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Biden corteggia i ‘nemici’ Venezuela e Arabia Saudita per il petrolio

La benzina è sicuramente costosa di questi tempi. Questa settimana negli Stati Uniti ha raggiunto il massimo storico di 4,17 dollari al gallone, prima che il presidente Joe Biden facesse il passo un tempo impensabile di vietare le importazioni di petrolio russo.

Una scelta davvero audace, basta pensare che Biden e i suoi alleati europei avevano scelto alla fine di febbraio di sanzionare quasi tutto tranne quello, anche dopo che Vladimir Putin aveva ordinato un’invasione su vasta scala dell’Ucraina. Ci sono voluti più di una settimana di combattimenti, e una ventilata minaccia nucleare da parte di Putin, prima che il presidente americano si decidesse a fare questo passo.

Le impennate dei prezzi del petrolio finora sono state solo il risultato del rischio di un embargo sul petrolio, ma ora che gli Stati Uniti lo hanno effettivamente fatto, i prezzi potrebbero aumentare ancora di più. Prima delle sanzioni, il petrolio russo rappresentava l’8% della fornitura globale e il 3% delle importazioni statunitensi. Sebbene questi numeri sembrino piccoli, hanno già portato a prezzi record della benzina negli Stati Uniti, che potrebbero potenzialmente superare una media di 5 dollari per gallone nel prossimo futuro. E per Biden, un mercato petrolifero turbolento è un incubo politico.

Mantenere bassi i prezzi della benzina è una delle priorità per lui e per i Democratici, soprattutto in vista delle fondamentali elezioni di medio termine di novembre. Per provare a farlo, sta contattando vecchi avversari, Venezuela e Arabia Saudita, riscrivendo di fatto gli anni più recenti delle relazioni internazionali. E la sua corsa per stabilizzare i prezzi del petrolio lo sta avvicinando a Paesi che una volta sperava di evitare.

“Sono sicuro che l’amministrazione Biden sta valutando ogni opzione per cercare di alleviare parte della pressione sul mercato”, ha detto a Fortune Victor McFarland, professore di storia all’Università del Missouri ed esperto di politiche energetiche del Medio Oriente e dell’Arabia Saudita. “Semplicemente non hanno buone opzioni per sostituire il petrolio russo”.

Strani compagni di strada

Secondo quanto riferito, una delegazione statunitense ha visitato Caracas, in Venezuela, durante il fine settimana per incontrare gli alti funzionari del governo e concludere un accordo per portare più petrolio greggio venezuelano sul mercato. È stata la visita di più alto livello in quel Paese da parte di funzionari del governo americano da anni. Gli Stati Uniti hanno interrotto tutte le relazioni diplomatiche con il Venezuela nel 2019 dopo aver accusato il presidente Nicolás Maduro di aver rubato un’elezione, di aver chiuso l’ambasciata americana nel Paese e aver imposto severe sanzioni. Ciò ha portato il Venezuela a un pesante default sul suo debito estero nel 2019.

Ma l’animosità tra Stati Uniti e Venezuela risale ad anni precedenti. L’ex presidente Barack Obama ha sanzionato i funzionari venezuelani nel 2015 dopo aver dichiarato il Paese una minaccia per la sicurezza nazionale. Le tensioni sono aumentate considerevolmente durante l’amministrazione Trump, dopo ulteriori sanzioni e un tentativo di colpo di Stato supportato da una squadra d’assalto anfibia che gli Stati Uniti negano avesse alcun legame con la Cia.

“È un mondo nuovo”, ha detto a Fortune Eric Farnsworth, vicepresidente del Council of the Americas/Americas Society, un forum di ricerca incentrato sullo sviluppo economico e sociale. “Mandare alti funzionari a Caracas per cercare di ottenere più petrolio da un leader che è sanzionato e sotto accusa  evidente rafforza la sensazione che l’aumento della fornitura di petrolio sia di enorme interesse in questo momento per gli Stati Uniti”.

È un fatto particolarmente degno di nota se si considera che la Casa Bianca ha criticato pubblicamente il Venezuela solo pochi giorni fa per la sua “erosione delle garanzie sui diritti umani”. Ma la visita sembra già aver ammorbidito le relazioni tra i due Paesi, poiché martedì il Venezuela ha rilasciato due cittadini americani incarcerati come apparente segno di buona volontà nei confronti degli Stati Uniti.

Secondo Axios, Biden sta anche ragionando sulla possibilità di effettuare una visita in primavera in Arabia Saudita per discutere dell’aumento della produzione di petrolio, nonostante nella sua campagna elettorale del 2019 avesse promesso di “fargliela pagare e renderli, in effetti, i paria che loro sono”. Il riferimento era a una serie di violazioni dei diritti umani da parte del Regno, incluso l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, un complotto confermato da fonti dell’intelligence statunitense che coinvolgeva il principe ereditario Muhammad bin Salman.

Biden ha tentato di contattare i reali sauditi da quando i prezzi dell’energia hanno iniziato a salire per discutere dell’aumento della produzione di petrolio, ma secondo il Wall Street Journal il principe ereditario sta respingendo le telefonate del presidente.

“C’erano delle aspettative per una telefonata, ma non c’è stata”, ha detto al Journal un funzionario statunitense ben informato. “Faceva parte del discorso sull’apertura del rubinetto del petrolio”.

La crisi determina il cambiamento

Gli esperti sono convinti che Biden non si sarebbe mai rivolto a questi regimi che ha pubblicamente ammonito in passato in circostanze normali, ma sottolineano che questi sono tempi disperati. “La crisi determina il cambiamento. Quando abbiamo una crisi economica ed energetica di questa portata, bisogna fare compromessi e cambiamenti che altrimenti non si farebbero”, dice Ben Cahill, ricercatore senior del programma di sicurezza energetica e cambiamento climatico presso il Center for strategic and international studies, un think tank focalizzato su questioni politiche, economiche e di sicurezza internazionale.

Tuttavia, è improbabile che un qualsiasi Paese sia in grado di colmare il buco determinato dal blocco delle importazioni russe. Il mercato petrolifero globale è agitato da settimane ormai. L’invasione dell’Ucraina ha già fatto salire i prezzi del petrolio ben al di sopra dei 100 dollari al barile, mentre le previsioni dicono che potrebbe raggiungere anche i 150-200 dollari.

Tuttavia, Farnsworth spiega di essere scettico sul fatto che il Venezuela sia in grado di compensare il contributo della Russia alla fornitura globale di petrolio, citando le carenze delle sue infrastrutture determinate da anni di difficoltà economiche e sanzioni statunitensi. “Affinché l’apporto venezuelano sia significativo tanto da influire sui prezzi della benzina negli Stati Uniti, ci vogliono anni e diversi miliardi di dollari di investimenti, cosa che non penso succederà”, ha detto Farnsworth.

Per diversi motivi, è anche improbabile che l’Arabia Saudita aumenti la sua produzione in tempi brevi. “Loro sono stati molto cauti nell’espandere la produzione. Penso che una delle ragioni principali sia che ricordano il brutale crollo dei prezzi di inizio 2020 causato dalla pandemia, quindi non vogliono rischiare di aumentare i volumi troppo rapidamente”, osserva McFarland.

Quindi, se Biden si rivolge a regimi che ha criticato in passato per violazioni dei diritti umani, ma questi produttori di petrolio non sono disposti o non sono in grado di aumentare la produzione di petrolio, perché lo sta facendo?

Alleanze (anche) per altri fini

Alcuni esperti pensano che le aperture di Biden nei confronti del Venezuela e dell’Arabia Saudita siano molto di più che un modo per aumentare la fornitura di petrolio. Natasha Hall, una ricercatrice senior specializzata in politica mediorientale presso il Center for strategic and international studies, ritiene che costruire relazioni con quei Paesi possa avvantaggiare Biden se ciò significa allontanarli dalla sfera di influenza di Cina e Russia.

“Se gli Stati Uniti rafforzano il rapporto con gli Stati del Golfo, ciò può alleviare le preoccupazioni che alleati come il Giappone, la Corea del Sud e altri Paesi dell’Asia orientale hanno rispetto al fatto che la Cina possa monopolizzare queste relazioni in futuro”, osserva.

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro è un alleato di lunga data di Putin. L’Arabia Saudita ha anche profondi legami con la Russia, essendo i primi due Paesi produttori di petrolio dell’Opec. Sarebbe nell’interesse di Biden erodere quelle relazioni mentre crescono le tensioni tra Russia e Occidente.

Hall ritiene anche che relazioni più forti con questi Paesi potrebbero rendere più facile tenere sotto controllo le ingiustizie sociali. “Se hai un rapporto più stretto con questi regimi, allora forse hai una leva maggiore per chiedere il rispetto dei diritti umani”, sostiene. Altri esperti sostengono che la mossa di Biden di impegnarsi con altri produttori di petrolio in tutto il mondo sia principalmente volta a migliorare la sua immagine in vista delle elezioni del prossimo novembre, poiché l’inflazione e gli alti prezzi dell’energia stanno causando un duro colpo ai Democratici.

“È una buona politica mostrare al pubblico americano che l’amministrazione sta spingendo su tutti i fronti”, afferma Farnsworth, aggiungendo che un’opzione migliore sarebbe che Biden si rivolgesse pubblicamente a nazioni più amiche per chiedere una maggiore produzione di petrolio, come il Canada e il Messico. “Sono entrambi produttori di petrolio e non soggetti a sanzioni. Sono Paesi democratici. Potrebbero produrre di più in un tempo più breve di quanto ci vorrebbe per un paese come il Venezuela”, dichiara.

Tuttavia, non c’è alcuna indicazione che Biden, almeno fino a mercoledì, abbia contattato uno di questi due Paesi, sebbene i funzionari del governo canadese abbiano pubblicamente affermato che sarebbero stati aperti a una revisione dei piani per il Keystone XL, un oleodotto molto controverso che collega gli Stati Uniti alle sabbie bituminose del Canada, progetto che Biden cancellato la scorsa estate per motivi ambientali e sociali.

A parte i giochi internazionali, Cahill sostiene che l’obiettivo principale di Biden dovrebbe essere quello di costruire la sicurezza energetica e ridurre la dipendenza da eventuali paesi stranieri aumentando la produzione interna di petrolio e investendo in energia pulita.

Tuttavia, è probabile che il mondo occidentale sarà gravato da prezzi elevati della benzina per un po’, e Biden potrebbe dover bussare a più porte contemporaneamente per mantenerli più bassi possibile e allo stesso tempo mantenere vive le prospettive del suo partito. Se ciò significa scendere a compromessi sulle violazioni dei diritti umani e sulle differenze ideologiche lungo il percorso, evidentemente è qualcosa che l’amministrazione è disposta a fare. “E’ difficile essere giusti di fronte a una tale insicurezza energetica”, osserva Hall.

L’articolo originale è su Fortune.com

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