Cerca
Close this search box.

La ragnatela che blocca la cooperazione

cooperazione

L’Agenzia governativa Aics si è conquistata riconoscimenti e spazi presso l’Unione europea. Ma ritardi e intoppi consegnano un quadro con qualche ombra di troppo. Come certifica la Corte dei conti. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022.

Le uniche buone notizie vengono da Tirana. Lì, nel 2020, la sede dell’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo si è conquistata, su mandato dell’Europa, la gestione di un intervento nel parco archeologico di Byllis. L’idea: farne una Pompei albanese avviando un processo di sostenibilità tecnica e finanziaria dell’area archeologica nonché di sviluppo dell’intera economia delle comunità rurali. Un bel riconoscimento da parte dell’Unione europea presso cui l’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo si è conquistata spazi e riconoscimenti come operatore delegato. Per il resto, a leggere le oltre cento pagine della delibera della Corte dei conti, approvate a gennaio, sull’ultimo bilancio dell’agenzia alle dipendenze del ministero degli Affari esteri (affidata alla supervisione del viceministro Marina Sereni e alla direzione del diplomatico di lungo corso Luca Maestripieri) emergono più ombre che luci.

La politica ha imbrigliato l’Aics in procedure ragnatela. Tanto che la programmazione delle attività, per i ritardi nella definizione delle linee di indirizzo, si trasforma, quasi, in un consuntivo. Sono state previste modalità operative che disincentivano il “coinvestimento dei privati”, con limiti ai finanziamenti, accompagnate da poche verifiche di congruità dei progetti. Le rendicontazioni – che spettano ai ministeri coinvolti nei finanziamenti – così come la programmazione, che arrivano a babbo morto. Dopo sei anni (ideata nel 2014 è entrata nella fase operativa nel 2016) l’Aics non è riuscita neanche a dotarsi di un sistema informatico per la gestione elettronica delle forniture e lo stato di avanzamento dei progetti o anche solo completare l’organico. E questo a dispetto del suo status di Agenzia che le ha concesso una natura amministrativa snella rispetto a una direzione ministeriale.

A prima vista, il bilancio dell’Aics sembra quello di un gigante da oltre 5 mld di euro l’anno. In realtà, la gran parte di questi fondi è solo di passaggio e destinata al finanziamento della partecipazione italiana alle organizzazioni mondiali ed europee di cooperazione internazionale, che viene riassunto sotto il titolo di iniziative multilaterali: i fondi per l’Onu e le sue dipendenze, la Fao, e anche la Cooperazione dell’Unione europea. Questi enti sovranazionali assorbono il 90% dei 5,3 mld, milione più milione meno: nel bilancio dell’Aics, ricorda il magistrato Giancarlo Antonio Di Lecce, rimangono all’incirca 520 mln.

Procedure incomprensibili. Con questi, oltre a pagare stipendi e spese di funzionamento per circa una quarantina di milioni l’anno, l’Agenzia dovrebbe organizzare i progetti che vanno sotto il cappello del cosiddetto canale bilaterale, “le iniziative connotate da un rapporto diretto tra il Paese donante e il Paese beneficiario”. I beneficiari sono i Paesi di interesse della nostra politica estera e sono indicati nel Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, il cui aggiornamento annuale dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri entro il 31 marzo di ogni anno. E qui cominciano i guai.

L’appuntamento, si legge nella delibera, è costantemente “disatteso” e, forse, non potrebbe essere altrimenti: la procedura dettata dalla legge prevede infatti 47 interventi prima della delibera dei Consiglio dei ministri: fra gli altri, il concerto con il ministero dell’Economia, il parere delle commissioni parlamentari, l’approvazione della bozza da parte del comitato interministeriale Cooperazione e sviluppo, l’intervento della Conferenza unificata e del Consiglio nazionale della cooperazione allo sviluppo.

Le lungaggini della programmazione si riverberano sull’elaborazione del cosiddetto “decreto missioni” che definisce gli interventi dell’anno, ma “tale meccanismo genera un consistente sfasamento temporale tra l’acquisizione delle risorse finanziarie e il loro impiego”.

Servirebbe, scrive sconsolato il magistrato, uno snellimento della procedura e una struttura tecnica dedicata alla sua composizione che curasse anche la Relazione annuale sulle attività di cooperazione allo sviluppo realizzate nell’anno precedente e sui risultati conseguiti. La pubblicazione è ferma al 2019.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

Leggi anche

Ultima ora

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.