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La transizione è iniziata, a febbraio più auto ibride che diesel

auto diesel ibride

Il 2020 non poteva che essere un annus horribilis per la filiera dell’automotive italiana, difficile non pagasse un pegno pesante alla pandemia e ai lockdown. Però, grazie anche agli incentivi resi disponibili dal governo, il settore è rimasto in piedi e ha accelerato la transazione verso una mobilità più sostenibile. Lo testimoniano i dati di mercato di febbraio, quando le immatricolazioni di auto ibride hanno superato le diesel: 29% contro 24,6%, con le motorizzazioni a benzina che hanno confermano – com’era prevedibile il primo posto con il 33% e il restante 13,4% suddiviso tra Gpl, gas metano, full electric e plug-in.

A raccontare come il mondo dell’auto stia cambiando e a mostrare i numeri aggiornati di un settore che vale 1,25 milioni di addetti, 344 miliardi di fatturato e 76,3 miliardi di gettito fiscale, sono stati i presidenti delle tre principali associazioni che riuniscono componentisti, costruttori italiani ed esteri e dealer, Paolo Scudieri di Anfia, Michele Crisci di Unrae e Adolfo De Stefani Cosentino di Federauto. “Il sorpasso delle ibride sulle diesel – hanno spiegato – è arrivato dopo mesi di crescita della loro quota”. “Nel 2020 il 17,3% delle auto prodotte in Italia era ibrida o electric, una percentuale che è raddoppiata nei primi due mesi dell’anno a toccare il 37,5% ha aggiunto Scudieri. La bilancia commerciale rimasta in positivo per 5 miliardi di euro anche nell’anno della pandemia dimostra che le imprese italiane sono rimaste competitive”.

Ma cominciamo con i numeri, tutti negativi, del 2020: il mercato dell’automotive è crollato, con le immatricolazioni di autovetture a – 27,9%, i veicoli commerciali a -15,1%, i veicoli industriali a –14,4%, i rimorchi e semirimorchi a -21,7% e gli autobus a -24,8%. Meglio l’industria, il cui calo si è fermato a -15%, con la cassa integrazione che ha quasi toccato quota 100 milioni di ore (più del doppio del 2019) mentre i dealer hanno accusato una riduzione del fatturato del 25%.

Gli incentivi hanno mitigato in parte il calo delle immatricolazioni e spinto la rottamazione di vetture vetuste, in totale di 125mila auto che hanno contribuito a far risparmiare oltre 61 milioni di tonnellate di Co2 l’anno. L’Italia continua, però, ad avere il parco circolante più vecchio d’Europa, con un’età media di 11,5 anni contro gli 8 anni del Regno Unito e i 9 anni di Germania e Francia. Ancora più elevata l’età media dei veicoli industriali, 13,6 anni, dei veicoli commerciali, 12,5 anni e degli autobus, 12 anni.

“La transizione è già iniziata, le case costruttrici e la filiera della componentistica sono in prima fila nella rivoluzione green e digitale”, hanno rivendicato i tre presidenti che hanno sollecitato il nuovo governo guidato da Mario Draghi a sostenere lo sforzo delle imprese elaborando un piano strategico per guidare il mercato verso l’elettrificazione dei veicoli e accelerare gli investimenti per le nuove tecnologie con particolare attenzione all’automazione, alla connettività e alla diffusione delle infrastrutture di ricarica, pubbliche e domestiche, e alla scommessa sull’idrogeno.

Più nel dettaglio Anfia, Unrae e Federauto hanno chiesto nuovi strumenti di politica industriale, di riqualificazione delle competenze con la formazione e di aiuto all’intera filiera; il rifinanziamento degli incentivi in via di esaurimento o esauriti, l’ecobonus strutturale fino al 2026 e la previsione di incentivi aggiuntivi per il ricambio del parco circolante dei veicoli per il trasporto merci e degli autobus, sia per il trasporto pubblico locale che per turismo; un piano per l’infrastrutturazione della rete di ricarica, in cui l’Italia è pesantemente sotto la media europea, e infine una riforma fiscale complessiva sul settore, in particolare per le auto aziendali oggi penalizzate rispetto agli altri Paesi europei, insieme a una rimodulazione del “bollo auto” in chiave green.

“Da anni le case costruttrici destinano importanti investimenti alla progettazione e alla costruzione della nuova mobilità sostenibile. L’inattesa crisi globale chiama ora in causa i Governi – ha concluso Michele Crisci dell’Unrae – perché facciano la loro parte: occorre una pianificazione politica per guidare, nel breve e nel lungo periodo, la transizione verso una mobilità sostenibile compatibile con le esigenze economiche e sociali di un comparto da sempre trainante dell’economia del Paese”.

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