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Torna Parler, il megafono dell’ultradestra americana

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Riecco Parler, il megafono dell’ultradestra americana. Torna a farsi vivo sul web il social network ispirato a Twitter – finanziato da uno dei paperoni di parte repubblicana, Rebekah Mercer – che ha spalleggiato la campagna elettorale di Donald Trump e che, sino al momento del bando imposto da Google Web Services e Apple per i suoi contenuti tra intolleranza e razzismo, era arrivato, dati del misuratore Similar Web, quasi a 20 milioni di visitatori sul sito, oltre a 10,8 milioni di download da App Store e Google Play (8,7 milioni solo negli Stati Uniti), e con una media di 200 mila iscrizioni al giorno tra il 7 e 8 gennaio, primo posto su Apple Store. Ovvero, il picco nei giorni successivi dell’assalto a Capitol Hill da parte dello sciamano e del manipolo di audaci incitati dall’ex inquilino della Casa Bianca.

E invece ora, nuova piattaforma, nuovi server. Secondo la dirigenza, ora Parler è costruito su “tecnologia sostenibile e indipendente” e soprattutto non più dipendente totalmente, come è stato spiegato in una nota ufficiale, per le sue operazioni dai cosiddetti colossi della Big Tech. Secondo il New York Times, durante il mese di assenza dalla scena digitale, Parler, rifiutata a più riprese da altri colossi del web hosting, si è affidata all’aiuto di un’azienda russa che in passato ha lavorato per il Cremlino e anche a un’azienda di Seattle, vicina tempo fa a un sito neonazista. Durante l’assenza, per Parler c’è stata anche la sconfitta in tribunale con Amazon, altro gigante che con Apple e Google hanno oscurato la sua visibilità: citata in giudizio da Parler, un giudice federale ha stabilito che il contratto stipulato con Amazon consentisse l’interruzione del servizio.

Parler ha reso noto che entro una settimana ci si potrà registrare alla piattaforma (oggi erano già connessi alcuni utenti registrati), mentre non ci sono state conferme alle indiscrezioni pubblicate da Buzzfeed secondo cui una fetta, circa il 40%, delle quote della piccola società siano state offerte all’ex presidente Trump, a cui Twitter ha confermato il bando a vita, anche dopo l’addio alla Casa Bianca e al fallito impeachment. Ora, la destra americana più accesa riconquista la sua voce, anche se durante l’isolamento di Parler sono parecchio cresciuti altri social con contenuti spesso intolleranti e divisivi come Gab, Me We e Rumble, considerato lo YouTube di destra.

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