove soluzioni nel rispetto della qualità attesa”.

 

Il tema più impegnativo è quello della sopravvivenza delle strutture ricettive. Quante riusciranno a resistere? “Quello della resilienza, soprattutto economica a questo punto, è un concetto molto delicato ed è presto per rispondere a questa domanda – afferma Arianna Savona – Esistono strumenti di welfare governativi che finora hanno assistito gli imprenditori nel mantenimento delle risorse umane e partecipato minimamente alla copertura dei costi fissi. Consideriamo che solo in Small Luxuryad oggi nel mondo poco meno del 35% degli alberghi è riuscito a rimanere aperto, ma non sappiamo cosa succederà allo scadere di queste misure, che coinvolgono tutto il mondo. Registriamo ancora molta fiducia nei confronti della destinazione italiana, però i grandi investitori, soprattutto i fondi, sono in attesa che qualche azienda cominci ad abbassare un po’ le richieste per poter entrare a gamba tesa e fare veri affari”. Una pratica che, secondo Roberto Simone, “varrà sia per il Real Estate Investments Trust che per il resto dei mercati: gli acquirenti cercano l’asset a buon prezzo, l’affare, oppure, in casi eccezionali, sono disponibili a cedere qualche posizione in caso di trophy asset. Chiaramente nei prossimi due trimestri ci saranno diversi default; i grossi squali attendono il momento giusto per fare investimenti di tipo speculativo-opportunistico”. Ed è probabile che ci riusciranno.

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