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Il difficile discorso sul lobbying

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Il commento di Paola Perrotti, amministratore delegato di FB & associati, sulla proposta di legge per disciplinare l’attività di lobbying.

Quello del lobbying è un comparto in forte dinamismo in questo particolare momento storico, che ha raggiunto livelli di sviluppo importanti anche nel nostro Paese, confermando la sua caratteristica di mercato anticiclico (basti pensare che invece il più ampio mondo della consulenza tradizionale in comunicazione e relazioni pubbliche segna al contrario una flessione piuttosto generalizzata) e questo 2022 sembra avere tutti i presupposti affinché sia un ulteriore anno di crescita.

L’auspicio è che l’approvazione in prima lettura, avvenuta ad inizio di quest’anno, della proposta di legge che disciplina l’attività di rappresentanza degli interessi particolari, sia davvero l’inizio di un iter legislativo che possa, entro la fine della legislatura, assicurare al comparto la regolamentazione e il riconoscimento che merita, non solo per la funzione che svolgiamo di “guardiani” del processo decisionale e, quindi, di rafforzamento del nostro sistema democratico, ma anche per il peso economico che ormai rappresentiamo.

Parlare di lobbying ancora oggi non è mai facile, come non lo era venticinque anni fa quando come FB&Associati iniziammo a operare su un mercato che muoveva i primi passi. Non lo è per quel persistente sentire comune, a volte alimentato anche dai media, che allude al malaffare affiancando noi lobbisti a faccendieri e, peggio ancora, a corruttori senza scrupoli intenti a inquinare il processo democratico. Sebbene nel tempo siano cambiate molte cose, è ancora scontato cadere in luoghi comuni e pregiudizi che, a onor del vero, non riguardano solo l’Italia ma che in Italia sono senza dubbio ancora molto (troppo) presenti.

La lobby è un’altra cosa ed è il mestiere più bello del mondo, capace di attirare tanti giovani, preparati e appassionati, e di fare realmente la differenza nel supportare le organizzazioni a vincere sfide sempre più complesse.

Per chi non ha dimestichezza con il lobbying dico con estrema trasparenza quello per cui i clienti – dalle grandi multinazionali alle aziende della tecnologia, del food o del pharma fino ad organizzazioni collettive di vario tipo – solitamente ci ingaggiano: aprire mercati alla concorrenza laddove ancora, anacronisticamente, risultano chiusi; innalzare gli standard tecnologici nei più disparati settori con la finalità di allinearci (sempre in ritardo ahimé) ai livelli europei e internazionali; liberare interi comparti produttivi e settori economici dall’eccessiva e, ancora una volta, anacronistica burocrazia; valorizzare competenze, di cui il nostro Paese è ricco, e diffondere best practice colmando i gap che ci allontanano dai vicini europei.

La nostra scelta, alla fine dello scorso anno, è stata quella di configurarci anche come società benefit. In via prioritaria abbiamo assunto l’obiettivo di essere in prima linea a supporto di quelle associazioni del Terzo settore che hanno come finalità il bene comune, perseguendo e rappresentando interessi diffusi e direttamente collegabili alla collettività, a cominciare dalle associazioni di pazienti, complice questa ormai lunga fase emergenziale che sta mettendo a dura prova i servizi sanitari regionali.

In un contesto politico-istituzionale sempre più frammentato e complesso, bisogna supportare quelle realtà non pienamente strutturate e che non sono nelle condizioni di poter prevedere l’utilizzo di professionisti esterni, assicurando loro gli strumenti funzionali a raggiungere un maggiore livello di conoscenza e consapevolezza nell’interlocuzione con il decisore pubblico per incidere, in maniera sempre più efficace, sul processo decisionale.

Questo è il nostro auspicio e la nostra determinazione per contribuire concretamente e attraverso quello che sappiamo fare meglio allo sviluppo e alla crescita del nostro Paese e alla creazione di valore aggiunto per contribuire ad un cambiamento oggi più che mai necessario.

 

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