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Fmi, ecco perché è arrivata la recessione (anche in Italia)

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“Mentre si addensano nuvole di tempesta, i leader politici devono avere mano ferma”. Si apre così il commento del capo economista del Fmi Pierre-Olivier Gourinchas al World Economic outlook autunnale. Un report con cui il Fondo monetario internazionale prevede l’arrivo della recessione per Paesi come Italia e Germania, e in generale un periodo molto buio per l’economia mondiale. “In breve, il peggio deve ancora venire, e molti percepiranno il 2023 come un anno di recessione”. Italiani compresi.

L’Fmi ha cambiato le sue stime per l’economia del nostro Paese: rivede al rialzo la crescita nel 2022, e al ribasso quella nel 2023.

Dopo il +6,6% del 2021, il pil è atteso al +3,2% del 2022, ovvero uno +0,2% rispetto alle stime di luglio. Cresceremo più della Germania (+1,5%) e della Francia (+2,5%).

Ma le cattive notizie riguardano il 2023, quando il segno meno contagerà addirittura un terzo dell’economia mondiale: previsioni tagliate di quasi un punto percentuale e prospettive sotto zero: l’economia italiana si contrarrà dello 0,2%. Anche in questo caso, facciamo meglio della Germania, il cui Pil si contrarrà il prossimo anno dello 0,3%. La Francia invece registrerà un +0,7% il prossimo anno: in tutti i casi, naturalmente, le stime sono state ribassate rispetto a quelle estive.

Nel mondo, la crescita rimarrà invariata nel 2022 al 3,2%, ma rallenterà al 2,7% nel 2023 (-0,2% rispetto alle stime di luglio). E c’è una “probabilità del 25%” che la crescita scenda sotto il 2%, dice l’Fmi.

Le cause: Ucraina, inflazione e (ancora) la pandemia

“L’invasione della Russia dell’Ucraina continua a potentemente stabilizzare l’economia globale”, dice Pierre-Olivier Gourinchas. “Al di là dell’escalation e dell’insensata distruzione di vite e mezzi di sussistenza, ha portato a una grave crisi energetica in Europa, che sta aumentando drasticamente i costi della vita e ostacolando l’attività economica. I prezzi del gas in Europa sono aumentati di più di quattro volte dal 2021, con la Russia che ha ridotto le consegne a meno del 20% dei livelli del 2021, aumentando la prospettiva di penuria energetica nel prossimo quinquennio e oltre”.

Le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina, come la crisi energetica, non sono i soli elementi alla base dell’inversione di marcia dell’economia globale.

L’inflazione ha un ruolo rilevante: secondo l’Fmi alla fine le politiche monetarie della banche centrali la freneranno, ma si sta dimostrando una bestia difficile da domare: “Ci aspettiamo che l’inflazione globale raggiunga il suo picco alla fine del 2022, ma resterà elevata più a lungo di quanto ci si aspettasse, scendendo a un 4,1% nel 2024”.

Si prevede che l’inflazione globale aumenterà dal 4,7% del 2021 all’8,8% nel 2022, ma scenderà al 6,5% nel 2023 e al 4,1% entro il 2024.

Il rialzo dei prezzi rimane la minaccia maggiore per l’economia e la stabilità, e le mosse delle Banche centrali saranno fondamentali: stringere la cinghia sul costo del denaro è necessario, ma stringerla troppo è rischioso.

Si potrebbe “spingere l’economia globale in una recessione inutilmente dura”. Detto questo, dice l’Fmi, la cinghia va stretta, l’inflazione va fermata. Ma le banche centrali dovranno lavorare in maniera coordinata: a loro in particolare il capo economista dell’Fmi chiede “mano ferma”, anche quando i morsi della recessione spingeranno l’opinione pubblica verso le richieste di un allentamento delle misure.

Intanto, il rafforzamento del dollaro crea problemi alla domanda interna di altri Paesi, con una crisi del costo della vita nelle economia in via di sviluppo, dichiara l’Fmi: “Gli shock del 2022 riapriranno le ferite economiche che sono state parzialmente sanate dopo la pandemia”, dice il Fondo parlando dei Paesi alle prese con i propri debiti pubblici. Seppure il Fondo parli di Paesi in via di sviluppo, la frase sembra un campanello d’allarme anche per Paesi più ricchi, come l’Italia.

Altra causa fondamentale: il rallentamento della produttività cinese. Dovuto (ancora, dopo quasi tre anni dall’inizio della pandemia) ai lockdown che hanno rallentato le fabbriche di Pechino nel secondo trimestre del 2022, quando il Paese ha scelto il pugno duro per stroncare nuovi focolai da Covid. Intanto, dice il Fondo monetario internazionale, “il settore immobiliare, che rappresenta circa un quinto dell’attività economica in Cina, si sta rapidamente indebolendo. Date le dimensioni dell’economia cinese e la sua importanza per le catene di approvvigionamento globali, ciò peserà pesantemente sul commercio e sull’attività globale”.

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