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Blocco della supply chain, giù Apple e Amazon

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Di Eamon Barrett – Scarsità di semiconduttori, essenziali per alimentare la maggior parte degli oggetti, brusca impennata dei costi di spedizione, necessari a far arrivare gli articoli all’estero, mancanza di autotrasportatori, che portano gli articoli dai porti fino ai magazzini e ai negozi. La supply chain è bloccata, e questo ha portato i ricavi di Apple e Amazon, i due più importanti produttori e rivenditori di beni di consumo, a disattendere largamente le aspettative degli analisti per il trimestre da luglio a settembre.

Il fatturato di Amazon nel terzo trimestre è cresciuto solo del 15%, con un netto scarto rispetto al 37% dell’anno precedente. E Apple non ha fatto di meglio: pur registrando una crescita del 29% nel quarto trimestre fiscale e raggiungendo gli 83,4 miliardi di vendite, è rimasta comunque di un 1 miliardo al di sotto di quanto avevano previsto gli analisti.

Tim Cook, CEO di Apple, ha spiegato che “i vincoli al processo di produzione e distribuzione sono stati più forti del previsto”, costando alla compagnia circa 6 miliardi di entrate previste per il prossimo trimestre. Il gigante tech è stato colpito con particolare durezza dalla globale carenza di chip, che da gennaio ha messo in crisi chiunque produca articoli tech.

Intanto, Andy Jessy, Amministratore delegato di Amazon, nel report sul fatturato dell’azienda, avverte che “la carenza di manodopera, l’aumento dei costi salariali, i problemi della catena di approvvigionamento globale e l’aumento dei costi di trasporto e spedizione” potrebbero far perdere ad Amazon “parecchi miliardi di dollari” in costi extra, nel prossimo trimestre.

Gli investitori non l’hanno presa bene: hanno fatto a brandelli il 3% delle azioni Apple nel trading pre-market e trascinando Amazon giù del 4,8%, eliminando un totale di circa 170 miliardi di dollari dalla capitalizzazione di mercato combinata dei due titani. Inoltre, i due colossi hanno parlato con apprensione dell’incertezza in vista del cruciale periodo natalizio, sottolineando ciò che il gigante delle spedizioni Kuehne+Nagel ha detto agli investitori la scorsa settimana: che i problemi delle supply chain non miglioreranno fino ad un momento imprecisato del 2022.

Tutt’altra storia, invece, quella di Alphabet (casa madre di Google) e Microsoft, che vendono perlopiù software e servizi, piuttosto che oggetti. Con i loro trimestri eccellenti hanno entrambe superato le aspettative degli analisti. Martedì, Microsoft ha registrato un aumento del fatturato del 22% rispetto all’anno precedente. Nella stessa giornata, Alphabet ha annunciato aumento del 14% dei ricavi, dovuto principalmente alla pubblicità.

Mercoledì le azioni Microsoft hanno avuto un rialzo del 4%, quelle di Alphabet sono salite del 6%, portando la capitalizzazione di mercato dell’azienda a sfondare il tetto record degli oltre 2 trilioni di dollari. E dopo l’ultimo capitombolo di Apple, Microsoft sembra essere pronta a prenderne il posto come azienda con il valore di mercato più alto al mondo. Ecco allora la lezione che ha dato quest’ultima settimana di conti trimestrali: il software resiste ai blocchi del processo di produzione e distribuzione molto meglio rispetto ai beni di consumo.

Amazon però potrebbe riuscire ad appoggiarsi alla propria unità di servizi per sganciarsi dai vincoli della catena di approvvigionamento, che stanno frenando la crescita dei ricavi. Dan Romanoff di Morningstar afferma che il gruppo di e-commerce “rimane ben posizionato per arricchirsi con il passaggio che ci sarà nel prossimo decennio verso l’e-commerce e il cloud pubblico”.

Ma Romanoff ricorda anche che gli impedimenti della supply-chain e l’aumento del costo del lavoro continueranno a “resettare” il core business del gruppo di e-commerce “nei prossimi trimestri”. Gli analisti di Morningstar prevedono infatti che la catena di approvvigionamento continuerà a causare problemi ad Apple anche nel 2022.

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