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Meno fallimenti ed exit più veloci: i numeri degli Startup Studio

Qual è il metodo migliore per creare una startup, e per investire? E quale metrica bisogna guardare, per capirlo? Le strade da seguire, per i giovani innovatori e imprenditori, sono diverse, ma secondo un nuovo white paper le startup nate negli Startup Studio falliscono di meno e arrivano all’exit più velocemente.

Normalmente, una startup in fase seed presenta un rischio di fallimento che arriva addirittura all’86%, con un cash on cash return, cioè il tasso di rendimento, del 1052%.

Lo Startup Studio invece, a fronte dello stesso tasso di rendimento, ha un tasso di fallimento medio del 40% (che solitamente si registra, invece, in un round B, cioè successivamente alla fase seed).

Il white paper ‘Startup Studio: un asset class emergente’, nel quale sono contenute le stime, è stato realizzato da Mamazen. Va detto che il venture builder creato da Farhad Alessandro Mohammadi è stata la prima realtà ad implementare il modello dello Startup Studio in Italia.

Il white paper è stato realizzato con il contributo di alcuni business angel, angel investor e family officer. Oltre a Farhad Alessandro Mohammadi, Ad di Mamazen, il white paper è stato firmato da Manuela Maiocco, business analyst di Mamazen, con i contributi di Paolo Giolito senior wealth manager e business angel, Barbara Avalle, COO di Doorway e angel investor, Melissa Sesana Grajales, family officer. Si tratta del primo al mondo scritto sull’argomento ed è disponibile in italiano e in inglese.

Inoltre, secondo i dati dello Startup Studio Industry Report 2021 pubblicato da Studiohub e del Disrupting the Venture Landscape di GSSN (Global Startup Studio Network) nel 2020, le startup prodotte da uno Studio performano meglio rispetto a quelle tradizionali non solo in termini di tasso di successo, che passa dal 14% di una startup tradizionale al 40%, ma anche in termini di tempo necessario a raccogliere fondi e dunque raggiungere l’Exit, che risulta di circa 4,3 anni contro gli 8 necessari alle startup tradizionali.

Secondo la ricerca Gssn del 2020, in media le startup create dagli Startup studio arrivano a un round seed in 10,7 mesi, e dal round seed a quello di serie A in 14,5 mesi. Per le altre startup, le tempistiche sono di 20 e 25 mesi, rispettivamente. In pratica, una startup tradizionale ci mette il doppio del tempo a raggiungere un round di Serie A.

Cosa sono gli Startup studio

A differenza di incubatori (dove gli imprenditori vengono aiutati a sviluppare nuove idee) o acceleratori (dove vengono ospitate e aiutate startup già esistenti), nello Startup Studio, o nel venture builder, la startup nasce con uno scopo preciso, e nel caso di un modello ‘Duel Entity’ (ci torniamo dopo) anche con i mezzi per crescere.

“Vista la mancanza di dati e revenues, l’investimento in una startup tradizionale in fase embrionale non può basarsi su elementi economici ma, inevitabilmente, su una valutazione soggettiva del team e del progetto presentato – prosegue Farhad Alessandro Mohammadi – Proprio a causa della mole di tempo e risorse necessaria all’attività di analisi e ricerca e soprattutto dell’imprevedibilità dei risultati, questo tipo di investimenti rappresenta per gli investitori un’attività molto rischiosa, una decisione guidata all’istinto. Scegliere di investire in uno Startup Studio vuol dire invece acquisire indirettamente una quota di tutte le startup che verranno create, disponendo così di un portafoglio diversificato di imprese già validate e con tasso di fallimento inferiore alla media”.

Il modello degli Startup Studio è nato negli anni 90 negli Stati Uniti. Danno l’opportunità di investire nella prima fase di vita di una azienda – da 0 a pre-seed – in maniera strutturata. Sono caratterizzati da un modello di creazione di startup che misura e riduce i rischi di fallimento, rendendo in questo modo standardizzato e scalabile un processo da sempre considerato aleatorio e dando vita a un portafoglio di aziende il cui ritorno sul capitale atteso è superiore a quello di un portafoglio composto da startup “tradizionali”, a parità di investimento.

Negli Startup Studio, spiegano da Mamazen, si procede allo sviluppo di un prodotto o di un servizio solo nel momento in cui i dati dimostrano che andrà a soddisfare una reale esigenza di mercato e che ci sono potenziali clienti già interessati a usufruirne.

Un modello caratteristico degli Startup Studio è il Dual Entity Model, che prevede l’unione di un Venture Builder e di un fondo (o Holding di partecipazioni). Il primo investimento del fondo è infatti proprio nello Studio ed è volto a finanziare la creazione delle startup, coprendone i costi operativi e acquistando indirettamente le quote di ciascuna. Il fondo, inoltre, investe direttamente nelle startup create dallo Studio che ritiene più meritevoli.

Prendiamo l’esempio di lH1: la holding di Mamazen ha dichiarato l’obiettivo di investimento in 5 anni di 10 milioni di cui 3 milioni in Mamazen e 5 milioni nelle migliori dieci startup, e 2 milioni come followup nelle migliori 3 che lo Studio lancerà.

“La mitigazione del rischio proprio di uno Startup Studio è molto interessante per un investitore – dichiara Melissa Sesana Grajales, Family Officer – si dispone di un portfolio in cui il product-market fit è stato studiato a fondo e il team è stato selezionato attentamente. È una situazione in cui le aziende sono destinate ad avere successo, tutti gli elementi che potrebbero distrarre dal successo sono stati eliminati. È un modello che permette a noi family office di investire early stage, ma in una situazione in cui il rischio è mitigato”.

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