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Crescita: Moody’s taglia le stime, ma per ora niente recessione. Italia al 2,3%

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L’aggiornamento al ribasso delle stime di crescita mondiali, e italiane, continua. Nel caso specifico, è l’agenzia di rating Moody’s a pronunciarsi, nel suo Global macro outlook 2022-2023. Se prima per l’Italia prevedeva una crescita del 3,2% nel 2022, adesso scendiamo al 2,3%. Quasi un intero punto percentuale in meno, insomma, mentre il prossimo anno il nostro Paese dovrebbe limitare la ripresa a un +1,7% (dal 2,1% precedente).

Moody’s ha anche abbassato le proiezioni di crescita globale: l’invasione russa dell’Ucraina e il blocco della pandemia in Cina si aggiungono agli shock della supply chain iniziati nel 2020, e alimentano l’inflazione. Le economie avanzate cresceranno del 2,6% nel 2022 e quelle dei mercati emergenti cresceranno del 3,8%, in calo rispetto alle precedenti previsioni di Moody’s, che corrispondevano rispettivamente a 3,2% e 4,2%. Anche le previsioni per i Paesi G20 scendono, dal 3,6 al 3,1%.

I rischi che potrebbero ridurre ulteriormente le previsioni, dice l’agenzia, e includono un’escalation del conflitto militare Russia-Ucraina e un rallentamento della crescita cinese più rapido del previsto.

Per ora, l’agenzia rassicura su un eventuale rischio recessione, sul quale si è cominciato a discutere negli ultimi mesi: “Ad eccezione della Russia, al momento non ci aspettiamo una recessione in nessun paese del G-20 nel 2022 o nel 2023”, ha dichiarato Madhavi Bokil, Senior Vice President/CSR di Moody’s. “Tuttavia, ci sono molteplici rischi che potrebbero minare ulteriormente le prospettive economiche, tra cui un’ulteriore pressione al rialzo sui prezzi delle materie prime, interruzioni della catena di approvvigionamento di lunga durata o un rallentamento maggiore del previsto in Cina”.

Un monito alle banche centrali però c’è: “Una stretta monetaria aggressiva potrebbe anche diventare un catalizzatore per una recessione”. I prossimi mesi, dice Moody’s, saranno critici: nel complesso, se l’economia globale resisterà, il percorso di crescita potrebbe diventare più sostenibile nel prossimo anno.

Le stime sull’Italia

Per l’Italia in particolare, l’agenzia individua come problema principale il potere d’acquisto delle famiglie, parlando di contrazione dei redditi, provocata dalla crescita dell’inflazione: nel 2022 la crescita dei prezzi dovrebbe toccare il 6% per poi scendere il prossimo anno al 2,3%. Le conseguenze? “Una contrazione dei consumi privati nel trimestre in corso e una ripresa della crescita al di sotto del potenziale nella seconda metà dell’anno” per via della “consistente pressione sul potere d’acquisto delle famiglie”.

Il principale motore di crescita italiano secondo Moody’s sarà “la spesa in conto capitale”, grazie ai fondi del Next Generation EU, con una disoccupazione vista in leggero calo dal 9,5% del 2021 all’8,8% quest’anno.

Per il prossimo anno Moody’s vede per l’Italia una crescita ancora più debole. Sarà dell’1,7% contro il +2,6% della Germania (che per il 2022 ha visto confermato un Pil a +1,8%).

L’agenzia ha anche abbassato le previsioni di crescita per il 2022 per la Francia (al 2,2%) e ha rivisto al ribasso le stime 2023 per il Regno Unito all’1,0% dall’1,4%.

Inflazione vs incentivi

Moody’s spiega di credere in un calo dell’inflazione nel corso di quest’anno e del prossimo, ma con tassi molto elevati che potrebbero persistere per molti mesi, a causa degli elevati prezzi dell’energia e dei generi alimentari e delle problematiche sulla catena di forniture dalla Cina.

“In Europa le famiglie devono fare i conti con una prolungata compressione del reddito reale ed è improbabile che l’impatto dei pacchetti di sostegno del governo, inclusi sconti energetici, assistenza al reddito e riduzioni dell’imposta sul valore aggiunto, attenuerà completamente gli effetti dell’elevata inflazione”, scrive Moody’s.

“Le economie europee – si sottolinea nel rapporto – sono anche le più esposte all’aggravarsi del conflitto Russia-Ucraina. I tagli alla fornitura di gas naturale costringerebbero a un razionamento dell’energia tra i settori, facendo precipitare l’economia dell’area in una recessione”.

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