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Non solo Trump, la realtà via social

Le decisioni di Twitter e Facebook, che hanno scelto di chiudere i canali di comunicazione abituali di Donald Trump, hanno innescato un dibattito interessante intorno alla censura e al potere concentrato nelle mani dei privati, i grandi Fondi e Mark Zuckerberg.

 

Il Presidente degli Stati Uniti che usa i social network per istigare i propri sostenitori più estremisti ad assaltare il cuore della democrazia americana, Capitol Hill, è la fotografia di un problema ancora più ampio: la rappresentazione, e la mistificazione, della realtà via social network.

 

La reazione più immediata, e banale, è affidata alle invettive contro la comunicazione virale. Prende le forme, sempre attuali soprattutto presso le cosiddette élite intellettuali, delle più o meno articolate condanne del ruolo culturale dei social network. Un misto di nostalgia per il passato, di una difficile convivenza con il presente e di pochissima voglia di occuparsi del futuro. Non è un problema anagrafico, o non solo. È un approccio conservatore che rifiuta la sfida della complessità.

 

Dall’altra parte, c’è la riduzione della realtà alla piazza aperta e spesso banalizzante dei social network. Informazioni senza alcuna verifica, come quelle diffuse da Trump, violenza e sopraffazione tramite le immagini e le parole, propaganda e strumentalizzazioni che utilizzano le piattaforme come una gigantesca cassa di risonanza. Il terreno più fertile per i revisionismi, i negazionismi e anche per la politica estremista. C’è una larga quota di abituali frequentatori della Rete disposta, per carenza di strumenti culturali o per opportunità, a circoscrivere le proprie fonti di approvvigionamento di informazione al brodo che ribolle sugli smartphone e sui Pc.

 

La realtà via social network esiste, negarla o ignorarla vuol dire chiudersi in una nicchia fuori dal movimento, che sia evoluzione o involuzione, della società e della storia. I social network sono uno strumento di comunicazione capace di raggiungere milioni di persone e vanno utilizzati e gestiti, anche attraverso le regole. E, soprattutto, vanno riempiti di contenuti verificati, di notizie e analisi che restituiscano peso all’Informazione autorevole e attendibile. Alla disinformazione di Trump deve rispondere l’informazione su Trump.

 

La difficile battaglia per una corretta informazione merita di essere condotta soprattutto sui social network. A meno che non si voglia ridurla a una inutile operazione di retroguardia, arroccata in difesa di una esclusiva superiorità culturale che può accompagnarla verso l’estinzione.

 

 

 

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