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Arte, da bene rifugio a investimento alternativo

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Di Luxury&finance – Non più bene rifugio, ma vero e proprio investimento, alternativo o complementare a quelli canonici, utile a diversificare l’impegno dei propri beni. L’arte è un mercato che non ha patito più di tanto la crisi conseguente alla pandemia. Nonostante l’altalenante situazione economica e finanziaria, questo mercato si configura come un settore in grado di gestire le turbolenze.

 

Dal 2009 al 2019, in base a The Art Market 2020, il report realizzato da Art Basel e Ubs, le transazioni hanno avuto un incremento del 62%, passando da un volume globale di 39,5 a 64,1 miliardi di dollari. In particolare, nel 2019 le vendite globali di arte e oggetti d’antiquariato, comprendendo le aggiudicazioni all’incanto (insieme alle trattative private realizzate dalle case d’asta) e gli esiti realizzati dalle gallerie, hanno raggiunto una cifra complessiva di 64,1 miliardi di dollari, in calo del 5% rispetto al 2018.

 

A delineare complessivamente lo stato di salute del settore un volume promosso da Intesa Sanpaolo Private Banking e dalla direzione Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, editore Gallerie d’Italia – Skira. ‘Collezionisti e valore dell’arte in Italia’, il titolo del primo volume di questo nuovo progetto editoriale.

 

“Il mercato dell’arte e dei collezionisti è molto cambiato nel corso dell’ultimo decennio. Ha destato l’interesse di analisti, investitori istituzionali e di banche e questo ha fatto sì che non si tratti più di un bene rifugio, per proteggersi da crisi finanziarie o altro, ma di veri e propri investimenti che vanno ad affiancarsi, sono alternativi o addirittura complementari a quelli tradizionali in azioni e obbligazioni e così via. Questo crescente interesse ha creato molti benefici per il mercato, perché può contare ora su qualità, disponibilità e accessibilità di dati che è di gran lunga superiore a quella che poteva esserci una decina di anni fa”, osserva Gregorio De Felice, responsabile della direzione Studi e Ricerche della banca. Un critica che spesso veniva rivolta al mercato dell’arte era l’impossibilità di comprendere a fondo come venissero creati i prezzi e l’elevata dose di discrezionalità: “in realtà – rileva De Felice – oggi possiamo dire che è un mercato sempre più trasparente e accessibile e dove conta molto la reputazione di chi vi opera”.

 

Si assiste anche alla nascita di “nuove generazioni di acquirenti nel mercato” e alla produzione di “indici di rendimento sofisticati per la gestione del rischio” sottolinea De Felice. Del resto, un investitore istituzionale che non investe direttamente i propri fondi, ma quelli di chi gli ha dato fiducia, “pretende giustamente informazioni puntuali, precise, non si può restare nel vago. Tutto ciò ha fatto sì che il mercato è diventato più grande e globale: acquisti e vendite avvengono da una parte all’altra del pianeta. Questa crescita delle informazioni disponibili, contratti più sofisticati, come il buy back e sostituzione delle opere ha reso il mercato più sofisticato e vivace”.

 

E se oggi (dati del 2019) il mercato vale globalmente, per volume di compravendite, oltre i 64 miliardi di dollari, va detto che “non si muove tutto nello stesso modo. Alcuni artisti destano più interesse, ad esempio quelli del Dopoguerra o i contemporanei. Questo – osserva De Felice – è il segmento più vivace in questa fase. Grande attenzione la conquistano gi artisti viventi: sulle loro opere viene dedicato il 47% circa dell’attenzione, probabilmente perché gli investitori vogliono puntare sul successo futuro, investono su di loro e puntano sulla rivalutazione delle opere”.

 

Un’altra caratteristica è la concentrazione degli scambi: la maggior parte avviene sul mercato americano, circa il 40%, poi nel Regno Unito con il 22%. La new entry, da alcuni anni sempre più forte, è la Cina. “C’è grande attenzione per il mercato asiatico e opere di tutto il mondo vengono scambiate in quel continente. E ora, con il Regno Unito fuori dall’Ue, la Francia si è affacciata prepotentemente per scalfire la posizione del Regno Unito”. Anche quello italiano è un mercato importante; potrebbe sembrare piccolo, ma non lo è: “gli artisti italiani tendono a investire, a vendere e operare sempre più anche su mercati esteri e dunque dovremo considerare gli artisti italiani non solo in Italia, ma anche altrove” evidenzia De Felice. “Così come molti collezionisti italiani comperano direttamente su piazze straniere, dato che non viene ripreso dalle statistiche. L’auspicio è che venga tutelato il più possibile il patrimonio artistico e culturale del Paese, perché l’arte parte è importante della nostra vita. Tutelarla e valorizzarla significa tutelare noi stessi e dare spazio a una nostra cultura che dobbiamo presevare e arricchire” chiosa l’economista.

 

Ma chi è il collezionista italiano? Guido Guerzoni, docente in Bocconi, e Flaminia Iacobucci, dello Studio Dcai, hanno realizzato un’indagine che ne tratteggia il profilo: ha tra i 40 e i 69 anni, dunque un’età media di 58 anni, è prevalentemente un uomo. Elevata la quota di laureati, lavoratori autonomi e di imprenditori. Per quanto riguarda la tipologia di opera d’arte preferita, il dipinto e il contemporaneo sono la più ricorrente. I gusti dipendono dall’età: se i collezionisti under 40 esprimono una marcata preferenza per le opere d’arte contemporanea, gli over 60 acquistano più spesso opere di periodi precedenti. Sebbene il 10% dei collezionisti dichiari che il valore della propria raccolta supera il milione di dollari, per quanto attiene alle motivazioni, la maggioranza degli intervistati menziona fattori emotivi quali il piacere di collezionare e la passione per l’arte. Le fonti informative più importanti sono le fiere di settore (nel 64% dei casi), seguite dalle gallerie (62%) e dai media tradizionali (58%). Il canale di acquisto prediletto è invece rappresentato dalle gallerie (73%), sebbene più della metà degli intervistati compri anche attraverso le case d’asta o direttamente dagli artisti. In questa indagine, datata 2014, Internet risultava essere più uno strumento di ricerca che un canale di acquisto.

 

Analizzando gli indici di rendimento di alcuni protagonisti del mercato forniti da Artprice.com, il database più completo e aggiornato del mercato mondiale delle aste, risulta che 100 dollari investiti nel 2000 attualmente valgono: Jean-Michel Basquiat 747 dollari (+647%); Alberto Burri 416 dollari (+316%); Enrico Castellani 792 dollari (+693%); Lucio Fontana 594 dollari (+494%); Giorgio Morandi 197 dollari (+97%); Jannis Kounellis 170 dollari (+70%); Pablo Picasso 195 dollari (+95%); Andy Warhol 219 dollari (+119%). Questi esempi testimoniano l’ascesa complessiva del mercato del dopoguerra e contemporaneo che nel 2019 ha fatto registrare un giro d’affari di 6,1 miliardi di dollari (nel 2009 era pari a 2 miliardi di dollari).

 

Infine, per quanto riguarda il canale di vendita, l’online ha avuto nel 2020 un vero e proprio boom e ha scarsa rilevanza la perdita del 2% registrata nel 2019, con un fatturato globale di 5,9 miliardi di dollari (il 9% del mercato complessivo). Nel 2020, proprio in ragione della chiusura forzata per l’emergenza coronavirus, anche le gallerie si sono rapidamente riorganizzate con specifiche piattaforme e viewing rooms per facilitare il contatto con la clientela. In rapida trasformazione, inoltre, il sistema delle fiere che ha creato edizioni online in sostituzione di quelle cancellate, com’è avvenuto, ad esempio, per Art Basel (Hong Kong e Basilea). Sul fronte delle case d’asta, nel 2019 Christie’s ha incassato dall’online 270 milioni di dollari, l’8% in più rispetto al 2018, mentre il giro d’affari di Sotheby’s è stato di 249 milioni con una crescita del 25% in dodici mesi. Le cifre, comunque, sono destinate a un ulteriore incremento. Basti pensare che da Sotheby’s, nel periodo gennaio-maggio 2020, la crescita dell’online è stata pari al 370% rispetto al 2019. “Quello dell’arte è un mercato che è cambiato moltissimo nel corso degli ultimi anni, anche per un tema di liquidità che si è riversata in maniera significativa su produzioni che sappiamo che già di per sé sono limitate e dunque hanno un valore intrinseco che è destinato a crescere soprattutto quando l’artista ha un determinato valore” rileva Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fiudeuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, presentando il volume. “Siamo entrati in un nuovo scenario, in cui i tassi di interesse sono particolarmente bassi e lo resteranno ancora per un po’; anche il concetto dell’investimento in arte è completamente diverso da quello in cui si era abituati una volta, quando si ragionava più con l’ottica del bene rifugio. Oggi l’arte non è più un bene rifugio, ma un modo attento e intelligente per diversificare le proprie ricchezze”.

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