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Gianfranco Ravasi: se Gesù fosse vissuto oggi per le parabole avrebbe usato i social | VIDEO

Dall’intelligenza artificiale al rapporto con la cultura di uomini di fede e non credenti, intervista al cardinale Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi, consacrato arcivescovo e creato cardinale da Papa Benedetto XVI, è stato presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Esperto biblista ed ebraista, è stato Prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano e docente di esegesi dell’Antico Testamento alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale. Con lui abbiamo affrontato nel corso di una lunga video intervista temi legati ai valori della cultura, della fede, della scienza, dell’intelligenza artificiale, della complessità del mondo moderno. Quello che leggete è solo un breve estratto, non esaustivo del suo pensiero.

Lei è stato per tanti anni presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Qual è il rapporto tra Chiesa e cultura?

Il concetto di cultura è profondamente mutato. Riguarda un po’ tutta l’attività, tant’è vero che parliamo persino di cultura industriale e cultura agraria. Alla luce di ciò l’impegno che io ho assunto è stato quello non soltanto di toccare quel mondo alto, di entrare al suo interno, partecipando per esempio alla Biennale di Venezia per l’arte o per l’architettura, ai grandi congressi internazionali, ma anche quello di iniziare a penetrare nell’interno di tutti i percorsi della società.

A livello personale nel rapporto con la cultura quale forma sente più vicina? La musica, le arti visive, come la pittura, l’architettura, la scultura, oppure la poesia o la letteratura?

Amo navigare su mari molto differenti. Certamente l’elemento primario per me è la cultura umanistica, il che vuol dire letteratura, pittura, scultura e musica come orizzonte nel quale io mi muovo meglio. Però ho un grandissimo interesse anche per la scienza. Ho scritto persino un libro sul numero tre e quindi anche per la divina aritmetica, la Trinità.

Lei ha detto: “L’uomo di cultura cristiano deve stare alla frontiera, i piedi ben piantati sul proprio terreno, quello della fede, ma continuando a guardare ciò che sta al di là”. Immagine suggestiva ma… cosa c’è oggi al di là?

Non solo è un’immagine suggestiva, ma un’immagine fondamentale. Uno deve avere un punto fermo, non può scivolare da una parte all’altra. Io il punto fermo ce l’ho perché appartengo alla cultura cristiana e anche alla fede cattolica, ma non ho nessun imbarazzo a dover intervenire e parlare anche in ambienti che sono laici o atei.

È la fede a essere in crisi in Occidente o è l’Occidente in crisi perché sta perdendo la fede? È vero che l’ateismo può diventare il dogma della modernità?

Né l’ateismo né la fede pare siano le grandi fiaccole dell’umanità in questo periodo. Il filosofo tedesco Nietzsche che celebrava la morte di Dio, in passato era sicuramente un punto di riferimento, come lo erano i grandi credenti. Pensiamo a cosa vuol dire un Francesco che nel Medioevo condiziona non soltanto Dante Alighieri, ma anche la cultura, la società. Oppure una figura come San Benedetto da Norcia. Oggi siamo precipitati in una sorta di nebbia. Domina l’indifferenza.

C’è un’iniziativa, voluta da Papa Benedetto XVI, il ‘Cortile dei Gentili’ da lei guidato sin dalla sua fondazione, che ha come obiettivo favorire il dialogo fra uomini di fede e non credenti. Cosa le ha insegnato questo confronto?

Non abbiamo più un concetto di natura umana condiviso, noi non diciamo più come in passato e come diceva Tommaso d’Aquino, citando Aristotele, “agere sequitur esse” e cioè che noi abbiamo un essere che guida l’agire. L’ontologia precede la deontologia, per usare parole difficili. Invece noi ci troviamo su un terreno molto molle ben descritto con quella immagine di liquidità usata dal sociologo, citatissimo, Zygmunt Bauman. Per cui è difficile anche dialogare se io ho un concetto di uomo e di donna diverso dall’altra persona, dal mio interlocutore.

La cultura è sacrificio, impegno. Quando si parla del rapporto tra giovani e cultura si evidenzia da più parti l’indolenza delle nuove generazioni. Come riuscire ad avvicinare i giovani alla cultura?

Ricordando loro che la competenza è fondamentale nella società attuale, come del resto avveniva in passato. Se vai spoglio di molte conoscenze, sei inesorabilmente portato ai margini.

La nostra è una rivista economica e non possiamo esimerci dal chiederle quale sia, dal suo punto di vista, il ruolo del denaro nella cultura moderna? In un mondo dove la finanza controlla tutto, dove tutto sembra in vendita, lo sono perfino la morale e lo spirito?

Il denaro e la finanza sono un mezzo per un fine che è l’economia. E la parola economia è emblematica, perché in greco significa ‘oikos nomos’, la legge della casa, del mondo, in cui noi siamo. Per cui deve interessarsi anche delle crisi dei popoli, della fame, della povertà, dell’emarginazione. Questo, se vuole ‘essere’ veramente e non soltanto, come oggi, delle banche, delle Borse, dei mercati, delle strutture finanziarie.

Sempre al Cortile dei Gentili lei ha presentato un documento sull’intelligenza artificiale che rifiuta una visione apocalittica ma anche un approccio del tutto integrato. Come valuta lei l’intelligenza artificiale?

In questi ultimi periodi mi sono molto interessato al mondo della scienza, soprattutto la genetica, il Dna, le neuroscienze. L’AI da un lato è un orizzonte straordinario. Però il vero problema è quello della macchina dotata di intelligenza artificiale che dispone di un algoritmo aperto di coscienza, cioè decide in proprio su venti possibilità che ha, quella che le pare più opportuna e quindi in questo caso si sostituisce alla persona umana. Ma la persona umana ha un retroterra anche etico.

Lei è anche un appassionato divulgatore, protagonista su Twitter. È vero che se Gesù fosse vissuto ai nostri giorni per le sue parabole avrebbe usato i social?

Sono convinto di sì, perché li ha in qualche modo anticipati e cerco adesso di spiegare perché anche a chi può sorprendersi. Io dico spesso che Cristo, e lo dico come studioso di esegesi, quindi di letteratura ebraico cristiana, ha usato Twitter. “Rendete a Cesare quel che è di Cesare. Rendete a Dio quel che è di Dio”: è un tweet, 50 caratteri nel greco dei Vangeli. E pensiamo però quanto ha sollecitato dal punto di vista del dibattito sul rapporto fede politica.

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