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Autostrada Roma-Latina: il Consiglio di Stato sblocca la gara, 30 giorni per ripartire

Autostrade per il Lazio ha trenta giorni per far ripartire la gara d’appalto per realizzare l’autostrada Roma-Latina. Lo ha stabilito la Quinta sezione del Consiglio di Stato, accogliendo con sentenza un ricorso per ottemperanza presentato da Consorzio Stabile Sis, la società che originariamente si era aggiudicata la gara da 2,7 miliardi annullata dagli stessi giudici di Palazzo Spada nel 2018 per un vizio nella procedura.

Come già chiarito in una ulteriore sentenza emanata due anni fa dagli stessi giudici, la gara dovrà ripartire dalla predisposizione delle lettere d’invito, con conseguente ripresentazione delle offerte tecniche ed economiche da parte dei partecipanti al bando originario aggiudicato nel 2016, Consorzio Stabile Sis e Webuild (la ex Salini Impregilo) e non, come indicato dal ministero delle Infrastrutture (Mit), all’epoca guidato da Paola De Micheli, che in applicazione del decreto Rilancio, con una lettera di indirizzo ad Autostrade per il Lazio (partecipata in modo paritetico da Anas e Regione Lazio) aveva suggerito di realizzare l’opera in house.

Proprio in base a tale indicazione Autostrade per il Lazio aveva sostenuto davanti ai giudici “di non essere stata inerte nel rinnovare la procedura di gara annullata” e aveva chiesto di respingere il ricorso per ottemperanza presentato da Consorzio Stabile Sis, in quanto “non più attuale” e “incoerente con l’ipotesi di affidamento in house della concessione”. Nelle memorie presentate in giudizio il ministero delle Infrastrutture aveva infatti ricordato di essersi espresso, con una nota dell’8 ottobre 2020 (impugnata da Webuild con separato ricorso), a favore di una rimodulazione dell’opera, “attraverso lo scorporo dei due collegamenti Roma-Latina e Cisterna-Valmontone, con realizzazione della seconda come strada (senza pedaggio) anziché autostrada, senza dunque l’imposizione di pedaggio, fermo rimanendo l’originario tracciato” e della “gestione in house dell’opera a cura di Autostrade del Lazio, in virtù di quanto disposto” dal decreto Rilancio.

Una tesi, quella sostenuta da Autostrade per il Lazio, e avallata dal ministero e dalla Regione, che è stata tuttavia respinta dai giudici del Consiglio di Stato, secondo i quali l’atto di indirizzo del ministero vale solo nei rapporti gerarchici interni alla pubblica amministrazione ma non è “inquadrabile nell’ambito dei poteri di amministrazione attiva in generale ed in particolare di autotutela decisoria su atti già adottati […] rilevante nei rapporti intersoggettivi, ed in particolare in grado di stabilire la regola di azione dell’amministrazione rispetto ai terzi estranei alla sua organizzazione”, come nel caso di Consorzio Stabile Sis e Webuild. La tesi opposta, sostenuta da Autostrade del Lazio, spiegano i giudici “consentirebbe all’amministrazione di sottrarsi agli obblighi di esecuzione derivanti dal giudicato amministrativo di annullamento senza l’assunzione delle relative responsabilità nei confronti dei terzi connesse all’esercizio del proprio potere di autotutela […] e così vanificherebbe la tutela giurisdizionale oggetto di tutela dalla Costituzione (artt. 24 e 113), che nei rapporti con la pubblica amministrazione il giudice amministrativo assicura in modo pieno ed effettivo”.

“La sentenza di oggi – commenta l’avvocato Maria Cristina Lenoci, che in giudizio ha assistito il Consorzio Stabile Sis – smentisce il credo comune che sia il giudice amministrativo a bloccare le opere pubbliche. È piuttosto la pubblica amministrazione che le blocca, come in questo caso. La sentenza che ha annullato l’aggiudicazione, stabilendo che la gara andava ripresa da un preciso segmento procedimentale indicato nella sentenza di cui è stata chiesta l’ottemperanza, è di tre anni fa, e due anni fa un’altra sentenza aveva stabilito in modo inequivoco in che modo la gara doveva riprendere. Per far ripartire l’iter ci è voluta una terza sentenza”.

Nel 2016 la gara da 2,7 miliardi di euro era stata aggiudicata al Consorzio Stabile Sis. Contro tale assegnazione aveva presentato ricorso la cordata di imprese composta dalla capofila Salini-Impregilo più Astaldi, Ghella e Pizzarotti. Il ricorso, respinto in primo grado, era stato poi accolto dal Consiglio di Stato in base ad alcuni rilievi emersi dall’esame dei documenti della procedura da parte della Banca d’Italia, in qualità di verificatore, riguardo al punteggio attribuito all’offerta del Consorzio Sis in relazione all’utilizzo del contributo a fondo perduto (970,2 milioni) a carico del concedente Autostrade per il Lazio.

Salini-Impregilo contestava il fatto che in sede di gara, in base alla lettera d’invito, la proposta di integrale restituzione del contributo pubblico da parte del Consorzio Sis, nella misura e nei tempi previsti nel piano economico-finanziario, era stata erroneamente considerata come un’ipotesi di “mancato utilizzo del contributo medesimo”, contribuendo così ad alzare il punteggio del consorzio concorrente. Proprio in base a questa argomentazione il Consiglio di Stato aveva annullato l’aggiudicazione, stabilendo che Autostrade per il Lazio doveva rinnovare la gara “a partire da tale segmento risultato illegittimo”.

A fronte della richiesta di chiarimenti della partecipata di Anas e Regione Lazio, a fine 2019, con un’altra sentenza, i giudici avevano stabilito che la gara doveva riprendere dalle lettere di invito, con conseguente ripresentazione delle offerte tecniche ed economiche da parte del Consorzio Sis e Webuild. Tra tavoli tecnici, ipotesi di rimodulazione dell’opera e di realizzazione in house, con accantonamento della gara, da allora è passato più di un anno senza che i lavori avessero inizio. Adesso sembra che l’iter sia destinato a ripartire. Nella nuova sentenza i giudici chiariscono infatti che, in caso di ulteriore inerzia da parte di Autostrade per il Lazio, su richiesta di Consorzio Stabile Sis, potrà essere nominato un commissario ad acta. Il Tar, spiega un’altra fonte legale, ha comunque lasciato aperta ad Autostrade per il Lazio la possibilità di revocare la gara. Ma, in questo caso, come sottolineato nella sentenza, sarebbe chiamata a risarcire il danno alle due società in lizza, senza contare che anche l’eventuale atto di revoca potrebbe a sua volta essere impugnato davanti alla giustizia amministrativa.

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