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Transizione energetica, la burocrazia frena l’Italia

rinnovabili solare

L’Europa ha definito i nuovi obiettivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ora il nostro Paese deve correre per rispettare la data del 2030. Il parere di Paolo Curati, Ceo di Knauf Insulation Italia. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre 2022.

A poco più di un anno dall’approvazione del programma ‘Fit for 55’, l’Unione europea decide di alzare il tiro, aumentando entro il 2030 i target di efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il 13 luglio scorso, infatti, la Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia dell’Europarlamento ha definito i nuovi obiettivi di politica energetica europea per il 2030, portando i target di produzione d’energia da fonti rinnovabili al 45%, invece dell’iniziale 40% proposto dalla Commissione, e quello di efficienza energetica al 14,5%, anziché il 13%. È questo il segnale dell’Europa a chi chiede maggiori sforzi contro la crisi energetica.

Tuttavia, mentre l’Europa corre sulla strada della transizione energetica, l’Italia arranca nei meandri della burocrazia. Quando l’Europarlamento discuteva l’introduzione di parametri più ambiziosi da inserire nella prossima Direttiva Red III, la Commissione avviava la procedura d’infrazione a carico del nostro Paese per il ritardo nell’applicazione della Direttiva Red II che, oltre a fissare al 32% la quota di energia da fonti rinnovabili, promuoveva le comunità energetiche tra gli strumenti a supporto della decarbonizzazione.

Ora l’Italia deve correre. Deve ottemperare agli obblighi di recepimento della precedente versione della direttiva nei tempi indicati dalla Commissione; deve aggiornare il piano nazionale italiano per l’energia e il clima (Pniec), al fine di allinearlo ai nuovi target europei; ma soprattutto deve correre perché le diverse crisi che abbiamo affrontato in questi due anni stanno avendo pesanti conseguenze economiche e sociali su famiglie e imprese.

Queste comunità energetiche, infatti, oltre a concorrere alla realizzazione della strategia per la transizione energetica del Paese, rappresentano un modello win-win su cui il Governo ha investito oltre 2 mld del Pnrr. Lo ha fatto coinvolgendo direttamente famiglie, imprese e amministrazioni territoriali nella produzione, distribuzione e condivisione di energia proveniente da fonti rinnovabili. Le comunità energetiche rappresentano un sistema ottimale per un territorio come l’Italia, caratterizzato da tanti piccoli Comuni, ma soprattutto un efficace strumento di contrasto alla povertà energetica. Tutto in standby a causa della mancata emanazione dei necessari decreti attuativi. Come rilevato anche dal Laboratorio di monitoraggio delle politiche energetiche per l’efficienza energetica dell’Enea, dal 2020 è aumentato il numero dei ‘poveri energetici’ che dichiarano di essere in difficoltà o in ritardo nel pagamento delle bollette. Un fenomeno che si può ricondurre non solo a errate abitudini di consumo delle famiglie, ma soprattutto alle caratteristiche del patrimonio immobiliare italiano che per il 70% è antecedente alla normativa sui criteri minimi di efficienza energetica.

Efficientare gli edifici è quindi un processo fondamentale per garantire una transizione energetica efficace, tenuto conto che il patrimonio immobiliare impatta per il 40% sui consumi energetici nazionali e per il 38% sulle emissioni di gas climalteranti. Tuttavia, come rilevato da Ecco (think tank italiano dedicato alla transizione energetica), intervenire sull’intero sistema immobiliare italiano richiederebbe oltre 600 mld di euro. Impossibile senza meccanismi d’incentivazione da parte dello Stato.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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