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Giustizia sociale e rilancio dei consumi

terna

Da anni, ormai, in Italia, esiste una questione salariale. Il ritorno dell’inflazione a due cifre non ha fatto altro che aggravare una condizione di criticità che pesa, soprattutto, sui redditi fissi. E, dunque, in particolare su lavoratori dipendenti e pensionati.

Restituire potere d’acquisito a queste categorie di cittadini non sarebbe solo un’operazione di giustizia sociale e di riequilibrio delle sempre più accentuate diseguaglianze, ma sarebbe anche una scelta di convenienza economica per tutto il Paese. Una semplice ed elementare legge di macroeconomia, infatti, ci ricorda che la propensione marginale al consumo è più elevata per i redditi medio-bassi. Pertanto, incrementare questi ultimi significa mettere benzina nel motore della domanda interna, con tutto quel che ne consegue per la produzione di beni e servizi e, dunque, per le attività produttive e per l’occupazione.

Far crescere il netto in busta paga per dipendenti e pensionati è una delle strade da percorrere per ridare fiato ai consumi e a progetti di crescita economica complessiva. E che questo convenga a tutti lo dimostrano anche alcune dichiarazioni di rappresentanti dell’imprenditoria nazionale ed europea che si sono detti favorevoli a soluzioni idonee a ridurre il gap tra lordo e netto di salari e stipendi. Le due leve su cui agire per ottenere questo risultato sono quella fiscale e quella contrattuale tra loro, peraltro, strettamente interconnesse.

Ne consegue che la prima scelta da adottare in tale direzione è la riduzione del cuneo fiscale. Quanto già realizzato su questo terreno non è sufficiente: serve un taglio secco, immediato e strutturale di 5 punti percentuali. Bisogna poi rinnovare i contratti scaduti. Sono oltre 7 milioni le lavoratrici e i lavoratori che attendono di vedere soddisfatto questo loro diritto e alcuni anche da molti anni. È evidente che destinatari di tali rivendicazioni sindacali sono le naturali controparti datoriali delle rispettive categorie, poiché stiamo parlando di un terreno sul quale prevale l’autonomia delle parti sociali. Tuttavia, proprio nell’ottica di quell’interesse collettivo al quale si accennava in apertura, anche il Governo può fare la propria parte, non solo con un’opera di moral suasion nei confronti di quelle associazioni imprenditoriali restie a sottoscrivere gli accordi, ma anche intervenendo per detassare gli aumenti contrattuali sia di primo sia di secondo livello.

A quest’ultimo proposito, bisognerebbe prevedere interventi di detassazione non solo per gli accordi sottoscritti nelle medie e grandi aziende che, a oggi, riguardano solo poco più del 25% della platea interessata, ma anche per favorire una contrattazione a livello territoriale, di settore o di filiera e coinvolgere, così, la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori delle piccole e medie imprese.

Peraltro, questa scelta darebbe impulso anche alla produttività e alla competitività aziendale che restano due fattori critici del sistema produttivo italiano, tuttora ancorato a modelli e a misurazioni di stampo fordista. Noi, invece, proprio partendo da una rivitalizzazione della contrattazione e da una rimodulazione del sistema fiscale che restituiscano centralità al valore del lavoro, sfidiamo le nostre controparti a ragionare, di comune accordo, su come dovrà essere strutturata una moderna organizzazione del lavoro che contribuisca alla crescita economica del Paese e al suo sviluppo. La Uil, come sempre, è pronta a fare la propria parte con lo sguardo rivolto al Terzo Millennio e l’attenzione rivolta alle persone.

* Pierpaolo Bombardieri è segretario generale Uil

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2023. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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