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Sette innovatrici in finale per GammaDonna 2022

L’intento primario è di valorizzare l’imprenditoria femminile. Anche perché nonostante i passi avanti fatti, la differenza di genere penalizza ancora, socialmente ed economicamente, il nostro Paese. Rimane la necessità di trovare un modello lavorativo efficace, poiché senza la rappresentatività di ruoli sarà difficile per le giovani generazioni intraprendere un percorso soddisfacente. Dal 2004 l’associazione GammaDonna premia founder di imprese innovative o promotrici di processi d’innovazione in imprese preesistenti. La particolarità di questo riconoscimento sta nel considerare il contributo della singola donna, piuttosto che l’operato dell’impresa, e questo accomuna le sette finaliste.

Alcune hanno ideato il loro progetto viaggiando. Così è stato per la francese Isabelle Andrieu, presidente di Translated che, trasferitasi per amore a Roma, ha creato una startup che conciliasse le sue capacità da linguista con quelle del compagno, più legato all’informatica. I due sono riusciti a entrare nel mercato competitivo delle traduzioni, diventando uno dei fornitori principali di varie aziende mondiali.
Anche Danila De Stefano, fondatrice di Unobravo, ha avuto l’ispirazione dopo essere andata a vivere nel Regno Unito. “Per gestire al meglio il nuovo lavoro e la vita in un Paese straniero, ho cercato uno psicologo che parlasse italiano, ma mi sono scontrata con diversi ostacoli tra cui costi esorbitanti e le lunghe liste d’attesa”, e proprio questo l’ha spinta a offrire supporto psicologico ai connazionali in modalità digitale.

Altre, invece, non avrebbero mai pensato di diventare imprenditrici, come la scienziata e professoressa di astrofisica e astronomia all’Università di Trieste Anna Gregorio: “Dopo aver partecipato da leader alla missione europea Planck – che aveva lo scopo di studiare la radiazione cosmica di fondo per migliorare la conoscenza sulle origini e l’evoluzione dell’universo – avevo raggiunto il massimo nella mia attività scientifica, e volevo una nuova sfida. Quando in università mi hanno proposto di costruire uno spin-off ho deciso di mettermi in gioco”. La sua determinazione l’ha condotta a creare la startup PICOSATS, che punta a rendere lo spazio una valida alternativa alle risorse limitate del nostro pianeta. Secondo la professoressa la parola chiave è la passione, e questa è ciò che ha guidato anche l’ingegnera informatica Chiara Petrioli, fondatrice e Cto di WSense, deep tech che ha sviluppato reti wireless subacquee. Da subito ha intuito che per creare e mantenere un’azienda fosse necessaria la concretezza e, quindi, partire da problemi reali. La questione a cui si sta dedicando la ricercatrice è la scarsa conoscenza degli abissi marini, visti come fornitori di risorse essenziali: “Il 70% del pianeta coperto d’acqua è a oggi meno conosciuto di Marte”.
A dedicare il proprio lavoro all’importanza delle risorse è stata anche Tiziana Monterisi, co-fondatrice e Ceo di Ricehouse, che ha ideato l’impresa ristrutturando delle cascine piemontesi con obiettivo di valorizzare gli scarti del settore edile, così da renderlo “sostenibile e rigenerativo”.

Per molte professioniste non è stato semplice crearsi un proprio percorso lavorativo. Una delle finaliste ha raccontato come abbia incontrato molti ostacoli, soprattutto all’inizio: Claudia Persico, alla guida della multinazionale italiana Persico Group che punta alla neutralità tecnologica, alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare. “In generale, per i preconcetti legati ai nuovi ingressi e nello specifico, per i preconcetti legati alle figure femminili. A rendere la cosa difficile è stato il contesto prevalentemente tecnico e maschile nel quale mi sono inserita. Oggi, però, non è più una questione di genere. In azienda ci sono ruoli manageriali rivestiti da figure femminili, e profili tecnici e commerciali d’altro livello ricoperti da figure maschili.”

I consigli che le finaliste offrono alle future generazioni di donne sono la fiducia in sé stesse, la curiosità e l’imparare dai propri errori. Martina Capriotti, co-fondatrice dello showroom digitale di Mirta che scommette su boutique e artigiani locali, si è espressa sulla base di quello che avrebbe voluto sentire lei durante il suo periodo di incertezza sul futuro: “Il primo consiglio è di non aver paura dei rischi. Il coraggio che ho avuto in determinate situazioni mi ha aperto bellissime opportunità. Altro consiglio importante è quello di circondarsi di persone di talento. Una grande idea non può esistere senza un grande team che ti aiuta a realizzarla”.

La finale della 14esima edizione del Premio avrà luogo il 30 settembre sul palco dell’Italian Tech Week alle OGR di Torino
e sarà possibile assistere in presenza e in streaming. Saranno, inoltre, premiati tre ruoli: Women Startup Award consegnato da Intesa Sanpaolo Innovation Center per la startupper più innovativa; l’Assist Digital Awards per imprenditrici che utilizzano il digitale creando impatto positivo su persone, comunità, territori, società e ambiente; e, infine, Giuliana Bertin Communication Award, da parte dell’agenzia Valentina Communication per l’imprenditrice che si è distinta nel campo della comunicazione.
Mettere in luce esempi virtuosi come questi dimostra che tutte le donne possono trovare un proprio posto nel mondo imprenditoriale e diventarne leader.

 

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