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TikTok e gli altri, come gli abbonamenti cambieranno la creator economy

“Il potere si è spostato dalle piattaforme ai creatori”. La considerazione alla Reuters è di Josh Constine, presidente della società d’investimento californiana SignalFire, che così mette a fuoco, certifica il successo e il margine di crescita della creator economy, diventata una delle principali voci di investimento per i colossi del tech. L’ultimo progetto verso la monetizzazione dei contenuti esclusivi arriva da TikTok, che per prima ha creduto nella valorizzazione economica per gli sviluppatori di materiale sulle piattaforme come moltiplicatore di contatti, valorizzandone l’engagement con i seguaci della piattaforma. Supportare direttamente i creator sotto forma di abbonamento, pagando in cambio di contenuti esclusivi: il programma di TikTok si chiama Subscription e questa volta l’applicazione cinese – il vertice di ByteDance, l’unicorno dal valore più alto al mondo, 140 miliardi di dollari secondo Visual Capitalist con 58 miliardi di entrate nel 2021 – non ci è arrivata per prima: l’annuncio della formula a sottoscrizioni è arrivata a ridosso di quello di Instagram, che pure propone un pagamento fisso mensile per ottenere in esclusiva i contenuti dei creator.

L’idea ha mostrato un discreto potenziale su Twitch, dove gli utenti possono supportare i loro streamer preferiti con le sub, ovvero abbonamenti mensili ai canali, con prezzo tra 4,99 euro e 24,99 euro mensili. Su Twitter si è partiti l’anno scorso con Super Follows, opzione che permette agli influencer di addebitare agli abbonati da 2,99 dollari a 9,99 dollari mensili per i contenuti extra.

Dunque, un altro modo per creator e influencer di fare soldi grazie ai follower. Un altro dollaro puntato sulla creator economy. Il New York Times qualche tempo fa citava un rapporto del 2020 di SignalFire, secondo cui decine di milioni di persone in tutto il mondo si considerano creatori e l’economia dei creator, complice la pandemia, era il tipo di impresa a crescita più rapida.

Un dato confermato da una ricerca pubblicata a gennaio da Oxygen: oltre un terzo degli americani durante la pandemia è partito con un nuovo lavoro diventando imprenditore di se stesso e la creator economy è trascinata dalla generazione Z che nel 53% dei casi si è data alla produzione di contenuti, seguita dai millennials (52%).

LA SVOLTA DI TIKTOK

Insomma, il trend degli sviluppatori di contenuti incide sull’economia reale. La svolta c’è stata poco meno di due anni fa. Ed è stata una delle armi più affilate per TikTok nella scalata a vette impensabili, ovvero a preoccupare colossi come Facebook e Instagram. Duecento milioni di dollari istituiti per il TikTok Creator Fund, ovvero un fondo per la monetizzazione dei contenuti di maggior successo. Con questo fondo si è investito sui creator più innovativi, creativi, “per incoraggiare coloro che sognano di usare la propria voce e creatività per stimolare carriere ispiratrici”, il pensiero del general manager di TikTok negli Stati Uniti, Vanessa Pappas.

I 200 milioni di dollari stanziati per i creatori di contenuti si sono aggiunti ai 50 milioni che TikTok aveva messo sul piatto per i creator che avevano diffuso contenuti utili per l’apprendimento durante le prime ondate da Covid-19. Il successo è stato immediato. Quel fondo, inizialmente fissato per i TikToker americani anche per non perdere credibilità nella disputa con l’amministrazione Trump che voleva a tutti i costi il bando della piattaforma negli Stati Uniti per l’eccessiva vicinanza con il governo di Pechino, ha rappresentato una rivoluzione: I creator pagati direttamente per guadagnare dai post, non più solo dal live streaming, come era avvenuto sino a quel momento. Benzina per il balzo di TikTok, con gli altri social costretti a inseguire.

Poche e semplici regole le regole imposte dalla dirigenza di TikTok: per accedere alla monetizzazione, i creator dovevano essere maggiorenni, rispettando le linee guide della community dell’applicazione. Il pagamento dipende dalle visualizzazioni, dal coinvolgimento della fanbase di TikTok e dal tipo di prestazione fornita.

 I COLOSSI DEL TECH IMITANO TIKTOK

Quel fondo da 200 milioni di dollari, che dovrebbe diventare un miliardo entro metà del prossimo anno, è stato solo l’inizio. Anche per l’attenzione mostrata per prima alla creator economy, la crescita di TikTok resta vertiginosa. Secondo il Digital global overview report 2022, a cura di We are social e Hootsuite, che tengono conto dei dati forniti da dieci market data, TikTok è stata l’applicazione più scaricata a livello mondiale a gennaio. La popolarità dell’applicazione dei video brevi è una specie di magnete, l’investimento sui contenuti originali è una delle chiavi per incentivare la fidelizzazione degli utenti.

Gli altri giganti del tech si sono trovati spiazzati e sono corsi ai ripari. Meta ha stanziato oltre un miliardo di dollari in “programmi che offrono ai creatori nuovi modi per guadagnare denaro per i contenuti creati su Facebook e Instagram”, senza però, almeno finora, spiegare quali siano i requisiti per accedere al fondo e soprattutto come dovrebbero essere remunerati i creatori stessi.

Poi c’è YouTube con lo Shorts Fund, avviato nel 2021 per distribuire circa 100 milioni di dollari ai produttori di cortometraggi tra il 2021 e il 2022. Anche in questo caso senza rivelare dettagli su come accedere ai pagamenti. In scia si è piazzato anche Snap – di proprietà di Snapchat -, con 250 milioni di dollari stanziati per i creatori sul suo Spotlight, programma simile a quello di TikTok, arrivando a corrispondere agli sviluppatori sino a un milione al giorno.

L’ALTRO LATO DELLA LUNA: I CREATOR SOTTOPAGATI

Remunerazione bassa e mancato accordo di compartecipazione alle entrate con i suoi creatori di contenuti. Non mancano le spine per TikTok. Il creator più pagato su YouTube, ovvero MrBeast (54 milioni di dollari incassati nel 2021) ha monetizzato solo 15 mila dollari dal fondo predisposto da TikTok, nonostante i 32 milioni di follower sulla piattaforma. Un potenziale pericolo, c’è il rischio di perdere i migliori creator, già in pellegrinaggio verso Meta, YouTube e Snap.

Certo, ci sono TikToker milionari, per esempio Charli D’Amelio, il numero uno negli incassi nel 2021 con 17,5 milioni di dollari incassati. Secondo l’analisi del sito specializzato Engadget, il sistema di pagamento di TikTok non prevederebbe dei bonus per i creator in base a visualizzazioni e alla popolarità dell’autore. Sempre su Engadget si fa riferimento a Hank Green, TikToker da sei milioni di follower che in un video su YouTube critica pesantemente l’app cinese, spiegando di incassare 2,5 centesimi ogni mille visualizzazioni (la media su TikTok è tra due e quattro centesimi), circa la metà di quanto paga YouTube, che ha elargito circa 30 miliardi di dollari ai creator in un triennio.

Il pagamento dei contenuti e l’eccessiva presenza sul lavoro, il burnout, rappresentano le principali preoccupazioni dei creatori. Secondo un sondaggio di Vibely, nel 2021 il 71% degli intervistati ha pensato di smettere di produrre contenuti. Il rischio per le piattaforme è perdere quel contributo di creatività ed esclusività, secondo Influencer Marketing Factory il 31% dei creatori ha spiegato che la produzione di contenuto rappresenta la principale fonte di reddito.

IL FUTURO, TRA AZIENDE E STAR-CREATOR 

La monetizzazione dei TikToker passa anche attraverso il link con le aziende. Tre anni fa la piattaforma cinese ha lanciato per la prima volta il suo Creator Marketplace: per le imprese di tutto il mondo c’è l’opzione di cercare la figura più adatta per campagne pubblicitarie tra i creatori di contenuti registrati. Certo, c’è il limite della durata dei video su TikTok, massimo 15 secondi, i margini di guadagno rispetto a Facebook e Instagram sono più ristretti. Anche per questo motivo è stato potenziato il servizio con API Creator Marketplace, che permette alle società di marketing partner di accedere ai dati di TikTok sul pubblico, sulle tendenze di crescita, video con le migliori performance e rapporti sulle campagne in tempo reale. Possono quindi esportare questi dati nelle proprie piattaforme, per aumentare le informazioni che stanno già fornendo alla propria base di clienti.

Secondi diversi media americani, una delle più analitiche è stata fatta su Fast Company, un nuovo step nel rapporto tra creatori e brand riconosciuti avverrà quando saranno le celebrità a venire a contatto con l’economy creator. D’altronde, l’assioma della creator economy vale appunto per tutti: chiunque può essere famoso (e redditizio) e il successo è monetizzabile. Qualcosa del genere è già accaduto, la star di TikTok Addison Rae nel 2020 ha lanciato una linea di cosmetici, chiamata Item Beauty. Ma molto c’è da fare.

“Penso siamo a un punto di svolta non solo nel mondo e nelle comunità, ma anche nel settore pubblicitario, alcune persone con cui lavoriamo, tipo Lebron James, hanno un canale più ampio rispetto agli spazi pubblicitari che acquistiamo sui media tradizionali”, ha detto recentemente il direttore marketing di General Motors, Deborah Wahl. Sempre più spesso i brand famosi sul mercato si rivolgono ai creatori – sia affermati, sia emergenti, per conquistare consumatori tra la generazione Z e in questo senso TikTok per l’immediatezza del linguaggio e il format – video brevi – ha una marcia in più rispetto ai competitor.

Ma in attesa delle celebrities che si trasformano in content creator oppure influencer, il margine di guadagno per gli sviluppatori, almeno su TikTok, è il commercio integrato, che consente agli sviluppatori di monetizzare la presenza sulla piattaforma attraverso una partnership con i brand pubblicizzati, con una percentuale sulle entrate, come avviene già da anni su Doujin, la versione cinese di TikTok.

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