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Il Private banking non si ferma: nel 2024 vale 1084 mld

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Il private banking italiano vede diminuire il valore delle masse gestite rispetto al record del 2021, ma anche in un anno complicato come il 2022 la sua capacità di attirare nuovi asset resiste. E il canale dedicato alla gestione dei grandi patrimoni distanzia di molto, sul lungo periodo, i tassi di crescita della produttività e della ricchezza italiana.

Secondo i dati di Aipb, Associazione italiana private banking, negli ultimi 15 anni il private banking ha registrato un trend di crescita (l’ultimo CAGR consolidato è aggiornato a giugno 2022: +6,6%) superiore a quello della ricchezza italiana (+ 1,4%) e del Pil (- 0,3%).

Una crescita che “evidenzia la capacità dell’industria nell’affrontare e superare le fasi critiche connesse agli scenari macroeconomici e alle congiunture di carattere straordinario”, secondo Aipb.

In un anno complesso come il 2022, il private ha comunque segnato risultati positivi evidenziando, nel primo semestre, una crescita della raccolta del 4,1% delle masse gestite, dato che si confronta con la variazione del -0,2% degli operatori retail.

Non è un risultato scontato, in un anno che il gigante della consulenza McKinsey ha definito, nella migliore delle ipotesi, un anno “così così” per il private banking mondiale: “Non è ancora chiaro se il 2022 sarà un anno così così per il private banking, o un anno molto cattivo”. Ma nelle condizioni attuali, la priorità restano i nuovi flussi in entranta, secondo McKinsey.

Tornando in Italia, nel primo semestre 2022, quei flussi in entrata ci sono stati: il Private Banking ha raccolto 42 mld di euro (pari al 4,1% degli asset totali vs -0,2% degli operatori retail) in 6 mesi.

Il flusso in ingresso di asset, quindi, continua ad avere segno positivo, mitigando l’effetto mercato: il 2022 (in cui si sono mescolati guerra, crisi delle supply chain, politiche monetarie più restrittive, inflazione) è stato un anno ben diverso dal 2021, nel quale è stato raggiunto il record storico di ‘asset under management’: 1.037 mld.

 

Quel record è destinato a durare ancora per poco.

Nonostante un peggioramento atteso per l’economia italiana, il settore del Private Banking potrà registrare nei prossimi 12-18 mesi un miglioramento delle sue prospettive, secondo le opinioni degli operatori, riferite da Aipb. Dopo il picco del 2021, si stima che gli asset in gestione del private banking a fine 2022 si attesteranno a 949 mld di euro (secondo record storico per il settore) e supereranno nuovamente i mille miliardi entro il 2024, raggiungendo 1.084 mld grazie a una crescita media annua del 6,8% (vs +2,7% degli operatori retail). Ancora una volta, va considerato l’effetto mercato: la crescita dei prossimi due anni sarà dovuta per il 3,6% al miglioramento delle condizioni economiche

“Quando è nata l’Associazione, 18 anni fa, il Private Banking era un piccolo segmento all’interno dell’attività retail”, racconta il Presidente di AIPB, Andrea Ragaini. “In pochi anni il settore è cresciuto, trasformandosi in un’industria che oggi gestisce circa 1.000 miliardi di euro delle famiglie italiane. Sappiamo di avere una grande responsabilità, perché attraverso la nostra consulenza professionale, gestiamo una risorsa chiave del nostro Paese: il risparmio dei nostri clienti: il risparmio delle famiglie Italiane” ha dichiarato. “Anche in un anno complesso come il 2022, il Private Banking è riuscito a registrare una crescita della raccolta netta.  Siamo consapevoli che uno scenario economico e sociale in continua evoluzione potrà essere accompagnato da una evoluzione del nostro modello di servizio che continuerà, comunque, a fare leva sugli elementi fondanti del valore della consulenza: Fiducia, Innovazione e Protezione”.

Ma a chi è rivolto il private banking? Nonostante il suo peso (mille miliardi di masse gestite) sia diventato abbastanza grande da avere un significato rilevante per l’economia nel suo complesso, il settore è ancora roba per ricchi.

La consulenza professionale del private banking opera su portafogli di dimensioni significative (il valore medio è di 1,9 milioni di euro), e cambiano, secondo Aipb, anche le modalità con cui quegli asset vengono gestiti: nel private una quota significativa viene investita in base a obiettivi di investimento di medio-lungo periodo (l’83% del portafoglio servito dal Private Banking rispetto al 59% del portafoglio servito dagli operatori retail) e viene privilegiato un alto livello di diversificazione: le singole asset class non superano il 20% del portafoglio totale.

Ma come uscirà il private banking dal 2022, e come affronterà il rimbalzo degli anni successivi?

Secondo gli operatori di private banking ci sarà una crescita delle asset class con strategie alternative, in prevalenza investimenti nei private market, le quali forniscono, “a fronte di un impegno di capitale di lungo periodo, importanti rendimenti e decorrelazione verso i mercati tradizionali”, dicono da Aipb.

Intanto, la crescita dei tassi d’interesse favorisce un ribilanciamento dei portafogli verso il comparto obbligazionario. Abbastanza polarizzate, invece, le aspettative degli operatori del Private Banking sulla liquidità: se da una parte le tensioni inflazionistiche spingono a diminuirne il peso in portafoglio, dall’altra è possibile che in un momento di tensione sui mercati al contrario si aumenti, anche se solo temporaneamente, la quota di liquidità nel portafoglio in attesa di migliori opportunità di investimento.

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