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Del Brocco (Rai Cinema): ‘180 giorni per dare valore al film in sala’

All’indomani della cerimonia dei David di Donatello che ha visto trionfare il film prodotto da Netflix, È stata la mano di Dio diretto da Paolo Sorrentino (miglior Film e miglior Regia), l’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco commenta con Fortune Italia lo stato di difficoltà delle sale cinematografiche.

Nei giorni scorsi lo stesso Del Brocco insieme all’Ad di Medusa Film, Giampaolo Letta, ha stilato un appello indirizzato al Governo dove – nei vari punti – viene evidenziata una finestra temporale di 180 giorni dall’uscita in sala allo sbarco su piattaforma. Una sorta di ‘modello francese’ (anche se Oltralpe le window sono lunghe un anno e mezzo), per cercare di salvaguardare e valorizzare la visione su grande schermo.

I numeri sono impietosi: nel 2021 la sala cinematografica ha staccato solo 25 milioni di biglietti a fronte dei 100 milioni del 2019. Unico Paese in Europa, l’Italia, in cui il 2021 è andato peggio del 2020.
Qui la conversazione integrale sulla nostra pagina Instagram.

Del Brocco, ha avuto modo di confrontarsi con il ministro Dario Franceschini?

Ancora no, ci siamo incontrati durante la cerimonia e abbiamo fissato un appuntamento che avverrà a breve. L’appello dei giorni scorsi era necessario: Giampaolo Letta e io siamo due manager dell’industria dell’audiovisivo e siamo interessati affinché il mercato possa riprendere. Le nostre proposte nascono dopo un confronto con produttori e distributori, ci abbiamo messo la faccia per dare un segnale forte. L’azione del governo, in questi due anni, c’è stata. Ma ora la questione riguarda le finestre di sfruttamento di un film dalla sala alla piattaforma. C’è un dato oggettivo: con questa deregulation e con le finestre corte, il film in sala è penalizzato. Non significa che, con tempi di permanenza in sala più lunghi, i cinema torneranno subito a riempirsi, ma sicuramente se una persona sa che il film arriva prima sulla piattaforma tende ad aspettarlo lì.

Punti di vista, direbbe qualcuno.

Ci sono forze che contrastano questo punto di vista legittimamente, perché ognuno fa il suo business, ognuno fa le sue valutazioni. Le major americane e le piattaforme, investendo tanto, vogliono farsi le regole da soli, ma noi vogliamo difendere il cinema in sala e come servizio pubblico sento ancora di più l’esigenza di dover portare avanti questa ‘battaglia’.

Lo star system e la percezione del valore acquisito.

Anche i talent, attori e registi, non si rendono conto. Le piattaforme non sono il diavolo, sono importanti per concedere una lunghissima coda e vita al film. La possibilità di avere titoli del passato e di library a disposizione è una cosa molto buona, c’è più contatto con il cinema mentre prima era più difficile trovare tutta questa offerta. C’è un problema di promozione però: festival, interviste, conferenze, sono quasi più lunghe della permanenza di un film in sala. Questa eco aiuta il film ad arrivare al pubblico. Con le piattaforme questo non accade, se non raramente. Arriva una massa di prodotto che, di fatto, annulla lo star system e non genera curiosità nello spettatore. Nelle ultime settimane ci sono stati circa 17 film usciti in sala solo pochi giorni e poi approdati online, sfido chiunque a ricordare chi fossero gli attori, i registi e i produttori, per non parlare della trama. Secondo me tutto questo è un male.

La sala valorizza il prodotto.

Assolutamente sì. Il film con il passaggio sul grande schermo, oltre all’incasso, decreta un valore. Si genera un passaparola che poi lo streaming può beneficare e sfruttare.

Soddisfatto della cerimonia dei David di Donatello, una spartizione solo appannaggio di pochi titoli?

No, credo che nomination e premi abbiano riflettuto la stagione di riferimento. Annate in cui film più ‘importanti’ polarizzano e fanno da asso piglia tutto ci sono, ma non mi pare sia stato questo, dove invece sono stati premiati i giovani interpreti di A Chiara e Qui Rido Io, Swamy Rotolo e Eduardo Scarpetta, e poi altre sorprese: significa che c’è stata un’attenzione profonda anche per titoli ‘di nicchia’. Di solito chi prende il miglior Film prende numerosi David: Sorrentino ne ha presi 5 e la suddivisione mi sembra piuttosto equa anche se ognuno ha il suo preferito. Come Rai Cinema siamo molto soddisfatti, il fatto che sia stato riconosciuto Freaks Out come produzione è importante per l’impegno, altra impresa produttiva è stata Diabolik.

Su quali titoli state lavorando ora?

È in uscita Settembre, un bellissimo film di grande qualità, un’opera prima ‘con i muscoli’ di Giulia Louise Steigerwalt. Ci sarà il film di Gianni Amelio, Io Capitano di Matteo Garrone sta ultimando le riprese, Nanni Moretti sta girando il suo nuovo film, avremo il Casanova di Gabriele Salvatores, il nuovo lavoro di Marco Bellocchio e decine di altri. Abbiamo ultimato le riprese di Diabolik 2 e 3. Penso che la qualità dei film di alta fascia sia migliorata molto, lo notiamo anche dalle cinquine dei David, tutti titoli di qualità, pensiamo ad Ariaferma, film ‘perfetto’ amato dalla critica e dal pubblico che ha valso a Silvio Orlando il David come miglior attore al cospetto di illustri colleghi.

Manca però un buon prodotto medio che possa riavvicinare le masse.

Sì, purtroppo è così. Da un punto di vista editoriale bisogna lavorare molto, perché poi la grande quantità del pubblico sta in quella fascia lì.

La stagione primaverile-estiva darà una mano alla sala o se ne riparla in autunno?

La nostra politica è quella di continuare a dare film alla sala, senza sosta, con uscite costanti. Tutti titoli di qualità, compresi il thriller Secret Team 355 con il premio Oscar Jessica Chastain, American Night diretto da Alessio J. Della Valle dal cast internazionale e altri durante l’estate. La nostra politica è quella di tenere il fuoco acceso e il filo con le sale: non possiamo staccare e rivederci a ottobre, altrimenti ci ritroveremmo in situazioni ancora peggiori. Abbiamo messo in sala Pieraccioni a fine aprile, un film che rispetto ai tempi sta andando bene, certo senza poter essere paragonato al prepandemia. Con Luigi Lonigro, direttore di 01 (il ramo distributivo di Rai Cinema, ndr), stiamo cercando di tenere la barra dritta, mettendo film, promuovendoli, per tenere alta l’attenzione. È vero, l’autunno sarà decisivo, ma io penso una cosa…

Dica…

Chi ama il cinema deve insistere: non possiamo abbandonarlo. Anche qualora, con tutti gli scongiuri del mondo, l’autunno non fosse di enorme ripresa, dobbiamo tutti continuare a remare nella stessa direzione: fare bei film e metterli in sala. Questa maledetta pandemia prima o poi finirà, ora per fortuna la percezione è diversa. Io penso che, piano piano, il pubblico tornerà. Anche perché credo che questa sia la transizione. Ci siamo abbuffati di piattaforme ma forse ci siamo riscoperti più soli, ognuno nella sua stanza con il proprio dispositivo a vedere una cosa diversa. Chiunque mi dice che, per scegliere una cosa da vedere, spreca moltissimo tempo, e alla fine non vede niente o qualcosa di cui è poco informato e che non piace. Questo mi dà un senso si speranza: al cinema sai cosa scegli, online paradossalmente no, con tutto il rispetto per le piattaforme.

Bisogna rimettere la sala al centro del villaggio.

Sì, oggi viviamo una contrapposizione tra grande schermo e streaming. Se i colossi online e le major capissero che può essere un vantaggio anche per loro avere una finestra più lunga, porterà un vantaggio per tutti. Entità diverse ma complementari per una torta che si possa allargare, mentre qui stiamo rosicchiando le stesse fette e la torta si restringe. Dobbiamo guardare al di là della nostra punta del naso, altrimenti ci rimetterebbero tutti, compreso il cinema italiano che subirebbe un danno perché se ne produrrebbe meno. Conto sull’intelligenza e sulla comprensione del mondo in cui ci troviamo. Il tax credit? Deve per forza premiare chi sceglie di rischiare e passare per la sala cinematografica, ma con un’uscita vera, non finta di tre giorni. In Francia hanno raggiunto l’accordo sui 15 mesi, una concessione rispetto ai 36 mesi precedenti. A fronte di ciò, Netflix e le altre si sono anche impegnate a coprodurre il cinema francese sostenendo la permanenza in sala. Il buon senso di tutti deve portarci ad una complementarietà.

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