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Libere professioni in crisi. E le casse temono per il futuro

La pandemia frena la corsa dei liberi professionisti. E questo potrebbe gettare un’ombra sul futuro di qualche cassa previdenziale professionale. Meno professionisti, meno contribuzione. Sono 38mila i liberi professionisti che hanno chiuso i battenti nel 2020, con calo del -2,7% rispetto al 2019. I più colpiti sono stati gli studi professionali con dipendenti, calati del 7%, ma più in generale è tutta l’area del lavoro indipendente a soffrire, lasciando sul campo 154mila posti di lavoro (-2,9%). La crisi ha picchiato più duro al Nord, dove si è registrato il calo più forte tra i liberi professionisti (-6,6%). Più contenuta invece la flessione nel Centro-Sud dove alcune regioni (Sardegna, Basilicata e Sicilia) mostrano invece segnali di ripresa. A crollare, però, non è solo il numero ma anche il reddito dei professionisti, senza distinzioni tra ordinistici e non, dove persiste ancora un forte divario reddituale tra uomini e donne. Questo è lo scenario tratteggiato dal “VI Rapporto sulle libere professioni in Italia” curato dall’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin.

La pandemia ha costretto tutti i settori a ripensare le forme di organizzazione del lavoro. Anche i professionisti hanno dovuto fare i conti con le nuove modalità di lavoro agile. Un approfondimento specifico del “VI Rapporto sulle libere professioni in Italia” è dedicato a questo argomento. Dall’indagine svolta dall’Osservatorio di Confprofessioni emerge che l’utilizzo dello smart working nella fase della pandemia ha interessato la maggioranza degli studi professionali (58%). All’incirca un terzo dei liberi professionisti ha fatto ricorso allo smart working limitatamente al periodo di lockdown, mentre il 25% degli intervistati dichiara di continuare a utilizzare ancora il lavoro da remoto.

“Nelle fasi più critiche della pandemia il lavoro agile non è stato tanto una scelta quanto una necessità – spiega Paolo Feltrin  – tuttavia la sperimentazione ‘forzata’ dello smart working ha consentito, di fatto, di sdoganare una modalità di lavoro precedentemente poco diffusa, consolidandone l’utilizzo al di là dello stato di necessità decretato dalla pandemia”. A riguardo delle prospettive future, una quota significativa di liberi professionisti (40% circa) dichiara di intendere mantenere o introdurre a breve lo smart working indipendentemente dalle esigenze di distanziamento sociale. Nel settore legale la quota di liberi professionisti intenzionata a consolidare il ricorso allo smart working sale al 49%, mentre una limitata propensione allo smart working si riscontra solo nell’area “Commercio, finanza e immobiliare” (25%), costituita da professioni che richiedono contatti frequenti e diretti con i clienti.

“Nel 2020 l’impatto di Covid sull’economia italiana è stato drammatico – commenta l’indagine Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni – ma nel corso del 2021 stiamo assistendo a una robusta risalita del Pil: le previsioni indicano un recupero di oltre 6 punti percentuali a fine anno. Un dato sorprendente non solo perché migliore rispetto a tutti i grandi Paesi europei, ma perché riconducibile in larga parte all’anticipazione degli investimenti e della produzione ingenerati dalla fiducia innescata dal governo Draghi e dalle attese sulle ricadute future del Pnrr sul sistema economico nazionale”.

“In questo scenario – prosegue Stella – il mercato del lavoro ha sostanzialmente retto l’urto della pandemia, calando nel corso del 2020 di soli 2 punti percentuali. Tuttavia, gli ultimi dati ci confermano che stiamo assistendo a una riconfigurazione strutturale dell’occupazione in Italia che penalizza autonomi e professionisti rispetto ai lavoratori dipendenti».

La fotografia che emerge dal Rapporto di Confprofessioni fotografa, nel 2020, circa 1 milione e 430 mila professionisti in Italia, che nonostante la frenata causata dalla pandemia, registrano un aumento di quasi 250mila unità in più rispetto al 2009, in netta controtendenza rispetto agli altri comparti del lavoro indipendente.

Secondo i dati Istat elaborati dall’Osservatorio delle libere professioni, negli ultimi anni in Italia si è passati dai 172mila laureati del 2001 ai 345mila del 2020: una variazione del +101%. A crescere, di conseguenza, è anche il numero di lavoratori in possesso della laurea.

Se da un lato sale il numero di laureati, la libera professione attrae però sempre meno giovani. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio di Confprofessioni, tra il 2010 e il 2019 i giovani che hanno ottenuto l’abilitazione per la libera professione è passato da 59.865 a 49.843, con un crollo di oltre il 16%. Una battuta d’arresto che coinvolge in particolare le professioni tecniche, ma anche commercialisti, notai e avvocati. E che si accentua ancora nel 2020 dove mancano all’appello circa 3 mila under 35.

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