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Lega e Pd, statuti ok: via libera a benefici fiscali

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Per poter accedere ai benefici fiscali e alle donazioni del 2 per mille introdotte dal decreto legge 149 del 2013, Pd e Lega Nord per l’indipendenza della Padania non dovranno modificare i loro statuti, come richiesto un anno fa dalla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici. Lo ha stabilito il Tar del Lazio in due diverse sentenze con cui ha accolto i ricorsi dei due partiti.

Le nuove forme di contribuzione ai partiti

La norma in questione, che ha abolito le forme di finanziamento diretto ai partiti, prevede che per poter ottenere donazioni da iscritti e simpatizzanti, sotto forma di contribuzione volontaria fiscalmente agevolata e di contribuzione indiretta, le formazioni politiche devono essere iscritte in un apposito registro a cui si accede solo dopo aver superato il vaglio della Commissione. Che tuttavia, lo scorso anno, aveva bocciato entrambi gli statuti, negando l’iscrizione e chiedendo delle modifiche per poter procedere.

Lo statuto del Pd

Nel caso del Pd, si tratta dello statuto approvato nel 2015, e poi modificato, mantenendone nella sostanza la struttura originaria, nell’autunno del 2019. Nel valutare le modifiche, la Commissione aveva rilevato diverse incongruenze, chiedendo di cambiare, in particolare, l’articolo 37 (già previsto nello statuto del 2015) che attribuisce la rappresentanza legale del partito al tesoriere. Una opzione che va contro le linee guida adottate dalla Commissione a gennaio del 2020, che prevedono invece che “la rappresentanza legale debba essere riferita ad un solo organo, esclusivamente quello di vertice del partito, nelle denominazioni usuali di presidente o segretario generale” e non possa essere ripartita fra le varie funzioni del partito.

Lo statuto della Lega Nord

Nel caso della Lega Nord per l’indipendenza della Padania, si tratta dello statuto approvato il 21 dicembre 2019 che aveva lasciato a Umberto Bossi la presidenza, togliendogli, tuttavia, la possibilità di assumere i poteri e le competenze del consiglio federale in caso di dimissioni del segretario e di convocare entro 120 giorni il congresso straordinario degli organi elettivi. Anche in questo caso, la Commissione chiedeva che la rappresentanza legale fosse attribuita all’organo di vertice del partito (presidente o segretario) e non, come previsto dall’articolo 16 dello statuto, anche “all’organo cui è affidata la gestione economico-finanziaria e patrimoniale del partito, sia esso a composizione collegiale (Comitato amministrativo federale) o monocratica (amministratore federale)”.

I ricorsi al Tar

Sia il Pd che la Lega Nord per l’indipendenza della Padania avevano impugnato al Tar i provvedimenti della Commissione di garanzia, chiedendone l’annullamento. In entrambi i casi, lo scorso anno, il Tar aveva sospeso fino alla sentenza di merito l’efficacia delle note con cui la Commissione aveva richiesto le modifiche degli statuti per procedere all’iscrizione dei partiti nell’apposito registro e consentire l’accesso ai relativi finanziamenti.

Lo statuto Pd già approvato nel 2015

Nelle sentenze il Tar ha adesso stabilito che entrambi i ricorsi vanno accolti in quanto fondati. Nel caso del Pd, perché “tutte le disposizioni statutarie che sono state oggetto dei rilievi formulati dalla Commissione, ovvero l’assegnazione della rappresentanza legale al Tesoriere, l’autonomia statutaria territoriale, la devoluzione a regolamenti specifici di discipline di dettaglio, erano già contenute nello statuto del 2015, ed erano state, quindi, già valutate dalla Commissione, che aveva approvato lo statuto procedendo all’iscrizione” a novembre del 2015. Secondo il Tar la Commissione si sarebbe dovuta limitare a verificare le sole disposizioni dello statuto modificate nel 2019, tra le quali non rientrano quelle contestate, già presenti nello statuto del 2015. Da qui l’annullamento della nota con cui si chiedevano le modifiche.

Il rappresentante legale lo decide il partito

Quanto alla Lega Nord per l’indipendenza della Padania, il ricorso riguardava sia la richiesta di modifiche del nuovo statuto, sia le nuove linee guida adottate dalla Commissione a gennaio 2020, nella parte in cui assegnano la rappresentanza legale al solo organo di vertice del partito. Il Tar ha accolto il ricorso su entrambi i fronti, stabilendo che “la lettura del tenore letterale della disposizione che disciplina il contenuto degli statuti, così come l’analisi dell’impianto e delle finalità di tale intervento legislativo” (vale a dire, l’articolo 3 del decreto legge 149 del 2013) “conducono a ritenere fondata la tesi della ricorrente in ordine alla facoltà del singolo partito di individuare il legale rappresentante anche in un soggetto diverso rispetto al capo della formazione politica e, quindi, alla non necessaria coincidenza delle due figure, diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione e cristallizzato nella modifica delle Linee guida impugnate”.

Il requisito della rappresentanza in Parlamento

Con una ulteriore sentenza, il Tar del Lazio ha invece respinto il ricorso con cui Alternativa Popolare, la formazione politica lanciata nel 2017 da Angelino Alfano, aveva contestato il provvedimento con cui a gennaio 2020 la Commissione l’aveva esclusa dai benefici previsti dal d.l. 149 del 2013, negando l’iscrizione nell’apposito registro nazionale in quanto priva di rappresentanza parlamentare. Alle elezioni del 2018, ricorda il Tar, Alternativa Popolare aveva fatto “confluire il proprio simbolo in una lista composita insieme ad altre quattro componenti, denominata Civica Popolare; con i voti ottenuti Alternativa Popolare aveva eletto nei soli collegi uninominali due deputati, Beatrice Lorenzin e Gabriele Toccafondi, che avevano costituito alla Camera dei Deputati la componente di Alternativa Popolare nel gruppo misto; il terzo eletto era stato Pierferdinando Casini, di Centristi per l’Europa”. Tuttavia all’epoca della delibera della Commissione i tre eletti non facevano più parte della formazione politica. Da qui il “difetto di attuale rappresentanza in parlamento” rilevato dalla Commissione. Il Tar ha riconosciuto che il requisito è indispensabile per potere accedere ai finanziamenti e alle donazioni, confermando la legittimità della decisione della Commissione. “Alternativa Popolare, che è partito politico autonomo – si legge nella sentenza – al momento della delibera impugnata non aveva alcuna rappresentanza in Parlamento, perché, pur avendo ottenuto l’elezione dei deputati eletti nella lista composita denominata ‘Civica Popolare’, non annoverava tra i deputati alcun soggetto allo stesso aderente”.

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