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La parità di genere sul lavoro. Come sdoganare gli stereotipi aziendali?

La premessa di Paolo Chiariello, direttore di Fortune Italia che ha moderato l’e-talk del percorso Most Powerful Women, è stata chiara. Visto dall’esterno, il nostro sembra quasi un Paese in cui quando si parla di parità di genere le cose stanno finalmente andando al loro posto. Abbiamo una premier donna (Giorgia Meloni), capi di gruppi parlamentari donne, la presidente della Corte Costituzionale donna (Silvana Sciarra), la presidente della Suprema Corte di Cassazione donna (Margherita Cassano), più Rettori donne rispetto a un passato non tanto lontano, leader politici donne. L’ultima arrivata è la nuova segretaria del Pd Elly Schlein. Ma siamo proprio sicuri che questi elementi siano i segnali di un cambiamento o la realtà dei fatti è che in quanto a ‘gender gap’ in Italia siamo ancora indietro? Il ‘soffitto di cristallo’ è stato sfondato, o è soltanto il racconto un po’ superficiale dei media che tendono ad accreditare un tipo di società che non esiste, dove le donne sono profondamente discriminate?

Al dibattito, in live streaming sui canali di Fortune Italia, hanno partecipato Silvia Ciucciovino, professore ordinario Diritto del Lavoro e prorettore delegato ai rapporti con il mondo del lavoro Università Roma Tre, Marina Irace, Group HR Director Almaviva e Alessandro Raguseo, Ceo Reverse HR. 

‘La parità di genere sul lavoro. Come sdoganare gli stereotipi aziendali?’ Evento in live streaming di Fortune Italia per MPW

Ora c’è una legge: la 162/2021 per il riconoscimento di parametri di eguaglianza e trasparenza. Una legge che nello spirito e nella lettera vuole incrementare, consolidare la cultura dell’inclusione e della diversità come ricchezza”, ha detto Chiariello.

La 162/2021, di cui le prime firmatarie sono state le parlamentari Chiara Gribaudo e Renata Polverini, ha introdotto importanti novità in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. La norma ha innanzitutto abbassato a cinquanta dipendenti la soglia dimensionale per l’individuazione delle aziende tenute a redigere, su base biennale, il rapporto sulla situazione del personale.

Ma soprattutto, ha introdotto la certificazione della parità di genere, che le aziende potranno ottenere avendo diritto a meccanismi premiali come lo sgravio sui contributi previdenziali a carico del datore di lavoro non oltre l’1% di quanto dovuto e massimo 50mila euro, e un punteggio per la concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento di investimenti sostenuti dalle imprese (prevista inoltre in bandi di gara e avvisi della Pubblica amministrazione).

A distanza di un anno dalla sua approvazione, qual è lo scenario aziendale italiano? Perché le aziende fanno fatica a garantire il giusto equilibrio di quote e di salari?

“La legge, come tutte le leggi, è una norma scritta sulla gazzetta ufficiale ma va applicata”, ha affermato Ciucciovino. “E’ una legge giovane, ed essendo una normativa che vuole incidere più del passato sulla cultura e sui comportamenti delle organizzazioni ha bisogno di un tempo di attuazione e comportamenti specifici orientati all’effettività. E invece, la 162/2021 si caratterizza per l’infattibilità”.

Secondo l’Istat, nel 2020 le donne guadagnavo il 15% in media in meno rispetto agli uomini. Oltre alla differenza salariale, a pesare è anche la difficoltà della conciliazione tra vita personale e vita lavorativa: dal momento che sono soprattutto le donne a prendersi cura della famiglia.

“Dal 1990 sono state messe in atto una serie di normative volte a migliorare la situazione delle donne, che però non hanno prodotto risultati”, ha continuato Ciucciovino. “Adesso, questa legge adotta un approccio innovativo alla materia, non tanto prescrittivo quanto promozionale. E’ una normativa che agisce su tre punti, allarga e ampia il concetto di discriminazione, non lo lega solo al genere ma anche alle esigenze di cura, che possono riguardare tutti. Poi c’è la comunicazione dei dati. Fondamentale, perché questo determinerà un patrimonio informativo utilissimo che obbligherà le varie organizzazioni a misurarsi tra loro. E poi il terzo punto è quello che riguarda la premialità. E’ un modo per invogliare le organizzazioni con contributi significativi. Ma il processo è lungo e richiede l’attivazione di tanti attori”.

Inoltre, secondo Ciucciovino, un problema di cui si parla meno è quello della discriminazione a livello pensionistico. Perché se il gender pay gap è a livelli preoccupanti, non va dimenticato che il nostro sistema pensionistico è direttamente correlato alle retribuzioni.

Quello delle donne, insomma, “sembra un percorso a ostacoli”, ha commentato Chiariello. Si barcamenano tra casa e lavoro, cercando di far quadrare tutto, incastrando orari ed esigenze degli altri e troppo spesso dimenticando di concedere del tempo anche a se stesse. “Il tempo è una risorsa importante. Ed è lo stesso tempo che ci dirà se questa legge ci porterà nella giusta direzione”, è intervenuta Irace, che come ha sottolineato il direttore di Fortune Italia è una di quelle donne che ce l’ha fatta, che ai piani alti è salita.

La legge non basta, il cambiamento deve essere culturale

“Da manager donna e mamma ho ben presente le tematiche che le donne si ritrovano ad affrontare anche per le esigenze di cura che richiedono i loro familiari. Io credo che il reale cambiamento che debba avvenire sia di tipo culturale. E deve avvenire fin dai primi anni di vita dei ragazzi, in ambito familiare, scolastico. Vengono messe in campo tante iniziative, ma se i risultati sono quelli citati non sono sufficienti”, ha detto Irace.

Sì, oggi abbiamo modelli di riferimento. “Abbiamo una premier donna, ad esempio. Tuttavia, devo dire che mi ha stupito il fatto che durante una delle prime missioni pubbliche, quando Meloni ha portato al G20 di Bali la figlia Ginevra, ci si sia concentrati su questo. E’ emerso l’elemento stereotipato della mamma. Non ricordo che ci sia stato un dibattito analogo per un uomo di Stato che abbia portato con sè suo figlio in viaggio istituzionale, ed è senz’altro capitato”.

Relativamente al gap, Irace sostiene che la legge Gribaudo nella sua complessità, possa spingere a quella presa di consapevolezza che troppo spesso manca. “Quello che non misuri non migliori”, ha affermato. “Se non misurassimo, non avremo neanche consapevolezza di ciò che non va e di ciò che quindi andrebbe fatto. Dobbiamo pensare che la legge sia come un’interrogazione che facciamo alle organizzazioni”.

Anche Raguseo è stato concorde nell’affermare che i dati sono fondamentali per misurare il cambiamento. E come Irace, ha ribadito come il cambio debba essere soprattutto culturale. “Mi capita spesso di parlare nelle università. Quando sono in dipartimenti in cui si studiano materie stem e finanza vedo tanti baffi. Tanti uomini. Poi vado nelle facoltà di giurisprudenza o lettere e c’è una composizione opposta. Anche questo è un problema, perché una persona che ne sa molto di finanza ha più possibilità di salire la scala”.

Irace ha poi puntato il dito contro i moduli di orientamento che alla fine del liceo compilano i professori per gli alunni. “Per quale ragione le ragazze dovrebbero essere sempre più portate per le discipline umanistiche?”

Le donne al potere sono ‘una maschera’

Secondo Ciucciovino, il soffitto di cristallo non è mai stato sfondato. Peggio. Chi lo ha fatto, a volte è stato collocato in una certa posizione quasi per apparenza, come se fosse ‘di decoro’. “La mancanza di attenzione alla tematica di genere da parte di un’azienda può creare pregiudizio sull’immagine stessa dell’azienda. La presenza delle donne in determinati ruoli non corrisponde sempre a un effettivo riconoscimento di un ruolo di potere. A volte la presenza è per ‘adornare’ i luoghi del potere. Però, c’è da dire che se in passato anche quando sentivo parlare di quote rose mi veniva un po’ di orticaria, nel tempo mi sono resa conto che se queste misure da un lato portano a una stortura, a una forzatura, prima o poi possono provocare sul serio un cambiamento che altrimenti sarebbe difficile ottenere. Da qualche parte bisogna pur cominciare”.

‘La parità di genere sul lavoro. Come sdoganare gli stereotipi aziendali?’ Evento in live streaming di Fortune Italia per MPW

“I cambiamenti culturali, ce lo insegna la storia, impiegano un po’ a maturare”, ha replicato Irace. “Prima parlavamo di modelli che possono ispirare al cambiamento. Oggi questi modelli sono in ambito pubblico, devono avvenire in tutti i comparti della società. All’interno della nostra azienda abbiamo individuato manager donne che hanno ottenuto posizioni decisionali. Queste donne raccontano nelle scuole la loro esperienza. Credo che ottenere una posizione di decisione, più che di potere, sia ancora più importante. Perché è da lì che gestisci il cambiamento”.

Reverse HR, la società di Raguseo, opera non solo in Italia ma anche in Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna. Chiariello ha domandato al Ceo, scherzando sul fatto che fosse l’unico uomo a parlare tra due donne di donne, che cosa fa concretamente per assicurare la parità di genere nella sua azienda.

“Due anni fa abbiamo vinto il ‘Great Place to Work’, primi in  classifica. Mi hanno chiesto perché e ho avuto grosse difficoltà a rispondere. Non abbiamo fatto cose incredibili. Organizziamo seminari, abbiamo la carta di genitorialità, alle dipendenti in maternità offro un master in project managment. Ciò che abbiamo realizzato è una totale trasparenza delle performance, abbiamo creato un’azienda che definisce i profili di ogni membro dell’organizzazione, tutti possono vedere perché X è diventato manager e Y no o viceversa. Le cause per cui una persona sta facendo carriera e un’altra meno. Questo diventa anche uno stimolo per gli altri a fare meglio e superare gli obiettivi che ci si è prefissati”, ha affermato Raguseo.

“Purtroppo, mi è capitato che mi sia stato chiesto di ricercare una professione e sentir poi aggiungere: purché non sia donna. Accade con una certa frequenza. In Italia siamo un po’ più eleganti, almeno. In Germania viene detto esplicitamente”.

La convenienza della parità di genere

Eppure i vantaggi per le imprese, quando si pensa alla parità di genere, sono diversi: esoneri contributivi, facilitazioni per i bandi europei, decontribuzioni per le assunzioni e un maggior punteggio nei concorsi pubblici (quest’ultima opportunità, con il nuovo Codice degli appalti in questi giorni in discussione alle Camere, diventerebbe facoltativa).

“Ci sono studi, come quello dell’Osservatorio 4.Manager di Confindustria che ci dice che l’equilibrio di genere produrrebbe sul Pil italiano un aumento tra il 9 e l’11%. Perché le aziende non colgono la convenienza della parità di genere?”, ha chiesto provocatoriamente Chiariello.

L’inclusione delle donne genera valore, quindi bisogna liberarsi dall’idea che sia un costo”, ha prontamente risposto Ciucciovino. “Sulla questione della convenienza economica contributiva la legge Gribaudo ha previsto norme che prima non c’erano. Ad esempio che la certificazione della parità di genere vada ad abbattere il costo del lavoro complessivo dell’azienda. Si tratta di un approccio innovativo. Riguardo alle gare pubbliche d’appalto si prevedono dei punteggi premiali. Dubito però che l’organizzazione affronti il percorso della certificazione solo per questo motivo. No, sarò in buona fede, ma non è convenienza”.

 

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