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Mutui prima casa, crolla la domanda degli italiani: ecco perchè

Gli italiani continuano a prediligere la casa di proprietà rispetto all’affitto, e il 2022 ha segnato l’anno della ripartenza della domanda di acquisto delle case, che aveva subito un evidente stop durante la pandemia. Analizzando le richieste di mutui immobiliari delle famiglie italiane, nel 2022 si è registrata una contrazione del 22,7% rispetto al 2021, come emerge dai dati Eurisc, il sistema di Informazioni Creditizie gestito dalla Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria (Crif).

Per comprendere meglio il fenomeno e le tendenze per il futuro, abbiamo chiesto il parere di Simone Capecchi, executive director del Crif, che ha commentato: “Ci troviamo di fronte ad un’apparente dicotomia, perché il calo della domanda di mutui è influenzato dal crollo della richiesta di surroghe, che tecnicamente si configurano come mutui”. Nei primi nove mesi del 2022 le surroghe hanno registrato una flessione del 58,2%, mentre i nuovi mutui erogati sono rimasti stabili, con una lieve contrazione pari all’1,1%.

L’esperto chiarisce: “La domanda di mutuo per acquisto di prima casa ha avuto un andamento stabile, registrando una lieve crescita nella fascia d’età intorno ai 35 anni. La curva di domanda si è però abbassata negli ultimi mesi a causa dell’incertezza del contesto globale”. Gli under 36 hanno rappresentato il 36% dei volumi di domanda, con un incremento di 5,1% rispetto al 2021, grazie anche alle misure fiscali agevolate introdotte dal decreto legge n.73/2021, il decreto ‘sostegni bis’ che la legge di bilancio 2023 ha prorogato fino a fine anno.

Capecchi è anche il responsabile del ‘Barometro Crif, che analizza la condizione periodica dei mutui, e ha chiarito: “Tutte le agevolazioni hanno portato a far sì che la fascia dei trentacinquenni sia quella che tira la domanda dei mutui. Ma ricordiamoci che una forte spinta è venuta anche dai mutui di ristrutturazione e di adeguamento della condizione energetica dell’immobile”.

Va considerato anche l’aumento dei tassi di interesse che hanno fatto crescere gli importi delle rate dei mutui, erodendo la capacità di spesa delle famiglie. “È un dato legato, anche questo, alle surroghe” spiega l’executive director di Crif, che ci porta un esempio concreto: “La surroga si fa, di solito, quando una buona parte del mutuo è già pagato, di conseguenza le rate del mutuo sono in media più basse.  Se però sparisce la surroga, la quota media della rata si alza perché prende valore sul 100% dell’importo oggetto del mutuo”.

Guardando poi al dato complessivo, nel 2022 l’importo medio dei muti richiesti dalle famiglie italiane ha toccato la cifra record degli ultimi 10 anni, con un volume di 144.458 Euro (+3,8% rispetto al 2021).  Il trend di crescita è iniziato già nel 2016 – seppur con fluttuazioni e discontinuità – dopo una lunga fase recessiva.

Si scelgono soluzioni di  lungo periodo per non pesare sul bilancio familiare ed è per questo che nel 2022 quasi l’85% delle richieste di mutuo si è caratterizzato per una durata superiore ai 15 anni, con una dilatazione dei piani di rimborso che ha fatto segnare  un +8,6% per la fascia di rimborso a 25-30 anni.

E quindi qual è il consiglio da dare a chi volesse acquistare casa oggi? Simone Capecchi sorride nel risponderci. “In pratica dovremmo decidere fra tasso fisso e tasso variabile?”. Secondo l’esperto, c’è una considerazione ancora più importante da fare prima: “Se si decide di fare questo passo, di accendere un mutuo, bisogna ricordarsi che è una situazione che ci porteremo dietro per vent’anni. Quindi bisogna fare bene i conti con sé stessi, perché il mutuo perfetto non esiste”. Secondo l’esperto è importante considerare la propria ‘forza di indebitamento’  al momento della stipula. Continua Capecchi: “Bisogna rendere consapevoli i cittadini sul vero punto di attenzione: qual è l’aspettativa di reddito che si può immaginare di avere dopo vent’anni?”.

Ci sono quindi famiglie che non riescono ad onorare l’impegno del mutuo? La rischiosità di insolvenza dei pagatori è bassissima, ci dice Capecchi: “Pari allo 0,5% ed il tasso di default si è ulteriormente contratto negli anni Covid. Al netto di quelle attività imprenditoriali colpite frontalmente, chi ha potuto contare su uno stipendio ha avuto grossi benefici, avendo meno spese, e sui conti correnti non c’è mai stata tanta liquidità. Oggi il dato di insolvenza mutui si è assestato sul 1.5%, e da dicembre in poi c’è la questione del caro bolletta, che ha inciso ma non ha peggiorato il tasso”.

 

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