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Pil dell’Italia cresce più del previsto, meglio dei big europei

pmi e quotazione in borsa

L’economia italiana corre. Più di Francia, Germania. Più della media dell’eurozona. Il Belpaese diventa la locomotiva della ripresa economica dell’eurozona. Segno che la battuta d’arresto di fine 2022 è stata solo temporanea e che la ripresa post pandemia non ha subito passivamente le turbolenze generate dalla guerra e le conseguenze del caro-energia. Nel primo trimestre dell’anno il Pil è cresciuto dello 0,6% rispetto al periodo ottobre-dicembre contro il +0,5% stimato dall’Istat appena un mese fa e contro il +0,1% della zona euro, su cui ha pesato inesorabilmente il calo dello 0,3% registrato dall’economia tedesca.

Su base annua l’Italia è cresciuta dell’1,9%, anche in questo caso 0,1 punti in più rispetto alla stima di aprile. In linea è aumentata anche la stima della crescita acquisita, quella che si realizzerebbe cioè se nei prossimi tre trimestri la variazione del Pil fosse nulla. Se l’attività rimanesse ferma, l’economia chiuderebbe l’anno con un +0,9% (contro il +0,8% stimato ad aprile), praticamente ad un soffio dalla previsione del governo contenuta nel Def pari a +1%, confermata anche dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali. Il traguardo sembra dunque sempre più raggiungibile, come fatto intendere più volte anche dal governo, che non a caso poco più di 24 ore fa, nelle parole rivolte dalla premier Meloni ai sindacati, ha parlato di un “approccio prudente” nelle stime rese note finora e di previsioni migliorabili.

“Responsabilità e serietà” sono le parole ribadite anche dal titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che – tradizionalmente cauto nei numeri – parla però esplicitamente anche di “un risultato incoraggiante”, da accogliere “con giusto entusiasmo, pensando che sia un buon segnale anche per l’Europa”. Negli ultimi due anni, il tessuto produttivo italiano ha infatti sostanzialmente tenuto: le imprese più forti, sopravvissute alla tempesta del Covid, hanno saputo reagire e i servizi hanno rialzato la testa trainati dall’esplosione del turismo.

Il riconoscimento arriva anche da Moody’s che, proprio in concomitanza con le rilevazioni dell’Istat, ha alzato le proprie stime sulla crescita italiana per quest’anno, portandole dal +0,3% stimato a fine febbraio e +0,8%. Segnali positivi si riscontrano peraltro anche sul fronte prezzi. A maggio l’inflazione ha rallentato, tornando al 7,6% dopo la breve fiammata di aprile sopra l’8%. La decelerazione è legata soprattutto alla perdita di vigore del caro-energia. Su base tendenziale i prezzi dei beni energetici non regolamentati sono passati dal +26,6% di aprile al +20,5% di maggio.

A frenare sono stati poi, in misura minore, gli alimentari lavorati passati da +14,0% a +13,4%. La tendenza ha coinvolto anche il cosiddetto ‘carrello della spesa’, leggermente meno caro con il passaggio da +11,6% a +11,3%. Un rallentamento non sufficiente però a convincere i consumatori e le associazioni dei commercianti. Per tutti l’allarme inflazione resta e va monitorato con attenzione. Anche perché il tasso acquisito per il 2023 è al 5,6%, ben lontana dall’obiettivo Bce del 2%. per Confcommercio restano “pericolose incertezze sull’orizzonte temporale entro il quale la variazione dei prezzi risulterà coerente con gli obiettivi di politica monetaria.

Allo stato attuale, questo risultato dovrebbe essere raggiunto non prima del prossimo autunno”. Con la conseguenza di un nuovo prossimo probabile inasprimento dei tassi: citando Visco, Confesercenti auspica quindi che la politica della Bce “non freni consumi e investimenti”.

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