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L’AI al servizio della formazione e dell’impresa

intelligenza artificiale

Animare il dibattito e ampliare la comprensione del fenomeno intelligenza artificiale. Con questa finalità è stato concepito il ciclo di eventi ‘Innovation and AI’, organizzato da Fortune Italia, insieme all’Intergruppo parlamentare Intelligenza artificiale. La Ca’ Foscari di Venezia ha ospitato il secondo appuntamento, dedicato al tema AI: ‘Dalla formazione all’impresa’. “Il micro tour voluto da Fortune Italia è partito da Roma, raggiungerà Cosenza e si concluderà a Milano il 2 maggio dopo la tappa torinese del 12 aprile all’interno di un incontro più ampio in cui si parlerà di innovazione”, spiega Emanuele Bevilacqua, direttore di Fortune Italia e moderatore della giornata veneziana. “I bambini di oggi non si ricorderanno il mondo senza digital, e dobbiamo quindi spingere affinché le scelte operate siano strategiche e utili a prepararli per quel futuro. L’AI va concepita come strumento dell’agire, non solo come intelligenza, ed è quindi necessario valutare le buone e le cattive pratiche per capire quali siano realmente percorribili”.

Le aziende sono particolarmente sensibili al tema dell’AI, percepito come asset importante per le imprese. Le Big4 evidenziano come si investa il 10% in algoritmi, 20% su tecnologie e 70% nell’implementazione delle tecnologie all’interno dell’organizzazione e dei processi. Più di metà degli investimenti va nella direzione delle risorse umane, ed è quindi utile valutare quali competenze debba possedere un professionista che opera nell’era della AI.

L’Europa sta lavorando a un regolamento che verrà applicato direttamente in tutti gli stati membri. “L’obiettivo dell’Intergruppo parlamentare non è quindi quello di fare una legge sull’intelligenza artificiale” specifica l’onorevole Alessandro Fusacchia, coordinatore dell’Intergruppo parlamentare AI e moderatore dell’evento. “Puntiamo infatti a una proposta di riforma costituzionale, che salvaguardi un diritto, e preveda che la decisione resti in capo all’uomo, suo il controllo e la responsabilità relativa alle azioni compiute dall’AI. Altro obiettivo fondamentale è quello di facilitare l’alfabetizzazione da parte di tutti i cittadini rispetto a questi temi, a partire proprio dalle scuole”.

Sul tema della formazione, l’intervento di Emilio Carelli, membro della commissione scuola alla Camera: “Siamo convinti che l’intelligenza artificiale possa aprire nuovi scenari per le pratiche didattiche, per la formazione finalizzata all’inserimento nel mondo lavoro, a patto che l’AI venga intesa come risorsa per migliorare la qualità dell’istruzione, mantenendo principi etici condivisi. Una componente fondamentale nel passaggio delle competenze fra docente e alunno è data dalla presenza fisica del docente, insostituibile e utile a sviluppare il pensiero creativo. Andiamo verso una proposta formativa personalizzata e in quest’ottica i contenuti saranno orientati alle competenze personali e profilati con AI. La pandemia ha fatto registrare una accelerazione nell’utilizzo della tecnologia applicata a supporto dell’istituzione scolastica”.

Anche per la parte meccanica del processo di insegnamento, infatti da anni le università si avvalgono dell’intelligenza artificiale per la valutazione di test a risposta multipla. Esiste comunque una domanda crescente, nei confronti della scuola, affinché prepari gli studenti ai rapidi cambiamenti economici, ai posti di lavoro e tecnologie non ancora inventati e a risolvere problemi sociali che in passato non esistevano. “Ritengo – continua Carelli – che a questo punto l’utilizzo dell’AI nell’istruzione non debba solo fornire uno strumento, ma una nuova visione della realtà, familiarizzare con AI ed i suoi principi basilari fin dai primi anni di scuola sarà indispensabile”.

Secondo i dati Ocse, I bambini che oggi hanno 5 anni trascorreranno la loro vita lavorativa in un mondo trasformato dalle tecnologie, che posseggano o meno le competenze adeguate a quel futuro, le loro competenze dipenderanno da come sapremo disegnare oggi i sistemi scolastici. L’ambizione è riprogettare i programmi scolastici perché comprendano lo studio dell’AI, e sarà indispensabile prevedere investimenti per l’aggiornamento degli insegnanti.

E’ necessario cominciare a lavorare sui leader di domani, ma senza distrarci rispetto al presente perché c’è tanto da fare, l’Italia è indietro rispetto a visione ed all’applicazione dei programmi.

La tecnologia va intesa a 360°, non trascurando approcci più soft come quello offerto dal community design, che studia l’adattamento dei sistemi alle tecnologie imposte. L’AI è creatività e nuovi formati e va sviluppato un approccio che ci consenta di aggirare la componente di diffidenza legata alla tecnologia pura.

Il modello cinese rispetto all’utilizzo dell’AI nelle scuole si basa sulla raccolta di dati relativi agli strumenti, da come reagiscono agli stimoli, al numero di clic, i dati vengono poi aggregati e applicati al sistema adattivo di apprendimento. In Cina sono gli stessi genitori che chiedono alle scuole di utilizzare questo sistema, che loro pensano renda gli studenti effettivamente più bravi. Questo modello però non è completamente adattabile al contesto scolastico occidentale, che punta alla tutela dei dati personali, e non si presta alla perdita del controllo dei dati.

Nell’affrontare il confronto con la tecnologia è importante anche considerare l’approccio dell’interaction design, che progetta il mondo in cui le persone interagiscono con la tecnologia. Semplificare è il concetto chiave per Massimo Banzi che, con Arduino, ha creato uno strumento straordinario di tecnologia accessibile. “Ho imparato l’elettronica da bambino, con un kit della Brown, con un circuito di cubetti da assemblare. Forse per questo oggi mi interessa il tema di prendere un argomento complesso e svilupparlo in maniera semplice. Arduino è nato come strumento educativo, a distanza di anni è utilizzato come strumento di innovazione dalle pmi che non hanno magari il budget per assumere un esperto di AI e quindi puntano a ‘inventarsi qualcosa’ da soli”.

Parliamo di ‘tiny machine lerning’, ovvero un pc che costa 30 euro e si può alimentare con una batteria, consuma poca energia, contiene il minimo della tecnologia necessaria, è rispettosa della privacy perché i dati vivono solo nello strumento. Per fornire l’accesso alle tecnologie a pubblici sempre più vasti, bisogna lavorare sulla semplificazione dei concetti complessi. “Un progetto che abbiamo sviluppato con i bambini, Costa Rica, puntava a realizzare uno strumento che mettesse i Lego in ordine per colore. Era semplicemente l’escamotage per far capire ai bambini il principio che si può insegnare ad un algoritmo a fare quello che vogliamo che faccia. I bambini rispondono poi, anche facendo algoritmi complessi, perché gli veniva raccontato nel modo giusto”. Questo tipo di approccio, basato sulla tecnologia creata da Banzi, è stato alla base anche di un corso online proposto dall’Università di Harvard.

Ma c’è qualcosa che l’AI non sa fare? E’ la domanda di Emanuele Bevilacqua a Carlo Bagnoli, a conclusione dell’incontro. E la risposta è che l’intelligenza artificiale, al momento, sembra incapace di sviluppare l’intuizione introversa, quella capacità cognitiva che dà visione, che alimenta l’inconscio collettivo e gli archetipi, e che resta quindi, diremmo per fortuna, appannaggio unico del decisore umano.

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