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Mobilità e tpl, gli italiani snobbano i mezzi pubblici

tpl trasporti

Speranze e buoni propositi delusi ancora in culla? Potenzialità positive già appassite? O solo rimandate di 12 mesi perché “obbligate” dalla sfida dei cambiamenti climatici? È ruotato attorno a questi due poli il dibattito ospitato ieri dal Cnel in occasione della presentazione del 18° Rapporto sulla mobilità degli italiani di Isfort, in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, il Cnel e le associazioni delle imprese di trasporto pubblico Agens e Asstra. Da una parte i dati poco incoraggianti della ricerca, confermati dai rappresentanti delle imprese di Tpl, dall’altro le attese positive del Ministro Enrico Giovannini in virtù delle misure adottate e dei miliardi impegnati a sostegno di una mobilità più sostenibile e collettiva.

La “nuova normalità” post-Covid degli italiani, su cui l’anno scorso si erano appuntate le aspettative di un cambio di passo verso comportamenti green – tradotto nella vita di tutti i giorni più spostamenti a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici e meno auto private – assomiglia troppo alla “vecchia normalità” di prima della pandemia, del 2019. Anzi, le percentuali e i trend fedelmente registrati dalle 15mila telefonate su cui è costruito il rapporto, mostrano una congiuntura assai meno positiva del previsto e paiono tradire le aspettative di cambiamento. “Siamo prigionieri del passato?”, si è chiesto Carlo Carminucci, direttore della ricerca di Isfort, nel concludere la sua presentazione.

Archiviato il 2020 come del tutto anomalo viste le misure di lockdown, più o meno severe, adottate per fronteggiare l’epidemia di Covid-19: forte flessione dei volumi di mobilità, concentrazione spaziale della domanda sulla prossimità, riduzione degli spostamenti per lavoro e studio a vantaggio della gestione famigliare, grande sviluppo della mobilità attiva (+8,2% i piedi), crisi dei mezzi pubblici con il dimezzamento della percentuale modale, dal 10,8% al 5,4% e aumento degli squilibri strutturali.

L’anno in corso ha visto invece una forte ripresa dei volumi della domanda (+22%), anche sul medio e lungo raggio (+68%) ma tutto a favore dell’auto privata (in crescita dal 62,% al 64,4% degli spostamenti) a scapito della mobilità a piedi (dal 33,2% al 29,4%) e dei mezzi pubblici, che non vanno oltre il 6,1%.

Mezzi pubblici che non solo continuano a scontare cadute verticali nelle rilevazioni attuali – secondo l’Osservatorio del Ministero nel terzo trimestre 2021 del 15% per bus, tram e metro, del 30% per i treni regionali e addirittura del 50% per i treni Alta Velocità, a fronte di un -2% di veicoli leggeri sulla rete stradale Anas e di un +3% sulle autostrade – ma che gli intervistati non intendono aumentare in futuro.

Resta critica la percezione di sicurezza in relazione al Covid di bus, tram, metro, pullman, treni e dello sharing: in un voto da 1 a 10 non vanno oltre il 5 mentre l’auto prende un bel 9.

Da segnalare il boom delle biciclette: 2 i milioni di mezzi venduti, di cui il 14% e.bike.

“Siamo su un crinale stretto tra vecchia e nuova mobilità: per governare la transizione verso un nuovo paradigma di mobilità sostenibile – ha concluso Carminucci – occorre promuovere la pianificazione strategica urbana di prossimità, la città dei 15 minuti, restituire centralità al trasporto pubblico con processi di innovazione e transizione digitale verso il Mobility as a Service, tutelare e migliorare il decoro urbano e diffondere le best practices, che pure ci sono”.

“Il 2020 e il 2021 sono anni eccezionali, le scelte di mobilità sono molto volatili, vediamo come andrà il 2022 – così la replica del Ministro Enrico Giovannini – Abbiamo una finestra di opportunità di dodici mesi per influire sull’evoluzione della domanda di spostamenti e sulle regole. Con il lavoro dei mobility managers d’area che, insieme a quelli aziendali e scolastici, gestiscono i piani della mobilità. Poi migliorando sensibilmente la qualità dei servizi di trasporto pubblico: innanzitutto con una riforma che potenzi l’offerta e attragga nuova domanda e con l’aumento di 1,3 miliardi del Fondo nazionale, dai 5 miliardi attuali. È la prima volta in dieci anni, un’opportunità straordinaria che useremo per orientare le scelte delle aziende verso la trasformazione digitale ed ecologica”.

Ancora, il Ministro intende massimizzare le buone pratiche dei MaaS per rendere flessibile l’offerta di mobilità con un bando ora aperto alle città ma che si allargherà alle regioni, promuovere un salto di qualità nell’organizzazione e nel management delle imprese, che mostrano criticità, e accelerare il rinnovo del parco autobus – circolano tuttora 15mila bus sotto l’Euro3 – con un forte investimento sull’acquisto di bus elettrici grazie al nuovo fondo introdotto nella Legge di bilancio.

“Una sfida enorme – ha sottolineato Giovannini – perché bisogna anche costruire le infrastrutture, i depositi per l’elettrico. Stiamo studiano soluzioni chiavi in mano per aiutare i comuni e le imprese meno attrezzate”. Infine, organizzazione delle città, politiche urbane più coerenti e progetti di economia comportamentale tramite incentivi e disincentivi per accelerare un cambio di mentalità e comportamenti virtuosi. Sempre tenendo presente che “il Piano nazionale di ripresa e resilienza ci fa fare un salto quantico nella disponibilità di risorse”, ha ricordato il Ministro.

Meno ottimisti Arrigo Giana, presidente di Agens e direttore generale della milanese Atm, e Giuseppina Gualtieri, vice presidente di Asstra e presidente e Ad dell’emiliana Tper. “Appartengo alla schiera dei pessimisti, non credo che i volumi dei passeggeri del trasporto locale torneranno ai livelli pre-Covid – ha sostenuto Giana -. In ogni caso dobbiamo rivedere completamente il nostro modello di business, rendere più attrattivo il servizio per richiamare nuovi clienti investendo sull’offerta: se la aumentiamo nel tempo crescerà anche la domanda. Serve una riforma ad hoc del Tpl, fuori dai servizi pubblici locali, che ci faccia uscire dalle ambiguità della Legge Madia: le aziende non si gestiscono con le norme della Pubblica amministrazione”.

“Il Tpl è la Cenerentola dei servizi pubblici – ha ripetuto Gualtieri – un settore marginale anche per gli investitori. Invece, deve diventare un settore industriale vero, capace di investire e partecipare alle gare, con regole uguali a quelle europee. Aumentare l’offerta non basta, contano anche le abitudini: servono politiche urbane integrate, quelle dei Pums, per scoraggiare l’uso dell’auto. E va battuta la percezione del trasporto collettivo come insicuro, abbiamo ancora il 40% di passeggeri in meno del 2019. Cruciali saranno i MaaS per offrire servizi integrati”.

Ottimista da sempre, convinto che molti più passeggeri – due, tre volte più di prima del Covid – saliranno in futuro sui mezzi pubblici, Giuseppe Catalano, coordinatore della Struttura Tecnica di Missione del Mims, ha rilanciato la sfida. “Questo rapporto invecchierà rapidissimamente. Deve invecchiare, non abbiamo alternative, non possiamo perdere quest’occasione – il suo appello appassionato – Siamo assuefatti a una ‘normalità’ non più accettabile, non possiamo tirare a campare. Il modello di gestione delle imprese non funziona, dobbiamo lavorare su nuove tecnologie digitali e sulla transizione ecologica dei mezzi. Per la prima volta si aumenta il Fondo nazionale trasporti, entro l’anno renderemo disponibili 2 miliardi per comprare bus full electric, abbiamo ripartito 4,2 miliardi per la costruzione di nuove infrastrutture per il trasporto rapido di massa. Se non cala la mobilità privata, l’auto, non raggiungeremo l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni del 1990 nel 2030. È una sfida affascinante, dobbiamo essere i primi a credere che ce la faremo”.

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