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Alessandra Losito (MPW 2022): serve impegno e ingegno per aprire le porte chiuse

Alessandra Losito Fortune Italia

Parla Alessandra Losito, Responsabile di Pictet Wealth Management in Italia. È lei la vincitrice del premio MPW 2022 di Fortune Italia

“Una volta ho contestato a un convegno organizzato sul futuro delle banche  il fatto che tra i relatori non c’erano donne. In effetti, nonostante oggi la situazione stia migliorando, continuano ad esserci sempre più uomini relatori che donne in questo genere di eventi. Quella volta, si sono sorpresi del mio appunto. Ma era giusto farlo, d’altronde mi chiamano Lady Hammer”.

Lady Martello ha rotto progressivamente schemi, tetti di cristallo e stereotipi vetusti per arrivare dove voleva. Erano gli anni ’90 quando Alessandra Losito a Napoli sognava di entrare nel mondo della Finanza internazionale. Voleva lavorare in una grande banca e lo voleva così tanto che oggi è Equity Partner e Responsabile per l’Italia di Pictet Wealth Management, uno dei principali gestori patrimoniali indipendenti in Europa. L’impegno, la tenacia e l’entusiasmo con cui ha superato luoghi comuni e barriere ha convinto la giuria di MPW a riconoscerle un talento importante: il potere di far accadere le cose.

Secondo lei perché è stata scelta dalla giuria di MPW tra molte altre donne? 

C’è una frase che mi ha colpito molto leggendo le motivazioni legate al premio: mi si riconosce il potere di far accadere le cose. È una cosa bellissima! Ci terrei a sottolineare che a me piace interpretare il concetto di “powerful” – spesso quando si parla di donne il potere ha un’accezione negativa – non solo come potere in sé per sé, ma come capacità di rendere  possibili cose, offrire opportunità. Sono una donna a cui piace l’idea dell’opportunità di avere impatto. E questo non ha nulla a che vedere con il potere accentratore, bensì con la condivisione. In questo caso ha un’accezione assolutamente positiva e anche di grande responsabilità. Per questo mi lusinga. 

Mi sono occupata per molto tempo di giovani donne, ho promosso progetti e iniziative finalizzati a coinvolgerle nel mondo delle banche. Mi ricordo una volta, in occasione di un convegno online sul futuro delle banche, sono intervenuta per dire che mi sembrava inconcepibile che tra i vari interlocutori non ci fosse nemmeno una donna. Il mio commento non è molto piaciuto. La cosa che più mi ha colpito è che nessuna delle donne presenti ha detto nulla a riguardo. Ci sono occasioni in cui non basta essere brave e competenti, ci vuole coraggio. 

Quali sono stati, nel suo percorso professionale e personale, i progetti che le sono riusciti meglio?

Ci sono probabilmente 2 progetti di cui vado fiera. Il primo è il progetto dei miei figli: ho due figli di 15 e 11 anni e crescerli contemporaneamente al fatto di essere estremamente impegnata sul lavoro è una cosa di cui sono orgogliosa. Mi chiedono tutti come faccio perché evidentemente conciliare famiglia e lavoro nel 2022 è ancora un tema da affrontare, così come lo era 30 anni fa. Il secondo progetto è quello dei “fuoriclasse della scuola” nato un po’ di anni fa. Doveva essere il progetto per la mia pensione, cercavo un modo di restituire, un “give back” che avesse senso. Ho cercato su internet il miglior modo di fare una donazione sensata e utile, magari per una borsa di studio, ma mi sono accorta che iniziative del genere in Italia non c’erano. Ho parlato con un gruppo di contatti personali e con alcune istituzioni e l’idea è diventata un progetto che è piaciuto e che ha oggi il patrocinio del ministero dell’Istruzione. Penso sia il progetto più conosciuto in Italia sulle borse di studio, quest’anno siamo alla sesta edizione e abbiamo raccolto più di 600.000 €. E’ un grande esempio di pubblico e privato che si incontrano e funzionano bene. Devo dire grazie anche a chi mi ha aiutato, perché le idee da sole non bastano: Abi, Confindustria, Museo del Risparmio di Torino e Ministero dell’Istruzione ci hanno creduto e lo hanno reso possibile e credibile.  

Prima dei figli, prima di questo progetto c’è Alessandra che vive a Napoli e sogna di lavorare in banca. Mi racconta quella ragazza? 

Mi ha fatto sorridere la motivazione allegata al premio, c’era scritto “orgogliosamente napoletana”. È proprio vera, sono orgogliosa delle mie origini. Sono nata e cresciuta a Napoli. Il mio percorso iniziale non era molto usuale al tempo, in un mondo pieno di uomini laureati in blasonate università del nord: donna, meridionale, laureata all’università pubblica, ho studiato al Federico II, che entra nel mondo della Finanza. A 19 anni ho capito che volevo lavorare in finanza. Andavo bene a scuola, studiavo molto, ma era pur sempre l’Italia del Sud degli anni ’90 e una donna di Napoli che sognava di lavorare in una banca internazionale sembrava fantascienza. Però io ci credevo, perciò ho raccolto informazioni per capire come muovermi, da dove cominciare. A un certo punto ho capito che la laurea non bastava, la porta d’ingresso migliore per entrare in finanza era l’esame di analista finanziario che al tempo lo avevano in pochi: ho sostenuto il test e l’ho passato.

Ai giovani racconto spesso la teoria delle porte chiuse. Non possiamo prendercela sempre con il mondo, con la porta che non si apre, con la gente che non capisce. Davanti a una porta chiusa siamo abituati a fare due cose: entrare se si apre, altrimenti andare via. Ebbene, esiste una terza via che si chiama impegno (e anche un po’ ingegno) e che metaforicamente sarebbe la chiave per aprire quella porta. Non basta essere bravi, bisogna combattere e usare l’ingegno. Magari ci si mette di più, si investe più tempo ed energia, ma il modo per aprire quella porta esiste e va trovato. Troppo spesso vedo che le persone abbandonano i sogni perché realizzarli diventa complicato. Certo, ci vuole anche una dose importante di fortuna, ma la vocazione – insieme alla passione e all’ingegno – sono chiavi preziose.  Per concludere, sono stata in PwC, Borsa Italiana, e Citibank, poi nel 2005 sono entrata in Pictet, banca privata svizzera.

Alessandra Losito Fortune Italia
Alessandra Losito, Responsabile di Pictet Wealth Management in Italia

Ha parlato di chi ha provato a dissuaderla, ma c’è anche chi invece ha creduto in lei e nel suo sogno?

La mia famiglia mi ha incoraggiato sempre. Mia madre quando avevo dodici anni mi ha detto: “Guarda che dipende tutto da te, non te la prendere mai con gli altri”. Mi ha fatto capire che se le cose fossero andate bene o male la responsabilità sarebbe stata unicamente mia. Tengo sempre a mente le parole di Papa Wojtyla: “Prendi la tua vita e fanne un capolavoro”. Certo che poi le circostanze, il contesto, le persone, le opportunità che hai condizionano il destino, ma l’importante è riconoscere i confini della propria responsabilità ed esercitarla. Nel mio caso sapevo benissimo che a Napoli non sarei stata in grado di realizzare il mio sogno, perciò, mi sono trasferita a Milano a 24 anni e poi è arrivata l’offerta di Borsa Italiana. L’ho accettata all’istante. 

Quella volta che ha dovuto scegliere e le ha fatto male…

Non la definirei una volta, piuttosto un periodo lungo. Quando sei mamma, hai figli piccoli e lavori c’è una questione di qualità, ma anche di quantità del tempo che dedichi a loro da valutare. Il decennio incluso tra i 30 e i 40 anni per una donna che ha un progetto professionale è cruciale e complicato da gestire perché generalmente coincide con quello della maternità più impegnativa. Sono momenti complicati perché ti senti in un frullatore, perché ogni giorno devi scegliere. Mi è capitato di dover scegliere fra la firma di un cliente importante a Bologna – un’occasione professionalmente significativa per la mia banca – e la recita di mia figlia piccola. A quella firma avevo lavorato per mesi, era stata una negoziazione difficile e a quel punto, proprio nel giorno fissato per la firma, c’era mia figlia che mi chiedeva di esserci. Non sapevo come fare, non ho dormito per diverse notti. In quel momento ho imparato a pensare out of the box: ho chiamato il cliente –e gli ho detto che tenevo moltissimo alla nostra collaborazione, ma proprio quel giorno avrei avuto la recita di mia figlia. Lui mi ha risposto con grande serenità di essere nonno e di capire perfettamente la mia posizione. Risultato: abbiamo posticipato la firma di un giorno e io sono andata alla recita di mia figlia. 

E se il cliente non avesse capito? 

Pazienza, avrei scelto la recita. Avevo scelto, avevo già deciso. Ci sono momenti in cui bisogna essere presenti, qualunque cosa accada.  Il problema è che molte donne gettano la spugna, perché, questa è la verità, c’è il tema della scelta o bianco o nero: seguo i figli h24 oppure viaggio come una pazza per lavoro? Esiste una via di mezzo, un equilibrio. Ti ho raccontato questo episodio, ma potrei elencartene tantissimi altri, è sempre così. Alle giovani professioniste io dico sempre di non spaventarsi, queste sovrapposizioni avvengono, è normale. A me non l’aveva anticipato nessuno, perciò voglio che le nuove generazioni siano preparate. Non è solo questione di organizzazione, no. E’ questione di scelta e noi donne spesso pensiamo che esista solo una scelta binaria. Io dico che bisogna essere creativi, flessibili. A colleghe e amiche dico sempre “Meglio fatto di perfetto”, nel senso che non si può puntare alla perfezione sempre. Si fa quel che si può con le risorse e le energie che si hanno a disposizione, punto. La perfezione è un risultato irraggiungibile per tutti, uomini e donne con figli e senza figli.

Chi ci chiede di essere perfetti? 

Oggi si parla continuamente di asili nido, come fossero il vero supporto alle donne in carriera. Gli asili nido vanno bene, ma esiste un tema culturale che gli asili non possono affrontare, né superare. La sociologa Valeria Soresin che morì nell’attentato al Bataclan, mesi prima aveva diffuso una ricerca abbastanza eloquente: aveva chiesto ad un gruppo di persone in Francia e in Italia se, secondo loro, una mamma che lavora potesse essere una brava mamma. Ebbene, rispose di si il 70% dei francesi intervistato e il 19% degli italiani. Parliamo di una ricerca di 10 anni fa, ma non credo che le cose oggi siano molto diverse. Quindi in Italia abbiamo un problema culturale forte, subiamo una pressione legata a stereotipi stantii. 

Come si cambia?

Ogni generazione fa la sua parte. Un’amica più grande di me mi racconta che negli anni ’60, quando era docente e consulente, fu costretta a nascondere la sua gravidanza. Indossava fasce strettissime per coprire la pancia, sapeva che se l’avessero scoperta troppo presto, le avrebbero impedito di lavorare. Questo per dire che ogni generazione fa la sua parte a modo suo.

Quante donne ci sono nel suo team?

Io da gennaio 2021 sono Responsabile di Pictet Wealth Management in Italia. Le donne dirigenti da noi sono il 35% del totale, a fronte del 16% della media delle banche italiane. Pensa che quando abbiamo pubblicato il bando per un junior banker, l’85% dei curricula era di uomini, solo il 15% erano ragazze. D’altronde in finanza i primi anni in cui lavori, a inizio carriera, sono molto “matematici” e sappiamo che le donne che scelgono le materie STEM sono pochissime. Certo, avverto un cambiamento di tendenza, conosco molte giovani professioniste nel settore finanziario che hanno grinta e tenacia, però c’è ancora molta strada da fare. 

Quote rosa si o no? 

Questa è una domanda che si fa spesso alle donne che hanno una posizione di vertice e normalmente la risposta è no. Io invece rispondo con un’altra domanda: se da tanti anni le donne laureate in Italia sono più del 50%, come mai le donne AD sono solo il 5%? A chi parla di solo merito dico che non è bastato perché se guardiamo ai numeri allora la percentuale di dirigenti donne dovrebbe essere vicina a quella di donne laureate. Le quote di genere nei cda sono state estremamente utili perché hanno inserito figure femminili che, non a caso, sono estremamente competenti.

Che consiglio darebbe alle giovani donne che entrano nel mondo del lavoro oggi? 

Ci sono tre pilastri da considerare: Il primo è l’autenticità. Conoscete voi stesse e comportatevi secondo i vostri valori. Il secondo è la crescita: sviluppate una mentalità che vi permetta di aprirvi, di crescere tutti i giorni un po’ di più. Il terzo è la sostenibilità: imparate a capire come proiettarvi nel lungo periodo. Parliamo di etica, del livello di energia nostro e delle persone che ci circondano, di solide relazioni di fiducia da costruire lungo il proprio cammino. Poi voglio aggiungere una cosa, ci tengo molto. Nel mio percorso il più grande supporto è arrivato dai libri. Io ho sempre letto molto, su LinkedIn ho una rubrica dedicata alle recensioni dei libri che leggo. Leggere permette di uscire dagli schemi conosciuti, aiuta a trovare risposte e a concentrarsi. È una forma di investimento su se stessi che aiuta diventare più consapevole di sé e del mondo intorno. 

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