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Golf, calcio, motori, anche wrestling: l’impero saudita dello sport

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Tiger Woods ha saputo rinunciare all’offerta da un miliardo di dollari. Ma se il golfista più famoso di sempre, già nel club dei miliardari da qualche anno, si è negato, altri golfisti top a livello mondiale hanno deciso di accettare la corte e i soldi del principe Mohammed Bin Salman, uno dei signori dell’Arabia Saudita, che arriva a produrre ogni giorno circa il 10% del fabbisogno mondiale di petrolio.

Da qualche giorno è nata la Superlega del green, il LIV Golf, un circuito alternativo del golf mondiale a quello conosciuto, il Pga Tour. Il primo evento il 9 giugno a Londra con montepremi da 25 milioni di dollari. Hanno aderito alla nuova e facoltosa creatura alcuni totem del green come Dustin Johnson, Phil Mickelson, che assieme ad altri 15 colleghi meno noti sono stati immediatamente sospesi dal Pga Tour.

La stessa sorte che capiterà ai professionisti che sceglieranno il circuito arabo nelle prossime settimane. Ai più forti del circuito sono state garantite cifre folli, quasi 100 milioni di dollari per Mickelson per scegliere il LIV Golf, oltre 120 milioni per Bryson De Chambeau, vincitore dello Us Open nel 2020.

Un progetto milionario, che a differenza della Superlega del calcio voluta da Real Madrid, Barcellona e Juventus, non è fallito in poche ore.

Anzi, LIV Golf è solido, va avanti. Così come va avanti il disegno saudita: investire miliardi di dollari su eventi sportivi mondiali. Non solo calcio, ma anche golf appunto, F1, ippica, esports, anche il wrestling.

Notorietà, visibilità, un giro d’affari che abbaglia. E che, se possibile, perché quella è la finalità principale, prova a dare una ripulita alla reputazione di sceicchi, sultani, che non si sono segnalati negli anni per il rispetto dei diritti umani, in particolar modo delle donne.

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epa10004262 Dustin Johnson (C) degli Stati Uniti condivide un sorriso con suo fratello (e caddy) Austin prima di iniziare la prima buca durante il Round 1 della LIV Golf Invitational Series al Centurion Golf Club di St. Albans, Gran Bretagna, il 9 giugno 2022. Il evento è il primo della LIV Golf Invitational Series appena creata. Il 9 giugno il PGA Tour ha annunciato che i giocatori che gareggiano nella LIV Golf Invitational Series sono stati sospesi dal Tour. EPA/ANDY RAIN

Si chiama sport washing, è una pratica ormai comune, lo sport nei Paesi nell’occhio del ciclone sulla tutela dei diritti umani per migliorare la propria immagine. I sauditi inoltre vogliono eguagliare, se non superare, gli investimenti nello sport sia degli Emirati Arabi che del Qatar, che avrà il suo momento di gloria con i Mondiali di calcio, tra novembre e dicembre. Ma il focus è tutto sulla celebrazione di eventi sportivi a cinque stelle per continuare a dominare la scena del petrolio, silenziare la voce delle associazioni umanitarie a quattro anni dalla morte del giornalista dissidente Jamal Khashoggi e fare affari soprattutto con l’Occidente.

Tra gli obiettivi dell’all-in sullo sport c’è ovviamente anche il rafforzamento della propria posizione in Medio Oriente. Rafforzamento che costa: l’investimento totale negli eventi sportivi da parte dei sauditi è stato quantificato in cinque miliardi di dollari. Ma il tassametro corre e tutto o quasi gira intorno a Bin Salman, patrimonio che si aggira sui 400 miliardi di dollari, titolare del fondo sovrano saudita – Public Investment Fund (PIF) – che ha investito circa 360 milioni di euro lo scorso autunno per l’acquisto del Newcastle, uno dei club storici del calcio inglese, tornato da poco in Premier League.

Al suo arrivo a Newcastle Bin Salman è stato contestato in pratica dall’intera Premier League, anche tra i tifosi ci sono stati mugugni per quella reputazione che si porta dietro. Qualche mese dopo pare tutto svanito, il Newcastle ha investito a gennaio, si appresta a una campagna acquisti da centinaia di milioni di sterline nel mercato ai blocchi di partenza.

Lo stesso è avvenuto a Parigi, dove sono fioccati stipendi fuori portata (l’ultimo, 50 milioni di euro annui garantiti a Kylian Mbappè per il rinnovo di contratto) da parte di Nasser Al-Khelaifi, patron del Paris Saint Germain, uomo forte di Qatari Sports Investment, che è una delle prolunghe della Qatar Investment Authority, ovvero il fondo sovrano qatariota.

Centinaia di milioni di euro investiti in oltre dieci anni nel Psg, aggirando senza danni i paletti del Fair Play Finanziario, portando a casa i Mondiali del prossimo anno. E tra spese folli e impianti extralusso, c’è il silenziatore o quasi sugli oltre 6500 migranti morti sul lavoro sui cantieri degli impianti per la Coppa del Mondo, il 70% da India, Bangladesh, Pakistan.

Quindi bin Salman conosce bene il copione: ora la Superlega del golf, poco prima il Newcastle club più ricco al mondo non disturberanno nessuno. Tranne che stuzzicare gli avversari sul Golfo Persico.

Per questo motivo i sauditi garantiranno 40 milioni annui alla federazione spagnola per ospitare la Supercoppa (oltre all’una tantum da otto milioni per Real Madrid e Barcellona), poco meno di 25 milioni alla Lega di A per la Supercoppa italiana, oltre agli almeno sei milioni di euro annui garantiti per un po’ a Leo Messi, scelto come ambasciatore dell’Arabia Saudita dal ministero del turismo del paese arabo.

Il legame Saudi Aramco-F1

Gli interessi dei fondi sauditi hanno invaso anche i motori. Il marchio Saudi Aramco era in bella vista nel recente Gp di Arabia Saudita a fine marzo, seconda prova del Mondiale di F1. Il logo sulla Aston Martin in cambio di un assegno annuale da circa 50 miliardi di euro, mentre per ospitare il Circus i sauditi pagheranno 650 milioni di dollari per dieci anni.

Due anni fa c’è stato l’ingresso nella F.1 di Saudi Aramco, compagnia nazionale di idrocarburi del paese saudita. Giro d’affari da due triliardi di dollari e fatturato da oltre 400 miliardi di dollari, secondo FactSet si tratta della compagnia che vale di più al mondo a maggio, anche più di Apple.

Il colosso del petrolio, interessato a sponsorizzare il Newcastle del fondo PIF, da gennaio è entrato tra i marchi che sponsorizzano la Parigi-Dakar. Ma oltre a Saudi Aramco, i fondi sauditi hanno deciso di investire 500 milioni di dollari in dieci anni per portare in Arabia Saudita la WWE, la lega più famosa del wrestling americano, poi diversi incontri di pugilato – tra cui il match dei pesi massimi tra Andy Ruiz jr e Anthony Joshua – poi tennis, scacchi, anche l’ippica, 60 milioni di dollari per la Coppa Saudita. Ma c’è spazio e soldi anche per gli e-sports, con la federazione dell’Arabia Saudita degli sport elettronici che sponsorizza l’edizione virtuale della 24 Ore di LeMans.

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