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Il Recovery plan lo fa la macchina pubblica

Centinaia di pagine, progetti, missioni, numeri. Il Recovery plan è finalmente pronto per arrivare sul tavolo della Commissione Ue, dopo l’ultimo via libera del Cdm. Dentro c’è il futuro del Paese, l’occasione di utilizzare risorse straordinarie per rimetterlo in piedi e chiudere definitivamente i divari strutturali che pesano da decenni. I titoli sono quelli giusti e la garanzia ‘personale’ del premier Mario Draghi consente di confidare in un disco verde definitivo anche da Bruxelles. Inizierà ora una corsa all’attuazione, con una lista infinita di decreti legge e decreti legislativi che serviranno a rendere operative le pagine del Pnrr.

Resta però il tema di fondo: il Recovery plan lo fanno le persone. Vuol dire che serve il capitale umano giusto, a ogni livello, per non far inceppare una macchina complessa.

Ogni singola misura deve passare per l’elaborazione dei provvedimenti, che spetta al governo, per l’esame e la modifica del provvedimenti, che spetta al Parlamento, e poi finisce agli ‘attuatori’ del piano: l’intera Pubblica amministrazione, i ministeri, gli enti locali. Come ha scandito Draghi nel suo intervento alla Camera, “la vera sfida è quella di trovare un modo di attuazione in cui amministrazioni locali, territoriali, e governo centrale, chiamati a una mole di investimenti pubblici eccezionale, trovino uno schema di governo del piano”. Questo, ha evidenziato, “è il punto nodale del piano”.

Dietro queste parole, ancora una volta, ci sono le persone. L’intero Piano può funzionare se la classe dirigente di questo Paese e, a scendere, tutti i dipendenti pubblici, si dimostreranno all’altezza di un cambio di passo. Servono nuove assunzioni, nuove competenze, ricambio generazionale. Per questo, l’investimento sul capitale umano deve essere considerata la prima voce dell’intero Pnrr.

Se fino a oggi la macchina pubblica è stata soprattutto un freno allo sviluppo, complice una burocrazia malata e le inefficienze croniche, oggi serve una macchina pubblica che non solo ritrovi efficienza ma che, in tanti settori, inizi a funzionare.

Nello stesso Cdm che ha approvato il Recovery plan, è passata insieme al decreto proroghe una norma importante: finisce l’obbligo di smart working al 50% per i dipendenti pubblici. Comunque la si pensi sullo strumento del lavoro da remoto, utile ma non se abusato, si tratta di una decisione importante. Con il decreto, spiega il ministro della Pa Renato Brunetta, “si norma alla normalità. Fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile, ma sono liberate da ogni rigidità”. Fino a dicembre, quindi, “le amministrazioni potranno ricorrere allo smart working a condizione che assicurino la regolarità, la continuità e l’efficienza dei servizi rivolti a cittadini e imprese”.

Regolarità, continuità ed efficienza nei servizi. Senza, è difficile che il Recovery plan possa fare la sua strada.

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