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Bce: recessione più lontana, nuova stretta a marzo

Ci sarà quasi certamente una nuova stretta da mezzo punto al costo del denaro a marzo. Per poi decidere, da lì in avanti, in base all’evoluzione dell’economia. La rotta della Bce (Banca centrale europea) verso almeno un altro rialzo è delineata, e a facilitarla, è lo scampato pericolo-recessione e la disoccupazione ai minimi record. Una situazione che rispecchia quella degli Usa, dove anche la Fed avverte: nuovi rialzi in arrivo.

“Molto probabilmente eviteremo la recessione quest’anno”, dice il governatore della Banque de France Francois Villeroy de Galhau. E “questo contesto economico migliore rende probabilmente più facile il nostro compito monetario”, ossia una stretta ulteriore senza eccessivi timori per le ripercussioni sulla crescita, ha detto il componente francese del Consiglio direttivo a un evento organizzato dalla Zeit ‘Europa 2023″.

Con l’occupazione che corre e la disoccupazione ai minimi dal 1969, anche Jay Powell, presidente della Fed americana, avverte oggi che il calo dell’inflazione è iniziato ma “la strada è lunga” e dunque saranno probabilmente necessari altri aumenti dei tassi di interesse. In Europa la recente stima ‘flash’ dell’Eurostat – una crescita dello 0,1% che ha smentito le previsioni di un dato negativo (salvo la revisione dei dati in arrivo il 14 febbraio) – mostra ‘resilienza’ dell’economia dell’euro. E fornisce argomenti al presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, per invocare altri rialzi “significativi” dei tassi di interesse e lanciare un monito a non fermare troppo presto gli aumenti del costo del denaro.

Troppo presto per “abbassare la guardia”, sintetizza Isabel Schnabel del direttorio Bce. Un pressing dei governatori più ortodossi che arriva mentre negli uffici di Francoforte si prende atto che non solo la crescita, ma anche la stabilità dei mercati non hanno risentito troppo della nuova fase di politica monetaria che ha visto la Bce alzare i tassi ancora di mezzo punto giovedì scorso, quando la presidente Christine Lagarde ha detto che il Consiglio “intende” fare altrettanto a marzo. Lo spread Btp-Bund tiene poco sopra quota 180, lontano dai livelli di guardia e nonostante un rendimento del decennale italiano tornato ben sopra il 4%, oggi al 4,22% in chiusura. E gli interventi della Bce attraverso i reinvestimenti del programma pandemico Pepp restano limitati: 631 milioni di euro sui Btp nel periodo dicembre-gennaio.

Fra le pressioni dei nordici e gli inviti alla prudenza dei ‘mediterranei’, il ragionamento alla Bce su cosa fare dopo il meeting del 16 marzo è di attesa per le informazioni che arriveranno fra quella data e il meeting successivo del 4 maggio. Anzitutto le nuove stime macroeconomiche trimestrali della Bce, che ad oggi danno inflazione al 2,3% nel 2025 giustificando una politica monetaria che superato il 2% dei tassi si è fatta ‘restrittiva’: se puntassero su un calo più rapido dell’inflazione verso il 2% dall’8,5% di gennaio, la Bce potrebbe anche decidere di fermarsi.

Altrimenti potrebbe andare avanti in primavera rallentando le strette allo 0,25% per volta. Poi i dati che arriveranno dagli uffici statistici ed Eurostat. E – last but not least – le indicazioni che arriveranno dai programmi di bilancio in aprile, come il Def italiano. La Bce chiede – come contributo a tenere bassa l’inflazione -un ‘rollback’ degli aiuti varati contro lo shock energetico. E monitorerà attentamente il quadro globale: non ci si aspetta molto sollievo dal recente apprezzamento dell’euro che abbassa l’inflazione importata, e al contrario s’intravedono più rischi inflazionistici che ‘disinflazionistici’ dal ritorno della Cina sulla scena economica dopo i lockdown.

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