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Anche l’Italia ha la sua zona economica esclusiva

Per quasi trent’anni nessuno ci ha pensato. Poi alla fine del 2020, Iolanda Di Stasio, deputata campana poco più che trentenne, ha preso carta e penna e ha presentato un disegno di legge, subito cofirmato dai suoi compagni pentastellati e da Piero Fassino, che in un battibaleno, per i tempi italiani, è stato trasformato in legge. Così da ieri anche l’Italia ha la sua Zona economica esclusiva per fronteggiare i pescherecci Algerini, cinesi e giapponesi proprio come fa la Libia con le nostre imbarcazioni da pesca.

Grazie alla legge 91 del 2021, le 200 miglia marine, quasi 400 chilometri, di mare oltre le 12 che delimitano le acque territoriali diventeranno al pari territorio almeno per quel che riguarda lo sfruttamento economico. Chi vi si inoltra per pescare, senza rispettare i fermi previsti dalla normativa italiana, o avvia prospettazioni geologiche senza le autorizzazioni potrà essere fermato anche con le maniere forti.

E’ un potere che discende dalla Convenzione di Montego Bay approvata nel 1982, che l’Italia ha ratificato nel 1994 e poi lascito nel limbo dell’inutile, mentre tutto intorno le altre nazioni, soprattutto negli ultimi anni, hanno incominciato a darsi da fare per allargare il proprio spazio economico. La Libia ha chiuso il golfo della Sirte, l’Algeria ha reso nota la propria area di interesse economico esclusivo portandola fino alle coste della Sardegna. La Turchia si è spinta così oltre che è quasi venuta alle mani con lo Grecia quando questa ha approvato la propria Zee.

Nel periodo della guerra fredda ci hanno pensato le diffidenze reciproche a spingere i paesi a non fare passi più lunghi della gamba in mare. Le nazioni al di là dell’Adriatico facevano parte di un’altra alleanza con cui ci si parlava e poco più. Poi nel due decenni successivi l’attenzione della geopolitica si è spinta nel Pacifico e nessuno in Italia ha più dato peso alla cosa.

“È evidente come la riscoperta della centralità del Mediterraneo abbia funto da spinta propulsiva da parte istituzionale per avviare l’iter di approvazione della Legge 91/2021. L’Italia è stata tra gli ultimi paesi mediterranei a dotarsi di questo strumento normativo. Questa legge riveste un’importanza essenziale sotto molteplici punti di vista: per la pesca, con la salvaguardia dell’attività economica delle comunità costiere e la lotta alla pesca illegale operata da pescherecci dell’Estremo Oriente, per la tutela ambientale – controllando l’attribuzione delle concessioni per le trivellazioni e l’utilizzo di fonti rinnovabili off-shore – e la ricerca scientifica, con importanti ricadute in termini di sviluppo costiero e ambientale sostenibile”, spiega la promotrice della legge.

Ora si tratterà di aprire dei tavoli con i paesi che si sono mossi per primi per mettere ordine alle aree di sovrapposizione che in un mare piccolo come il Mediterraneo, non mancano. L’articolo 74 della Convenzione prevede che alla delimitazione di tale zona tra Stati frontalieri o contigui si proceda sulla base di accordi tra gli Stati stessi. Con l’Algeria il confronto è già stato avviato e almeno informalmente ed è stata registrata disponibilità. Si è più avanti con i paesi balcanici che affacciano sull’Adriatico. Ma anche con la Francia il confronto dovrà essere avviato, chissà se entrerà nelle discussioni del presidente Sergio Mattarella, in questi giorni in visita di stato a Parigi. Per ora esiste un accordo che riguarda però solo le bocche di Bonifacio, il passaggio contiguo, fra Corsica e Sardegna.

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