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Smart working, Boromei (Snam): Ora il capo deve ‘bucare’ lo schermo

gestione del personale lavoro Covid leadership

Per fare il “capo” da remoto occorre bucare lo schermo. Considerazione tutt’altro che scontata: uno dei tanti segnali di cambiamento irreversibile introdotti nelle organizzazioni del lavoro dall’emergenza Covid. È una delle riflessioni, sul welfare e sullo smart working, proposte da Paola Boromei, EVP risorse umane e organizzazione di Snam, che ribadisce la nuova “people centricity” imposta dalla rivoluzione coronavirus.

“Credo nelle cose che faccio. E parlare di people centricity non è un modo di dire o una forma di marketing. Si tratta di uno dei driver fondamentali in questa fase di vita delle organizzazioni del lavoro. È cambiato il ruolo delle persone in azienda. Bisogna ascoltare di più. Bisogna tenere conto dell’humus valoriale che ciascuno porta con sé. E stimolarne l’imprenditorialità attraverso l’esercizio della delega”.

I valori dell’azienda devono fare i conti con i valori delle persone, con le loro emozioni?

Esattamente. Nel lavoro devono potersi riproporre i sistemi di valore che costituiscono la vita delle persone. Anche per questo cambiano le dinamiche della leadership. Ci si vede poco, il clima si è fatto rarefatto. Il capo deve mantenere le relazioni attraverso le nuove tecnologie. Deve bucare lo schermo. D’altro canto il ruolo dei collaboratori è sempre più inclusivo. Non solo per colmare le diversità, ma proprio per valorizzare il contributo originale delle persone, delle loro storie, dei loro valori. Abbiamo fatto una settimana dedicata all’inclusione, proprio perché è stato suggerito dai nostri dipendenti.

Questa “people centricity” è quella che suggerisce anche l’evoluzione del welfare verso il wellbeing? Benessere, oltre la protezione?

La pandemia ha portato a un riposizionamento. Bisogna intervenire per ridurre ansia e stress. Occorre pensare al “mental health” delle persone che lavorano in azienda. Occorre pensare al supporto psicologico, ma anche a una sana alimentazione, oltre che al digital detox. Le persone devono essere accompagnate in una condizione di vita facilitata. Sì, parliamo sempre più spesso di un orizzonte di benessere attraverso servizi e prestazioni che non possono più imitarsi ad assicurare una protezione sociale. Vale anche per i supporti di education. L’offerta di welfare aziendale deve andare dal voucher baby sitting ai consigli per la dieta, alimentare e digitale. Obiettivo: serenità.

Molte aziende avevano allestito sedi sempre più ospitali. Di più che accoglienti. Non solo l’asilo aziendale, ma anche il flipper o il tavolo da ping pong. Oggi si lavora da casa. Occorre ripensare anche a questo?

Abbiamo sempre pensato il luogo di lavoro come il luogo della socialità, della flessibilità, della tecnologia. Accogliente, ma sobrio. Anche per questo forse sentiamo meno questo cambiamento. La sobrietà è sempre stato un tratto distintivo. E poi abbiamo numerose sedi sul territorio, per cui non abbiamo mai voluto creare forti differenziali. Certamente dobbiamo preoccuparci che il luogo di lavoro domestico sia funzionale al lavoro, il più possibile. Da un giorno all’altro abbiamo dovuto gestire lo smart working diffuso per due terzi della popolazione aziendale. Anche se venivamo da un’esperienza di smart working già avviato per un migliaio dei nostri oltre tremila dipendenti. Ora riguarda molti più colleghi ed è permanente.

In questa crisi la funzione Hr sembra abbia dovuto prendere il centro, tanto quanto le persone. C’è un nuovo ruolo della Direzione Risorse Umane rispetto al board aziendale?

Certamente sì. Anche se nel nostro caso abbiamo da sempre potuto contare su un capo-azienda più che attento ai temi del capitale umano. Il nostro ad Marco Alverà ha sempre posto un obiettivo forte al cambiamento della mentalità. L’evoluzione della cultura aziendale è stato un obiettivo alla pari del perseguimento degli obiettivi di business e di mercato.

Un’ultima considerazione sul ruolo dell’Hr manager. Ci sono molte donne a ricoprire questa funzione. Come lo spiega?

Anche in questo caso devo sottolineare la peculiarità di Snam. Le donne sono al vertice di molte funzioni aziendali, non solo delle risorse umane. Sono donna la responsabile della finanza e dello sviluppo internazionale, la responsabile delle strategie e la responsabile delle relazioni esterne. Certo, il percorso di studi spesso umanistico, che viene richiesto per la nostra funzione può privilegiare un accesso femminile.

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