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Spotify stringe la cinghia, taglia il 6% dei posti 

Spotify taglia il 6% della sua forza lavoro nell’ambito di un più ampio piano di taglio dei costi necessario per riportare i conti in ordine dopo il boom delle spese durante la pandemia. “Negli ultimi mesi abbiamo fatto sforzi considerevoli per controllare i costi, ma non è stato abbastanza”, afferma l’amministratore delegato Daniel Elk annunciando il taglio di circa 600 dipendenti su un totale di 9.808. Le riduzioni sono “chiaramente” la strada giusta per Spotify “ma questo non le rende più semplici”, aggiunge Elk, ammettendo di essere stato “troppo ottimista” nel ritenere che la spinta della pandemia e la forza del marchio avrebbero isolato e messo al riparo la società dal rallentamento della raccolta pubblicitaria.

“Mi assumo la piena responsabilità”, mette in evidenza l’amministratore delegato di Spotify, facendo mea culpa per le azioni passate che si sono tradotte negli attuali licenziamenti. Il ridimensionamento della forza lavoro è accompagnato da una ristrutturazione che vede l’uscita di Dawn Ostroff, il manager assunto nel 2018 e che ha avuto un ruolo centrale negli sforzi di crescita di Spotify nel podcast.

Una scommessa, quella del podcasting, che inizialmente era piaciuta a Wall Street, in quanto segnalava una spinta a diversificare l’offerta dei prodotti. Ma i significativi investimenti hanno pesato sui profitti facendo perdere la pazienza agli investitori e penalizzando i titoli. I tagli del personale sono così accolti come una buona notizia dalla Borsa.

I titoli del colosso della musica in streaming arrivano infatti a guadagnare il 4,5%, confermando come gli investitori appoggiano l’ondata di tagli decisi dai colossi di Big Tech per far fronte ai costi crescenti e ai ricavi in calo. L’idea infatti di società più snelle e concentrate sulla redditività è ritenuto infatti un segnale positivo in un contesto di incertezza economica e di rialzi dei tassi di interesse.

 

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