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Draghi apre cantiere delega fisco. Ma la Lega sbatte la porta

Draghi e Franco

Sono passate poche ore dallo spoglio dei risultati delle elezioni amministrative. Ma il primo contraccolpo sull’azione di governo è già arrivato: la Lega non ha partecipato al Cdm che ha approvato la delega fiscale. “Un gesto serio”, lo ha definito il premier Mario Draghi, aggiungendo che dovrà essere il leader Matteo Salvini a spiegare “quali possano essere le implicazioni” del gesto. E se dal Carroccio trapela subito irritazione per la scarsa condivisione di informazioni, il leader è piuttosto esplicito: “Non voto la delega fiscale perché non contiene quello che era negli accordi. I ministri della Lega non possono averla in mano alle 13.30 per una riunione alle 14. Non è l’oroscopo, non è possibile avere mezz’ora di tempo per analizzare il futuro degli italiani. C’è qualcosa da cambiare nella modalità operativa”. Anche la posizione di Draghi, però, è piuttosto ferma: “Gli scambi avvenuti in cabina regia e nelle conversazioni avevano dato sufficienti elementi per valutare la legge delega”.

Il dato politico significativo, che fa notare lo stesso presidente del Consiglio rispondendo a chi evoca una crisi o l’esigenza di una verifica, è che il governo non si è fermato, aprendo formalmente il cantiere della riforma del fisco. “Vorrei puntualizzare che si tratta di una legge delega, molto generale, che andrà riempita con i contenuti, i decreti delegati. Sui decreti ci saranno ulteriori momenti di confronto, la stessa legge delega sarà oggetto di confronto in Parlamento. Questo è molto importante, perché uno può avere la sensazione che si tratti dell’ultima parola sul fisco e il governo abbia deciso. Purtroppo, o per fortuna, il processo non è così semplice, prenderà molti anni”, puntualizza Draghi.

“Per l’esercizio della delega ci saranno 18 mesi, bisognerà formare una commissione che lavorerà con il ministro Franco al Mef. Ci sarà l’implementazione di quello che verrà presentato nei decreti delegati”, spiega. Sotto i riflettori c’è ovviamente la revisione del catasto. “Una riformulazione, non è proprio una revisione. Il governo si impegna ad accatastare tutto quello che oggi non è accatastato, terreni e abitazioni che oggi non sono accatastati. Procederà anche a una revisione delle rendite catastali adeguandole alle rendite di mercato: ci vorranno 5 anni, l’impegno che il governo prende oggi è che nessuno pagherà di più o di meno. Le rendite su cui si basa la tassazione oggi restano invariate, è un’operazione di trasparenza che non cambia assolutamente l’imposizione fiscale su case e terreni. E’ importante dirlo”, scandisce Draghi.

Nel merito della riforma entra il ministro dell’Economia, Daniele Franco. “La riforma è un’opportunità verso un sistema che sia più efficiente e meno distorsivo”, sintetizza, precisando che i pilastri della struttura fiscale come Irpef e Iva resteranno “ma verranno riconsiderati”. Il titolare di via XX Settembre parla della lotta all’evasione come di “uno dei punti fondamentali” dell’intero disegno. Si tratta di “un problema che ci trasciniamo nel tempo, su cui comunque ci sono stati progressi”. Ma la lotta all’evasione “va calata nei singoli decreti attuativi”, con il governo “impegnato nel recupero di basi imponibili”. Non c’è un target definito, anche perché “il target idealmente è azzerare l’evasione” e “continuare ad abbatterla anno per anno di alcuni miliardi è un obiettivo coerente”. La differenza tra gettito teorico e gettito effettivo “si stima sia di circa 100 miliardi” e “il contenimento è misura necessaria per ridurre le aliquote e avere una distribuzione del carico più favorevole alla crescita economica”. Altro obiettivo, la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. In Italia, ricorda Franco, “è relativamente elevato, per un lavoratore di reddito medio è di 5 punti superiore a quello della media europea”. E va ricordato che “larga parte del cuneo è imputabile all’imposta sulle persone fisiche”, ha aggiunto.

 

 

 

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