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Il boom del fintech continua: vale 1.500 mld nel 2030, anche grazie all’AI

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Fintech è una parola relativamente giovane, rispetto alla lunga storia della finanza tradizionale. Ma in un “nanosecondo” l’unione di “finanza e tecnologia ha avuto un impatto sulla vita quotidiana di miliardi di persone”, secondo il report 2023 sul fintech firmato dalla società di consulenza Bcg, convinta che il settore dei servizi finanziari raggiungerà circa 22.000 miliardi di dollari di fatturato entro il 2030, mentre quello del fintech arriverà a 1.500 mld di dollari.

L’Italia, intanto, insegue la rivoluzione, con l’attuazione della normativa europea in materia di strumenti finanziari digitali: il disco verde definitivo della Camera al Dl Fintech è arrivato il 9 maggio.

Il decreto si occupa dell’emissione di strumenti finanziari in forma digitale e adegua l’ordinamento nazionale alle misure del regolamento Ue 2022/858, per venire incontro al fenomeno della ‘tokenizzazione’ degli strumenti finanziari. Con le norme europee si prevede un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito (Dlt).

Ma il Dl si occupa anche della semplificazione della sperimentazione fintech e dell’accesso a quelle ‘regulatory sandbox’ che permettono di mettere a punto nuovi strumenti. Ne aveva parlato, durante il Forum Innovazione di Fortune Italia, proprio Guido Centemero, membro della VI Commissione della Camera dei Deputati: l’approccio alla sperimentazione serve a fare in modo che “le nostre startup, le nostre società, non debbano andare in altre geografie”, aveva detto.

Forum Innovazione di Fortune Italia, se tecnologia e finanza cambiano davvero le cose

C’è sicuramente un motivo per adeguarsi, stando all’ultimo studio di BCG Global Fintech 2023: Reimagining the Future of Finance, sviluppato in collaborazione con la società di venture capital QED Investors. L’Europa (Regno Unito compreso), è il terzo maggiore mercato di servizi finanziari a livello globale, dominato dalle banche. Intanto, le aziende del fintech europee cresceranno del 20% l’anno, in termini di fatturati. Nel nostro continente il fintech quintuplicherà il suo valore rispetto al 2021 raggiungendo i 190 miliardi di dollari al 2030.

A guidare tutti ci sarà l’area dell’Asia-Pacifico, con un tasso di crescita del 27% diventerà nel 2030 il principale punto di riferimento per il panorama fintech, superando anche gli Stati Uniti.

I dati

Il risultato di questa crescita a livello mondiale?  Il fatturato globale dei servizi finanziari raggiungerà circa 22.000 miliardi di dollari entro il 2030, con una ripartizione relativamente equa tra banche e assicurazioni. I ricavi annuali del settore fintech cresceranno di sei volte fino a raggiungere 1.500 miliardi di dollari entro il 2030.

Secondo Ugo Cotroneo, Managing director e senior partner di BCG, “nonostante il forte rallentamento dell’ultimo anno su investimenti e valutazioni (dopo un biennio 2020-2022 di fortissima crescita), i fondamentali del settore fintech nel lungo periodo rimangono solidi. Secondo le stime BCG, i ricavi delle aziende fintech in Europa cresceranno ancora registrando un CAGR del 21% fino al 2030″.

E l’Italia? Per Cotroneo, “In Italia, il settore soffre ancora della piccola quantità di operatori di grandi dimensioni, ma mostra una forte vitalità, con la nascita di molte iniziative innovative che potranno beneficiare della complessiva crescita del settore nel lungo termine e del sempre maggiore interesse da parte di incumbent player a partnership e attività di M&A”.

Le novità del mercato

A far crescere ulteriormente il settore, come hanno già fatto gli smartphone, sarà un’altra innovazione epocale: l’AI. Qualche anno fa la sterzata l’avevano data gli smartphone. Secondo Bcg l’esperienza dei servizi fintech migliorerà ancora grazie all’AI generativa (come quella alla base di strumenti come ChatGpt), la connettività aperta basata su API, la DLT, il quantum e l’edge computing, l’Internet of Things (IoT) e la biometria.

Mentre la crescita fintech nell’ultimo periodo è stata trainata dai pagamenti, seguiti da prestiti e assicurazioni, a guidare la prossima era saranno il B2B2X e il B2b, ovvero quel segmento delle fintech che si rivolge alle PMI: parliamo quasi del 70% dei posti di lavoro e del PIL a livello globale. Le piccole e medie imprese, inoltre, rappresentano la stragrande maggioranza delle aziende anche in Italia.

Già oggi quella dei servizi finanziari è l’industria più redditizia a livello globale, con 12 triliardi di dollari di fatturato all’anno e un margine di crescita che proprio la tecnologia può colmare: secondo i dati del Progetto di inclusione finanziaria della Banca Mondiale citati da Bcg ci sono 1,5 miliardi di adulti senza conto corrente. Ma secondo il report di Bcg, “il percorso verso la crescita non è scevro da rischi e incertezze: dalla regolamentazione, alla privacy dei dati, fino alla concorrenza delle big tech e alla volatilità dei tassi di interesse. La mancanza di una regolamentazione può portare a un’incertezza sulla fiducia dei potenziali clienti che decidono di non adottare soluzioni fintech. Al contrario, una regolamentazione troppo rigida potrebbe tradursi in costi più elevati, approvazioni più lente e investimenti ridotti. Poi ci sono i rischi di reputazione: le fintech che raccolgono grandi quantità di dati sensibili in modo non regolamentato sono ad alto rischio di violazione dei dati, macchiando la loro immagine e causando di nuovo una perdita di fiducia e di fedeltà dei clienti, nonché conseguenze legali”.

Un altro rischio potrebbe essere l’ingresso di grandi aziende tecnologiche nel settore fintech a discapito della concorrenza e delle startup fintech più piccole. “La combinazione di questi fattori, con un contesto di tassi d’interesse più elevati che mettono a rischio i finanziamenti, crea una tempesta perfetta”, dice il report.

“Nell’universo delle fintech ci sono essenzialmente quattro gruppi di parti interessate: le autorità di regolamentazione, le fintech stesse, gli operatori storici e gli investitori. La crescita e il successo del settore fintech dipenderanno in larga misura dal modo in cui queste quattro parti interessate saranno in grado di lavorare insieme”, conclude Nigel Morris, cofondatore e socio amministratore QED, tra gli autori dello studio.

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