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In Italia sempre meno italiani e più stranieri, il Sud si spopola: ecco tutti i dati Istat

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Natalità in Italia al minimo storico. Mortalità  ancora elevata. Per ogni 7 neonati messi al mondo,  più di 12 italiani lasciano questo mondo. Nero su bianco è quanto emerge dagli indicatori demografici dell’Istat relativi al 2022.

Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti. Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni).

Aumentano gli stranieri

A tenere ancora in piedi la natalità italica sono gli stranieri. Aumenta, infatti, il numero degli stranieri in Italia. Nel 2022 l’stat segnala una lieve crescita: la popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023 è di 5 milioni e 50mila unità, in aumento di 20mila individui (+3,9‰) sull’anno precedente mentre è in calo la popolazione residente in Italia.

Al 1° gennaio 2023 la popolazione è di 58 milioni e 851mila unità, 179mila in meno sull’anno precedente, per una riduzione pari al 3‰. Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione , ma con un’intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5‰), sia soprattutto al 2020 (-6,7‰), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014.

Movimenti migratori interni

Nel 2022 i movimenti migratori tornano ai livelli pre-pandemia. I trasferimenti, interni e per l’estero, risultano in crescita sia rispetto al 2021 sia, soprattutto, al 2020, quando le restrizioni dovute alla diffusione del virus Covid-19 avevano portato a un crollo degli spostamenti. Nel 2022 si sono verificati 1 milione 484mila trasferimenti interni, il 4% in più rispetto all’anno precedente e ben il 10% in più rispetto al 2020, tornando così ai livelli del 2019, quando i trasferimenti erano stati 1 milione 485mila.

Anche nel 2022 si registrano movimenti migratori interni sfavorevoli al Mezzogiorno: sono 420mila le persone che hanno lasciato nel corso dell’anno un comune meridionale per trasferirsi in un altro comune italiano (in alcuni casi anche rimanendo al Sud), mentre sono 352mila quelli che hanno eletto un comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale.

Una dinamica ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di oltre 55mila unità (-3,4‰ abitanti). Questo fenomeno riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno, in particolare la Basilicata e la Calabria, per le quali il saldo negativo è del 5,5‰, davanti al Molise (-4,7‰) e alla Campania (-4,3‰). Le regioni del Nord, dove complessivamente si riscontra un tasso del +2,2‰, rimangono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,7‰. Al top è l’Emilia-Romagna (+3,9‰), a seguire il Friuli-Venezia Giulia (+2,4‰) e la Lombardia (+2,2‰)

Siamo sempre più anziani

In 20 anni è triplicato il numero degli ultracentenari in Italia, che al primo gennaio del 2023 sono 22mila. La speranza di vita alla nascita nel nostro Paese è di 82,6 anni ed è in crescita per gli uomini mentre è stabile per le donne. Per gli uomini è stimata in 80 anni e mezzo (con un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più rispetto al 2021), per le donne. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini che tra le donne.

Nonostante l’elevato numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni (effetto covid, ndr), oltre 2 milioni e 150mila, di cui il 90% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Dunque, in questo periodo la popolazione residente è mediamente invecchiata almeno di ulteriori otto mesi. La popolazione ultrasessantacinquenne, che nell’insieme raccoglie 14 milioni 177mila individui a inizio 2023, costituisce il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente.

 

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