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Istat certifica: gli stipendi degli italiani hanno perso il 10% in 13 anni

Stipendi degli italiani sempre più bassi. Nel giro di tredici anni le buste paga nette dei lavoratori dipendenti si sono ridotte del 10%. Il periodo è quello tra il 2007, l’anno che precede la prima crisi economica del terzo millennio, e il 2020, l’anno della pandemia. In questo arco temporale l’andamento delle retribuzioni invece di salire è sceso. A fotografare è l’indagine “Reddito e condizioni di vita” dell’Istat, che allo stesso tempo misura il carico fiscale e contributivo che grava sul lavoro. E che, a cascata, rende più leggeri gli stipendi. Ma io crollo del potere d’acquisto delle retribuzioni colpa non è solo colpa del fisco.

Il peso dell’inflazione su salari e pensioni

A pesare oggi è anche il caro-vita, con l’inflazione alle stelle, che erode il potere d’acquisto di salari e pensioni. Colpa anche della dinamica dello stesso mercato del lavoro laddove non riesce ad offrire un’occupazione, ben pagata e ad eliminare il gap tra uomini e donne. Gli ultimi segnali non sono positivi. Nel terzo trimestre di quest’anno rallenta infatti la corsa dell’occupazione: l’input di lavoro misurato in Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) risulta in calo rispetto al secondo trimestre (-0,1%) e su base annua riduce la crescita al 2,7% (basti vedere che nei tre mesi precedenti i dati erano rispettivamente +1,2% e +4,9%).

Cuneo fiscale e decontribuzione

Nello stesso periodo il Pil è cresciuto dello 0,5% congiunturale e del 2,6% annuo. Tornando al costo del lavoro e alle retribuzioni, tra il 2007 e il 2020 l’Istat segnala che i contributi sociali dei datori sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzione, mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati e le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%. Per quanto riguarda il cuneo fiscale e contributivo, ossia la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, nel 2020 risulta in media pari a 14.600 euro e sebbene si riduca del 5,1% rispetto al 2019 continua a restare alto e a superare il 45% del costo del lavoro.

Le donne guadagnano meno dei maschi

La retribuzione netta del lavoratore risulta invece pari a 17.335 euro, certificando che si guadagna meno: esattamente 650 euro in meno rispetto al 2019. Con una notevole differenza tra uomini e donne: 19.345 euro contro 14.930 euro. Ben oltre quattromila euro, in media, di scarto in un anno. In generale, comunque, l’asticella si ferma su livelli medio-bassi: circa tre quarti dei redditi lordi non supera i 30mila euro annui. Sempre nel 2020, la metà risulta infatti compresa tra i 10mila e i 30mila euro annui, oltre un quarto è sotto i 10mila euro, mentre poco più del 20% risulta tra 30mila e 70mila e solo nel 3,7% dei casi si superano i 70mila euro annui. Ed è proprio alla parte più debole del mercato del lavoro che il governo punta a sostenere.

 

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