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Climate change: la soluzione arriva dall’intelligenza artificiale

Il cambiamento climatico può essere combattuto grazie all’intelligenza artificiale. Questa concreta possibilità però non vede tutti d’accordo.  Da una parte si registra consapevolezza rispetto alle potenzialità, e dall’altra emerge una certa reticenza rispetto all’effettiva adozione di questi strumenti su scala globale. Due facce della stessa medaglia.

È quanto emerge dallo studio realizzato da Boston consulting group (Bcg), in collaborazione con Bcg Gamma, ‘How AI can be a powerful tool in the fight against climate change’, indagine condotta su dirigenti e aziende leader di settore, sia pubblici che privati, provenienti da tutto il mondo.

L’87% degli intervistati sarebbe favorevole all’impiego dell’Ai per le proprie iniziative di sostenibilità ambientale, ma nella pratica solo il 40% le utilizzerebbe di fatto, appellandosi all’insufficiente competenza in materia (78%), alla limitata disponibilità di soluzioni (77%) e alla mancanza di fiducia verso dati e analisi (67%).

Per Roberto Ventura, managing director e partner di Bcg “La maggior parte delle soluzioni esistenti tende a essere frammentata, di difficile accesso e non dispone delle risorse necessarie. Ma se correttamente utilizzate – spiega  Ventura – le tecnologie dell’Ai potrebbero fare la differenza, grazie alla loro capacità di raccogliere e interpretare grandi e complesse mole di dati per affrontare in modo mirato i rischi climatici e, in particolare, la riduzione di CO2”.
Senza considerare che oggi, a livello globale, quello dell’Ai è un mercato in continua espansione, che mette a disposizione investimenti sempre più ingenti per ricerca e brevetti.

Un  settore in crescita

Secondo il Worldwide Semiannual Artificial Intelligence Tracker, di International Data Corporation (Idc) la  spesa globale per le applicazioni Ai, valutata in 85 miliardi di dollari nel 2021, registrerà un tasso di crescita annuale del 18,6% nel periodo 2022-2026, fino a raggiungere la soglia dei 900 miliardi di dollari nel 2026.
Sempre secondo le stime di Idc, se guardiamo ai paesi dell’Emea (Europa, Medio Oriente e Africa), il valore totale del mercato dell’Ai supererà la soglia dei 100 miliardi di dollari nel 2023 e raddoppierà nei tre anni successivi. Sarà la Germania a trainare il settore, anche per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo, seguita da Regno Unito e Francia, che avranno il tasso di crescita più alto della regione. I mercati russi rallentano, a causa dell’impatto delle sanzioni in risposta al conflitto ucraino.

Il contesto italiano

Per quanto riguarda invece l’Italia, l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of management del Politecnico di Milano fotografa una situazione in netta ripresa. Lo studio rivela come l’ecosistema dell’AI italiano sia tornato a superare i ritmi pre-pandemici, raggiungendo il valore complessivo di 380 milioni di euro, nel 2021, e facendo registrare una crescita del 27% rispetto all’anno precedente, condizionato negativamente dalle restrizioni Covid, e che aveva comunque segnato un +15% rispetto al 2019.
Tra le grandi imprese, 6 su 10 hanno avviato almeno un progetto che utilizza l’Ai. Il 76% è stato commissionato da imprese italiane e il 24% come export di progetti. Risultati diversi invece per le Pmi, che hanno impiegato strumenti di Intelligenza artificiale solo per il 6%.

Programma strategico sull’intelligenza artificiale

Varato alla fine del 2021, in un’ottica di confronto internazionale dal Governo italiano per rilanciare l’ecosistema AI, il programma rileva come il mercato italiano sia ancora limitato rispetto ai mercati di Germania, Francia e Regno Unito, con il conseguente ritardo delle aziende nel processo di trasformazione digitale.  Secondo i dati riportati, il tasso di adozione di soluzioni Ai da parte delle imprese italiane, 35%, è inferiore alla media Ue, 43%, e nel 2017 solo il 15% delle aziende ha sviluppato progetti oltre la fase pilota. Le cause vanno ricercate negli alti costi e nell’assenza di finanziamenti pubblici.
Ed è proprio per colmare il divario con i paesi dell’Unione che nel documento vengono delineate 3 aree di intervento (rafforzare le competenze e attrarre talenti; aumentare i finanziamenti per la ricerca avanzata; incentivare l’adozione dell’Ai e delle sue applicazioni) con il raggiungimento di 6 diversi obiettivi di crescita nei prossimi 3 anni, attraverso 24 linee guida, in 11 settori prioritari.

Le priorità

‘Ambiente, infrastrutture e reti’ è il 5° settore prioritario presente nel programma e definisce l’intelligenza artificiale quale alleato fondamentale per accelerare la transizione ecologica. Un pilastro del piano di ripresa e resilienza con investimenti e risorse per 69,94 miliardi di euro, oltre a svolgere un ruolo importante per il monitoraggio e la gestione intelligente delle reti e dei consumi e del ciclo dei rifiuti, e per l’analisi situazionale e predittiva del dissesto idrogeologico. Sembra che in Italia, così come a livello globale, la consapevolezza dell’intelligenza artificiale come leva determinante per la sostenibilità ambientale sia ormai acquisita, non resta, a questo punto, che abbattere ostacoli e difficoltà di tipo pratico.

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