NF24
Cerca
Close this search box.

Aerospazio, Crosetto (Aiad): ‘Dobbiamo scegliere su cosa investire’

Guido Crosetto (AIAD)

Intervista a Guido Crosetto, Presidente dell’Aiad, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio e la Difesa

I costi proibitivi per accaparrarsi le risorse energetiche, la guerra russo ucraina che genera pesanti difficoltà a reperire le materie prime sui mercati internazionali, la pandemia sociale che segue quella sanitaria. L’Italia è tra le potenze economiche occidentali maggiormente esposte in questa difficile congiuntura internazionale. Ne abbiamo discusso con Guido Crosetto, tra i fondatori di Fdi assieme a Giorgia Meloni, già deputato e sottosegretario di governo ma soprattutto un imprenditore con importanti responsabilità nel settore della Difesa e dell’Aerospazio, comparto dell’economia italiana che fattura 16 miliardi di euro annui e dà occupazione a 50 mila addetti più altri 150mila nell’indotto. Crosetto, intervistato da Fortune Italia, non ha difficoltà a dire che “in questo momento nel Paese c’è chi rischia di morire di fame, bisogna aiutare quelle aziende che rischiano di chiudere per via del caro energia. É un momento difficile, forse il peggiore dal dopoguerra”.

La versione completa di questo articolo sarà in edicola nel prossimo numero di Fortune Italia.

Siete qui perché avete bisogno di un titolo di giornale? Vi serve uno slogan?” Guido Crosetto, 58 anni, cuneese, imprenditore, deputato per tre legislature, sottosegretario alla Difesa nell’ultimo Governo Berlusconi, è un provocatore schietto, incapace di dissimulare pensieri o propositi. I temi che gli stanno a cuore sono “il recupero della sovranità tecnologica e produttiva”. Ma anche, spiega, “intelligenza artificiale, innovazione digitale, blockchain, ricerca, sviluppo, creazione di posti di lavoro”. Tutto quello che serve per restituire competitività sui mercati internazionali ad una industria manifatturiera italiana che arranca. Crosetto ha una smodata passione politica ma non ama l’ortodossia e la liturgia della politica politicante romana. Il 18 settembre del 2011 votò per disciplina di partito la fiducia a Mario Monti ma nel 2012 lasciò Forza Italia “perché non ne potevo più della politica di Monti e Tremonti”. Con Giorgia Meloni ha fondato Fratelli d’Italia, un partito che dieci anni fa valeva poco più del 3% e oggi è accreditato da molti sondaggisti di un consenso superiore al 20%. Nel 2018 è stato rieletto in Parlamento, ma si è dimesso subito. Ha preferito l’impegno di presidente dell’Aiad, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio e la Difesa. Parliamo di un comparto dell’industria italiana che fattura 16 miliardi di euro, versa al Fisco oltre 5 miliardi, dà occupazione direttamente a 50 mila addetti, altri 150 mila lavoratori arrivano dall’indotto.

Quando ci ha accolto nel suo ufficio romano in via Nazionale con un sorriso sornione e una domanda-provocazione gli abbiamo detto che non vogliamo slogan, ci servono ragionamenti. Vogliamo parlare di difesa, aerospazio, industria italiana, lavoro, difficoltà a reperire materie prime a buon mercato, costi dellenergia decuplicati, ripresa economica post pandemia, il conflitto in Ucraina… 

Non amo gli slogan ad uso e consumo dei giornali, mi tengo alla larga da quei politici che parlano di se stessi e negano l’essenza stessa della politica, cioè studiare, analizzare situazioni, parlare alla gente di soluzioni per cambiare, innovare, costruire un futuro diverso dal declino e dalla decrescita che abbiamo imboccato e che tra qualche mese ci può portare al disastro economico e sociale. Da troppo tempo la politica italiana è impegnata a pensare alle prossime elezioni piuttosto che a mettere in sicurezza il futuro delle future generazioni.

Cominciamo dal conflitto in Ucraina e dallintervento della Nato in soccorso di Kiev. 

La Nato ha fatto tutto quel che poteva tranne, ovviamente, un ingresso diretto in guerra. E questo credo sia sufficiente. Usa e Gran Bretagna hanno fornito armi di alto livello tecnologico agli ucraini. Grazie a queste armi han resistito e persino contrattaccato l’esercito russo che è il secondo al mondo. L’altra arma di pressione per costringere la Russia a cessare le ostilità e fermare questa catastrofe è l’utilizzo di sanzioni economiche della comunità internazionale. Escludere il gas da queste sanzioni credo sia stato giusto. La dipendenza energetica di alcuni importanti paesi come Italia, Germania e Spagna dalla Russia avrebbe effetti dirompenti sulle loro economie.

La guerra in atto sta spingendo molti stati ad adeguare i loro sistemi di difesa. Gli Stati Uniti che investono già centinaia di miliardi di dollari chiedono ai paesi Nato di aumentare il loro contributo e portarlo al 2% del Pil nazionale. Secondo lei sono risorse sufficienti per avere un sistema difensivo efficiente?

Un conto è impiegare il 2% del prodotto interno lordo riunito sotto un’unica amministrazione, altro è avere il 2% europeo diviso per 27 paesi che utilizzano 27 sistemi d’arma differenti. Non c’è paragone con gli Usa che di fatto investono già 800 miliardi di dollari l’anno per la difesa. Il problema dell’Europa è sempre lo stesso: armonizzare le industrie di tutti i paesi. Una missione quasi impossibile. Le faccio un esempio: gli Stati Uniti realizzano due carri armati, in Europa ne costruiamo 20 diversi. Dunque i paesi dell’Europa investono in ricerca e tecnologia su tanti progetti diversi. Occorre armonizzare procedure di  acquisto, organizzazioni burocratiche, industrie e questo lavoro richiede decenni se partiamo subito.Tanto per capirci se io da 10 aerei da combattimento che realizzo in Europa ne voglio costruire solo uno, quello che reputo il migliore, che cosa ne faccio delle altre 9 aziende? Le chiudo? Il tema della difesa europea, di un’unica industria dell’armamento europeo, è serio e richiede tempo, almeno venti anni.

Quindi è scettico anche sullesercito comune europeo?

Anche questo è uno slogan. Noi italiani pensiamo che basti dire quella parola perché si trasformi in realtà. Non è così. Se fosse un progetto serio, concreto, significherebbe mettere assieme 27 organizzazioni militari burocratiche diverse, stratificate per formazione, per gradi, per modalità di risposta di difesa, di attacco. Dovremmo partire oggi per vederlo realizzato tra decenni. Forse.

Dal suo osservatorio privilegiato di presidente dellAiad, ci può dire qual è lo stato di salute dellindustria della difesa italiana?

È buono ma non ottimo. Viviamo ancora degli investimenti tecnologici fatti negli anni precedenti. Avremmo necessità di migliorare quantità e qualità degli investimenti per rimanere competitivi. Le faccio un esempio. Lo sviluppo del caccia da combattimento F35, progettato più di 20 anni fa, ha alle spalle quasi 400 miliardi di dollari di investimenti solo per ricerca tecnologica. Per cui il tema è la nostra dimensione. L’Italia ha ancora elevati contenuti tecnologici in alcune aree come il navale, l’elicotteristico e alcune parti dell’elettronica. Su altri settori, ad esempio l’aeronautica, stiamo perdendo invece quella condizione di superiorità tecnologica che avevamo fino a qualche anno fa. Perché la soglia degli investimenti è troppo alta e non abbiamo risorse per affrontare questa sfida. Occorre dunque scegliere progetti da preservare e implementare nei prossimi anni.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.