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Secondo la Commissione europea i lavoratori delle piattaforme in Europa sono oggi 28 milioni. Diventeranno 43 milioni nel 2025. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2022.

QUANTO È GRANDE LA GIG ECONOMY? Quanti sono i lavoratori delle piattaforme digitali? E quanta parte del loro reddito è legato alle piattaforme? Un ambito complesso come quello del lavoro regolato dagli algoritmi delle piattaforme digitali genera tante domande quante sono le sfaccettature di un’evoluzione che riguarda mestieri così diversi. Eppure, se il fenomeno è sicuramente esteso, e tutti ne abbiamo una testimonianza quando ordiniamo un panino a casa, solo recentemente abbiamo iniziato ad avere dei numeri più precisi.

Si può partire dalle cifre Ue. La Commissione le ha ricapitolate presentando la proposta per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori delle piattaforme digitali, lo scorso dicembre. Oggi, oltre 28 milioni di persone nell’Ue lavorano attraverso piattaforme di lavoro digitale. Nel 2025 si prevede che il loro numero raggiungerà i 43 milioni. Intanto tra il 2016 e il 2020, i ricavi della ‘platform economy’ sono cresciuti di quasi cinque volte, da 3 mld di euro a circa 14, e ci sono più di 500 piattaforme attive.

La preoccupazione europea è stata quella di andare a vedere chi, tra i 28 milioni di lavoratori totali, potrebbe non essere effettivamente un lavoratore autonomo, creando dei criteri che, dopo gli iter autorizzativi europei (Parlamento e Consiglio) e nazionali, vengano utilizzati dai singoli Paesi per riconoscere le giuste protezioni a chi è inquadrato come un lavoratore autonomo ma svolge di fatto lavoro subordinato. La stima è che ci siano 5,5 milioni di lavoratori erroneamente classificati come autonomi, e su questi andranno probabilmente a incidere i nuovi criteri messi a punto dalla Commissione.

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Il rebus italiano

Quanti saranno i lavoratori coinvolti in Italia? Il problema sui dati italiani, racconta Annarosa Pesole, consigliera economica e tecnologica del ministro del Lavoro e presidente del gruppo di studio sulla governance algoritmica e sul futuro del lavoro, istituito presso il ministero, è che non ci sono informazioni amministrative aggiornate. E fino a pochi mesi fa tutti gli ultimi dati raccolti in Italia erano pre-Covid. Non solo quelli amministrativi, ma anche quelli frutto delle iniziative delle singole organizzazioni. Se si guardano i numeri degli scorsi anni, è effettivamente difficile fare ordine. Questo anche nel caso il focus si sposti solo sui rider, sui quali di solito ci si concentra quando si parla dei diritti dei lavoratori delle piattaforme. C’è la survey dell’Inapp pubblicata nel 2019, che calcolava che in Italia ci fossero più o meno 213mila lavoratori delle piattaforme digitali, di cui il 15% rider, quindi circa 34.500 persone.

All’epoca, spiega Pesole, gli unici dati amministrativi disponibili erano quelli dell’Inps che riflettevano esclusivamente i rapporti di lavoro non occasionali, quindi partite Iva o Co.co.co (tenendo a mente che le prestazioni occasionali sotto i 5.000 euro annuali non vengono riportate all’Inps). La stima in quel caso era di 4.000 mila lavoratori delle piattaforme. L’ultimo dato disponibile, racconta Pesole, è del 2019, e proviene da un “modulo ad hoc fatto da Istat, che nel 2019 in tutta Italia ha individuato 29mila lavoratori. Non solo rider, tutti i lavoratori di piattaforme”. Molti meno dei 213mila dell’Inapp.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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